Bari, le idee per la rivincita di Remo Lugli

Bari, le idee per la rivincita COME SI MUOVE IL SUD, NONOSTANTE LA CRISI ECONOMICA Bari, le idee per la rivincita Nella piccola e media industria decine di aziende sono in difficoltà - I disoccupati della provincia sono passati da 32 mila a 47 mila - «Ma ci sono settori che vanno bene, come l'agroalimentare, il tessile, il calzaturiero» - La città cerca di diventare un polo d'attrazione culturale - Stagioni liriche e mostre d'arte - Dove sarà collocata la centrale nucleare? Una polemica DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BARI — Vennero gli arabi e vendettero ai baresi tappeti orientali — racconta un malizioso aforisma —. Poi i baresi andarono in Oriente e rivendettero a quegli stessi arabi i loro tappeti. Mercanti, dunque, abilissimi, di antica tradizione e pieni di iniziativa, i baresi. Il carattere è rimasto immutato. La città è splendida: palazzi che testimoniano della passala opulenza (la Camera di Commercio ha appena ultimalo la ristrutturazione della sua sede centenaria e imponente, due anni di lavori, oltre cinque miliardi di spesa); negozi alla pari di quelli delle grandi città europee; una animazione quasi affannosa; una stagione lirica, dicono, molto vicina per prestigio a quelle di Milano e Venezia, sebbene non abbia alcuna sovvenzione; una mostra antologica di Braqueper il centenario della morte. E poi grandi idee: diventare, oltre che capitale del Sud come già si considera, anclie un polo di attrazione culturale dell'area mediterranea, creando una galleria d'arte moderna e contemporanea permanente (se ne sono già gettate le basi, partecipi i maggiori enti cittadini) e una Biennale d'arte da contrapporre a quella veneziana del Nord. Fervore, quindi, nonostante la crisi. Ecco il punto: è arrivata anche qui la crisi. I primi sintomi si ebbero nell'Sl; nell'82 le cose si sono andate aggravando, ora ci si rende conto die la malattia economica sarà lunga e dura da superare. A Bari e nella provincia c'è un prezioso tessuto di piccola e inedia industria: 900 aziende con oltre dieci dipendenti, SO mila addetti; altri 100 mila lavorano nell'edilizia, nell'artigianato, nei piccoli laboratori familiari di maglierìa e calzature. Quattro milioni e mezzo di ore di cassa integrazione nell'Sl, otto milioni l'arino scorso. I disoccupati in provincia sono passati da 32 mila a 47 mila. Ci sono decine di aziende in difficoltà, qualcuna ha chiuso definitivamente. ■•Certo, ammette l'avvocato Antonio Urciuoli, presidente dell'Associazione provinciale industriali, c'è un senso di affanno che colpisce soprattutto le aziende metalmeccaniche, cioè l'Indotto della grande industria, e quelle che lavorano per l'edilizia. E' uno stato di sofferta attesa, tuttavia non vogliamo perdere di vista l'ottimismo, anche perché ci sono settori che vanno bene, come l'agro-alimentare, il tessile, il calzaturiero. Dagli organi centrali aspettiamo provvedimenti che possano aiutare la ripresa favorendo l'edilizia, riducendo il costo del lavoro, dando una mano alle aziende che vogliono rammodernarsi». /iiV VI ssociasfone industriali non si nasconde l'amarezza per la mancata scelta del sito per la centrale nucleare cìie pure la Regione Puglia, prima in Italia, si era dichiarata disposta a ospitare. Quando si è trattato di indicare la località le amministrazioni locali e le associazioni naturalistlclie sono insorte e tutto è caduto nel nulla Si parla di Carovigno (Brindisi) e di Avetrana (Taranto); la scelta ormai verrà fatta dal Cipe, entro febbraio. «Noi siamo dell'avviso, dice Urciuoli, che converrebbe accettare la proposta dell'Asi, il consorzio dell'area industriale di Bari, il quale ha suggerito di costruire la centrale nucleare sulla Murgia, l'altopiano barese definito il "deserto pugliese", 500 chilometri quadrati di territorio Improduttivo e disabitato. C'è polemica Intorno a questa proposta; si dice che il trasporto dell'acqua dal mare per il raffreddamento (30 km) verrebbe a costare troppo. Non è vero. L'Incidenza del trasporto e della dissalazione dell'acqua inciderebbe per il 5 per cento sul costo dell'energia. Cioè il chilowatt verrebbe a costare, anziché 26 lire, 27,20, con 11 vantaggio che, dovendosi creare un grande bacino, si avrebbe anche a disposizione molta