Io, che mi sono salvato...

Io, che mi sono salvato... Io, che mi sono salvato... «Non riesco a togliermi dalla mente un giovane padre dai modi gentili e suo figlio, seduti davanti a me» «Mi sono alzato d'improvviso per uscire e sono uscito: ora mi domando perché l'ho fatto» - «Mentre scendevo lo scalone ho udito un forte vocio: schiamazzi di giovani o le prime urla per l'incendio?» TORINO — E'da domenica sera ette non riesco a togliermi dagli occhi due profili in controluce, clic lio visto di sfuggita davanti a ine nel buio del cinema Statuto, sullo sfondo dello schermo illuminato: una testa piccola e bassa, i capelli con la riga da una parte; l'altra più alta, un piccolo ciuffo di capelli arruffati sulla cima del capo. Ho pensato: -Com'è cortese questo signore che, prima di sedersi al cinema, si toglie II cappello. Ce ne sono jx>chi-. Altra immagine-flash: -E' una famiglia di persone educate, anche il ragazzo sta sedutocomposto». Sono le 6 di domenica pomeriggio, cinema Statuto di Torino, in galleria, sullo schermo una bella ragazza sta battendo la testa contro la vetrata d'un aeroporto prima di essere rapita. Padre e figlio entrano a spettacolo appena iniziato, si siedono davanti a noi fio. mia moglie, una sua amica). Com- -Ci sono tanti posti, si mettono proprio mento: perché qui?.,. Tutta la notte ho pensato a quel bimbo — un ragazzino sugli undici, dodici anni — e a quel papà gentile che prima di entrare al cinema si toglie il cappello. Quando arrivo al giornale, ieri mattina, leggo sulle agenzie che tra le vittime dello Statuto c'è un bambino di 11 anni, Andrea, con un papà di 40, Giancarlo Morando. Sento die sono loro. Sono scosso per la morte che mi ha sfiorato. 1 colleghi mi chiedono di raccontare quest'avventura, ma non posso cominciare dal principio, ho dovuto dire subito di quei due — padre e figlio — ai quali per gualcite minuto sono stato legato da un invisibile filo di morte. Da trent'annl non vado al cinema Statuto. Mi fa decidere il film che avevo perduto in prima iasione («La capra.) e che credo divertente. Non mi convince il titolo: chevre in francese vuol dire capra, ma anche sfortuna, il film racconta di due che hanno una iella nera. Sono un po' superstizioso, ma faccio gli scongiuri e mi decido. Alla biglietteria (3500 lire posto unico) io. che vado sempre in platea, dico a mia moglie: «Fa freddo, andiamo in galleria, il calore sale in alto». Sullo scalone e lungo la scala più stretta che porta all'ingresso della sala incontriamo molti ragazzi e ragazze. Sono un po' accesi per il carnevale, fumano, scherzano Poco dopo le 10 comincia lo spettacolo, il cinema non è troppo affollato, ci sono poi trone Ubere. E' un locale popolare ma la gente è tranquilla. Finito il film, vediamo i -prossimamente- e decidiamo di andarcene prima della pubblicità. Ma attacca subito il terzo spettacolo e mia moglie dice: 'Vediamo ancora qualche scena, è divertente-. Sono 1 le 18. Dovevamo essere già fuori. Invece rimaniamo. Due, tre minuti c la fila di ragazzi che stanno seduti davanti a noi, al centro della mortale galleria, se ne vanno. Arrivano 1 due che non mi posso togliere dalla mente, il piccolo Andrea c papà Gian¬ ctmssdcpnrlabmPccdnainvcmsrsspPrlgcueczbttlsnst carlo. Avevo posato 11 cappotto sulla poltrona davanti a me: «Proprio qui dovevano sedersi?». E con malagrazia sposto 11 cappotto. Il nuovo spettacolo (il terzo del pomeriggio) porta parecchi giovani, forse arrivano da piazza Vittorio. Schiamazzano, fanno il verso agli attori, ridono. Mi danno fastidio. Mi lascio prendere di nuovo