Cultura di stato alla francese di Lietta Tornabuoni

Cultura distato alla francese CONCLUSO A PARIGI IL CONVEGNO INTERNAZIONALE icCREATiyiTA' E SVILUPPO» Cultura distato alla francese Trecento intellettuali di cinque continenti (compresi la Loren e Tognazzi) s'alzano di scatto alla Sorbona per applaudire Mitterrand Segno di un rapporto nuovo, non critico, tra artisti, studiosi e un governo socialista occidentale? - La fine del nazionalismo culturale francese - L'ambizione di restaurare la Francia come sede, ispiratrice e guida del mondo delle idee, soprattutto mediterraneo i DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PARIGI — Entra Mitterrand: e trecentodue stelle dell'intelligenza internazionale s'alzano di scatto, lungamente lo applaudono in piedi alla sovietica. Nell'aula magna della Sorbona, tra pensatori di marmo bianco scolpiti in atto di pensare e quindi seduti (Pascal, Cartesio, Lavoisier, Robert de Sorbon), sotto l'affresco semicircolare di Pui>is de Cliavunne clte immagina invece la cultura come un'attività all'aria aperta e ritrae filosofi peripatetici nei boschetti, poeti distesi sul prato, letterati tra fiori, il presidente della Repubblica francese ha concluso domenica con un discorso il gran convegno -Creatività e sviluppo, in cui il ministro socialista della Cultura Jack Long poneva ad artisti, studiosi, cineasti e scrittori famosi di molti Paesi l'interrogativo: la cultura puòaiutare l'Europa a uscire dalla crisi? Dilemma eccessivo, tempo per discutere poco, moltiplicazione dei dubbi, risposte nessuna. Momenti classici da convegno, tanti. Lo storico Joseph Ki-Zerbo, avvolto nel suo bel costume africano neroturchino, accorato nel denunciare: «Noi rischiamo di essere gli eunuchi dell'harem tropicale dell'imperialismo culturale bianco». Lo scrittore ebreo Elie Wiescl, fervido nel riferire: ..Qui ho visto un poeta israeliano c un poeta palestinese abbracciarsi: non fosse che per questo, il nostro incontro 6 stato importante». La saggista femminista Kate Millet. sdegnata nel constatare che anclie nella cultura la posizione della donna resta secondaria. Il romanziere Graltam Greene. ostinalo nel ripetere: «Se uno scrittore non ha il senso di lavorare con ogni liberta, spesso anche il suo desiderio di scrivere muore». /Incora, studiosi motto anI ziani ed elegantissimi, briosi nell'affermare: «Ogni crisi è metafisica... Parigi è oggi l'Atene dell'Occidente...». Il poeta sudafricano Breylen Breytenbach, da poco liberalo di galera anche per intervento del governo francese, reciso ncll'assicurare: «L'avvenire sarà socialista, o non sarà». Il sociologo americano Norman Blrnbaum, energico nel protestare contro il fatto che, nei discorsi intellettuali, Dallas abbia ormai sostituito la Coca-Cola quale emblema della volgarità americana più invadente e totalizzante: «Invece di considerare Dallas un simbolo occorre utilizzarlo come uno strumento rivelatore, che all'estero e anche negli Stati Uniti ha fatto apprendere molte verità brutali sulla società americana». Il regista tedesco VolkcrSchloendorff, chiaro nel sottolineare la contraddizione del governo socialista che si batte contro la colonizzazione culturale americana, ma adotta pienamente la posizione americana sui missili in Europa: «Noi tedeschi siamo portatori del bacillo del paci¬ fismo: attenti, vorremmo contagiarvene...». E poi i fotografi fatalmente concentrali sulla Loren e su Melina Mercouri; Galbraith che è sempre il più spiritoso: Scola che finalmente sta bene anche se dopo l'infarto lo costringono a camminare per cinque chilometri ogni giorno: Frangoise Giroud sempre più piccola; pranzi, ricevimenti; complimenti e riverenze esagerati al presidente, al ministro, al consulente. Interessate certezze di Jacques Aliali, consigliere di Mitterrand: «Cultura e sviluppo sono due concelti inseparabili. L'intellettuale deve avere con lo Stato un rapporto che non sia soltanto critico. Sardoniche malinconie di Marco Fcrreri, seduto accan to ai suoi prediletti Michel Picco/i e Ugo Tognazzi clte per l'occasione non nascondeva ma ostentava gli occhiali: «Riunioni simili? Mo¬ l e ¬ glio si che no, ma che servano per ritrovarsi non si può dire: siamo talmente invecchiati, che neppure tra amici ci riconosciamo». Eppure, con tutte le sue vacuità, banalità e cerimoniosità inevitabili, questo convegno è stato in qualche modo il segno del rapporto nuovo che è possibile instaurare tra uomini di cultura e un goi'er710 socialista occidentale: per reciproco vantaggio, naturalmente. Il governo ha l'ambizione di restaurare la Francia come sede, ispiratrice e guida del mondo culturale soprattutto mediterraneo (Ira gli intellettuali stranieri invitati al convegno -Creatività e sviluppo., erano quasi totalmente assenti gli inglesi, i tedeschi, i nordici égli éurópètorientali, mentre risultavano numcrosissiini italiani, spagnoli, greci, portoghesi e africani, oltre agli americani europeizzati); vuole attribuire a Parigi la leadership dell'uso sociale e ■politico di arttsti e studiosi, dell'organizzazione della cultura (ed è infatti il solo governo