acqua per l'irrigazione^. In mento alla centrale nu¬ cleare gli industriali esprimono una preoccupazione e un augurio: che alle imprese pugliesi, quando si arriverà alla realizzazione, non vengano assegnate soltanto le briciole attraverso subappalti. .Abbiamo aziende che hanno la capacità tecnologica di lavorare in prima persona. Questa dovrebbe essere un'occasione per raggiungere una ulteriore specializzazione che consentirebbe poi dì dedicarci anche In futuro e in altri Paesi a questa attività''. Sul nucleare il presidente della Giunta regionale, Nicola Quarta, dice: «Resto sempre convinto che non si può dire di no al nuovo a tutti 1 costi e che, soprattutto una regione meridionale, non può rifiutare semplicisticamente una prospettiva di sviluppo con tutte le implicazioni collegate. Mi rendo conto che lo spettro dell'atomo può anche allarmare le popolazioni Interessate. Ma il coraggio delle scelte è indispensabile, con i rischi da correre se si vuole vivere nel nostro tempo: il nucleare significa energia ed è su questa che si può costruire uno sviluppo in senso moderno. «Una prospettiva, aggiunge il presidente della Giunta, alla quale si collega la situazione occupazionale che è preoccupante. Oltre al recente caso della Montedison di Brindisi, che è emblematico, lo stillicidio di piccole e medie aziende in difficoltà, la cassa Integrazione, gli interventi di salvataggio chiesti alia Gepi sono cronaca quotidiana. Il nodo della società pugliese, oggi, è quello dell'impossibilità dì utilizzo della forza produttiva giovanile... Crisi, dunque, nell'industria, che pure sembrava in questi ultimi anni la carta vincente del Barese ed era diventata, per le compagne, un grande polo di attrazione. Nel '61, in provincia di Bari, gli addetti all'agricoltura erano 185 mila e quelli dell'industria 75 mila. Già nel '70 c'era stata un'inversione: 118 mila in agricoltura, 150 mila nell'industria e artigianato. Oggi lavorano in agricoltura non più di centomila persone; il patrimonio zootecnico, che contava 59 mila bovini nel '70, è sceso a 50 mila. Alla Camera di Commercio ci si chiede (ma sottovoce, senza osare scrivere questi dubbi sulle relazioni ufficiali): «Non si è trascurata troppo l'agricoltura, distraendo gente dalle campagne per gettarla In questa gara industriale con le città del Nord?». «Ci troviamo con una grave senescenza degli addetti all'agricoltura, dice Umberto Bucci, dell'Unione provinciale agricoltori, un male che si aggiunge ai tanti altri che ci affliggono. Nel dopoguerra la riforma fondiaria ha frammentato le grandi proprietà per dare fazzoletti di terra a tanta gente che poi non è stata in grado di utilizzarla. Sulla Murgia si sono anche costruite case poderali, ma senza acqua e senza luce, per cui sono state quasi subito abbandonate. Si cerca dì porre rimedio alla polverizzazione della proprietà attraverso l'associazionismo, le cooperative, per arrivare all'accorpamento fondiario che ci consenta di vendere meglio 1 nostri prodotti e fare acquisti più convenienti». // costo del lavoro, i prezzi politici imposti ai prodotti, i molti intermediari nella commercializzazione, gli errori di origine comunitaria come i premi per l'abbattimento dei vitelli di qualche anno fa, sono gli altri gravami che pesano sull'agricoltura. «Ma, dice ancora Bucci, fortunatamente sì stanno facendo strada nelle nostre campagne Imprenditori dal piglio manageriale, che hanno abbandonato il fatalismo e l'individualismo del padri, si affida; no alla tecnologia moderna, si associano ai consorzi di difesa delle coltivazioni intensive, mirano ad una maggiore valorizzazione del prodotto, specie olio e vino, sempre ottimo, ma troppo spesso sfruttato anonimamente a beneficio dì altri». C'è speranza in agricoltura, nonostante la scarsa attenzione che le è stata riuolta negli ultimi tempi, come c'è del resto nel settore industriale. Dice il direttore dell'Associazione industriali Carmine Cosentino: «Non si può prevedere una rapida ripresa, tuttavia, in una nostra indagine a campione fra le aziende locali abbiamo constatato che un trenta per cento di esse pensa ad un prossimo miglioramento del livelli di produzione». Remo Lugli

Persone citate: Antonio Urciuoli, Bucci, Carmine Cosentino, Mercanti, Nicola Quarta, Umberto Bucci, Urciuoli