dalle battute di Depardicu. All'Improvviso, inspiegabilmente, decido di andarmene. Per natura sono cortese e al cinema domando sempre a chi mi accompagna se sono d'accordo di uscire. Domenica non l'ho latto e forse questo atto — involontario e per me inconsueto — mi ha salvato la vita. Mia moglie e la sua amica, sorprese, mi seguono dopo mezzo minuto. Le avevo attese sul pianerottolo della galleria, ci infiliamo i cappotti e scendiamo quelle scale che subito dopo si sarebbero ricoperte di cadaveri annerili. Prima di arrivare al pianterreno mi colpisce un vocio dalla platea: erano ancora i ragazzi, o già si gridava al fuoco? Facciamo 1 allea a trovare un varco tra le persone che entrano e s'avviano alla cassa. Andiamo a piedi verso piazza Statuio alla ricerca d'un bar. Il tempo per un caffé e torniamo davanti allo Statu to: fuoco, fumo, pompieri, polizia, ambulanze. Malgrado lo schieramento di questa imponente «macchina da soccorsi... non ho la sensazione della tragedia, non penso: -Sono scampalo alla morte». Dalle porte di sicurezza della platea, spalancate, escono nubi di fumo nero e denso («Una boccata — penso — e sei bell'c morto.;, dalla porta principale guizza qualche fiamma. , Guardo dentro la sala, avanzo di qualche passo (il fumo, se si sta un po'chinati, non sembra impenetrabile, anche se terribilmente acre). Vedo il tendone della porta bruciacchiato, le prime poltroncine annerite. «Se qualcuno é caduto tra le poltrone —penso — non è più vivo». Chiedo a uno col camice bianco dov'è la gente. «Tutta via — dice — sono usciti tutti». Torno sul marciapiede e mi stupisco per altre due cose, in quella tragedia che nessuno ancora conosceva, ma die era già tutta consumata. Primo, la tranquillità con cui sono organizzati i soccorsi: i vigili, gli altri soccorritori svolgono i loro tubi, li collegano alle prese d'acqua con molta efficienza e rapidità, mei sema quell'affanno che deriva dal convincimento che si devono salvare vite umane: un affanno che a volte dà la tensione necessaria a fare il possibile, forse andie qualcosa di più. Secondo fatto strano: davanti al cinema non c'è nessuno to almeno io non l'ho incontrato) di coloro die erano riusciti a scampare. Erano fuggiti per allontanarsi istintivamentc dal luogo dove avevano vissuto momenti di terrore? Arrivano altre ambulanze, ma gli infermieri restano davanti alle porte. Chiedo di nuovo notizie: «Sono tutti iuori. forse c'è qualche intossicato, niente di grave». Alle 19 mi pare die non ci sia più nulla da vedere 11 davanti allo Statuto e decido di rientrare a casa. Accendo la radio: «... Cinema... 7 morti L'agghiacciante crescendo di vittime continua di trasmissione in trasmissione. Non mi stacco da radio e tv. Quando il conto arriva a 44, apprendo un particolare die mi fa rabbrividire: le vitiime sono tutte in galleria. Da quel momento mi entrano negli occhi le immagini del fanciullo educato e del suo papà, e penso ai loro (che at-rebbero potuto essere i mici) ultimi istanti: hanno tentato di /uggire? Sono morti abbracciati o divisi, il padre ha sollevato il pìccolo, lo Ita trascinato per mano? Si sono abbracciati? TI i » Livio Burato 1 Ti L i cfatnsdlsmitslmSs Tarino. La pietosa opera di identificazione delle vittime, adagiate in un primo momento nel garage vicino al ci noma Statuto ' (I servizi fotografici sono a cura di Ezio Anzoln, Adolfo Bodo, Alessandro Boslo, Cesare Bosio, Enrico Deangclis, Piero De Marchis, Giovanni Giovannino Ugo Liprandi, Enrico Milone, Carlo Pellegrino, Mario Solavaggione e Sergio Solavaggionc)

Luoghi citati: Torino