europeo die nella crisi economica abbia quasi triplicato le spese per la cultura nel bilancio statale). Un'ambizione non dettata soltanto da spirilo di grandeur, anche Ida scelie e necessità politiche. Il prestigio die viene dal mostrarsi come il cuore culturale dell'Europa d'Occidente può magari influenzale l'incerto risultato delle elesioni amminis,trative imminenti. Il consenso degli intellettuali stranieri può magari bilanciare il dissenso degli ìintelletluali francesi di centrodestra, divenuto ormai furibondo. Perduto il monopolio della parola specialmente tclevisiva, sfrattati dal palcoscenico nazionale, gli uomini di cui- tura del vecchio regime si sfrenano in libri i cui titoli bersagliano spesso la rosa, simbolo mitterrandlano. Alain Pcyrefittc pubblica Quando la rosa appassirà, Henri Amouroux Quanto durano le rose. Jean Cau Una rosa in mare; Patrice de Plunkelt pubblica il pamphlet anti-Lang La cultura in giacca rosa. Dagnaud e Mehl pubblicano il pamphlet antigovernativo L'elite rosa. In libreria si allineano II capitalismo è la vita! del domenicano Raymond Leopold Bruckbcrger, Lettera aperta alla destra più maldestra del mondo di Dominiouc Jamct; Louis Pauwels indirizza un'altra lettera aperta «agli sventurati che hanno ogni molivo per esserlo.Jean Dutourd scrive de La Francia come malattia. Celato sotto uno pseudonimo che è il nome di Voltaire, Francois-Marie Arouet. l'ex genero di Valéry Giscard à'Estaing, Gerard Monlassicr, pubblica un libro di fantapolitica in cui Mitterrand viene ucciso il 21 settembre 1983 nel cimitero del Père-Lachaisc, luogo dove il temperamento lugubre lo porta spesso a passeggiare. Le fascette editoriali tempestano: «Bisogna scegliere», «L'ora del coraggio». Molti giornali non sono più indulgenti. Accusano il governo socialista di «sequestrare la tv» e d'esercitare pressioni improprie sulla stampa, esattamente come aveva sempre fatto Giscard. Lo accusano di nepotismo e clientelismo persino nello spettacolo: a teatro viene rappresentata Soldi, amore mio, una commedia scritta dall'attore Roger Hanin, cognato acquisito di Mitterrand; alla tv Frédéric Mitterrand, nipote del presidente, guida il programma settimanale Stelle e schermi; ai premi Césars, i più importanti per il cinema francese, ha ricevuto ben nove candidature Une chambre en ville, film prodotto da Christine GouzcRenal, cognata del presidente; per intervento diretto della presidcyiza à riapparso sul teleschermo il vecchio Guy Lux; conduttori e ospiti di trasmissioni televisive si presentano con una rosa all'occhiello o con la rosa in pugno... L'alternanza socialista nel potere culturale viene sopportata quasi peggio di quella politica da artisti e intellettuali francesi detronizzati', o anche da quei -socialisti delusi, che avevano sperato in comportamenti diversi, nuovi: per gli intellettuali stranieri, im>ecc, l'esistenza 'd'un governo socialista cosi attento alla cultura e all'arte è ammirevole, stimabile, anche vantaggiosa. Per gli architetti, i ricercatori, i dneasti o i teatranti, è concreto il vantaggio d'un grande Stato committente. Il governo francese, abbandonata in questi campi ogni forma di sciovinismo, tende piuttosto a un'aggregazione cinquecentesca delle «menti migliori nella migliore capitale». Nella commissione per l'Esposizione universale, due architetti su quattro sono italiani; a\ concorsi per la nuova sede dell'Opera e per la sistemazione urbanistica della zona intorno all'Arco di Trionfo partecipano moltissimi gruppi stranieri, cinquantadue dei quali sovietici; architetti italiani lavorano al nuovo museo della Gare dspglldgnSf d'Orsay, il più grande che si stia adesso realizzando, e nel più grande territorio museografico del mondo dopo l'Hermitagc di Leningrado. Il nuovo direttore del balletto dell'Opera è Nureyev, il direttore dell'Opera è Bogianckino, il direttore del nuovo Teatro d'Europa è Strehler con l'assistenza di Maurizio Scaparro. Senza il finanziamento del governo francese, Wajda non avrebbe girato Danton; se l'atteggiamento culturale governativo fosse diverso forse non ci sarebbero tante coproduzioni cincmatograficlie né tante mostre. Ma per ogni intellettuale di sinistra è comunque racconsolante che in un Paese di cultura antica, moderna e tradizionalmente influente ci sia un governo socialista, a volte composto di vecchi amici, nel quale riconoscersi con familiarità e concordanza d'idee, con il quale avere un rapporto non conflittuale, sul quale in certa misura poter contare. E'anche questo sentimento, più che il classico ossequio al potere, che di nuovo li fa alzare di scatto in trecentodue, plaudenti in piedi alla sovietica, all'enfatica conclusione del discorso di Mitterrand alla Sorbona: -Il mondo d'oggi non può essere negato né fuggito, dev'essere cambiato. Voi avete lanciato, in questi due giorni di convegno, un nuovo mtsI saggio: guardare in faccia il sole che sorge». Lietta Tornabuoni Pii Dt l ii ll Sb il i M F t Parigi. Durante la riunione alla Sorbona, il regista Marco Fenrerì dà la mano al collega Ettore Scola sotto gli occhi di Ugo Tognazzi (tclcfoto Ap)