Sotto la cenere del peronismo

Sotto la cenere del peronismo OSSERVATORIO Sotto la cenere del peronismo Nessun «movimiento* politico dell'America Latina ha conosciuto tanti alti e bassi quanto il peronismo, e forse solo in Argentina, Paese dall'instabilità politica quasi endemica, poteva nascere, tramontare, risorgere, per precipitare di nuovo, questa volta con tutti i sintomi del ko definitivo, il falso mito sociale ispirato alla dittatura del «giustizialismo». Ora l'araba fenice di Buenos Aires torna a scrollarsi di dosso la coltre di cenere, sotto la quale era rimasta sepolta da anni: a svegliarla dal letargo, è bastata la notizia, anche se incerta, del prossimo rientro in patria di Dona Isabelita Perón. Troppo poco, si dirà, per affermare che stia suonando il momento della riscossa per gli eredi dei «descamisados»; di certo, comunque, l'eventuale gran perdono del presidente Reynaldo Bignone indicherebbe che il suo governo intende tener fede alle promesse, restituire cioè lo spazio all'attività dei partiti, soffocati da oltre sei anni di ferrea repressione Il rientro dall'esilio della vedova di Juan Perón, ammesso che awenga fra due mesi, va pertanto interpretato nel segno dello pseudolegali- smo dietro il quale si era sviluppato il golpe bianco di Bignone, il generale della riserva cui era virtualmente riuscito di spezzare l'intesa a tre (esercito, marina, aviazione) che nel 1976 aveva rovesciato la presidentessa. Ma c'è subito una domanda da porsi: qual è la consistenza attuale del peronismo, giunto ormai alla sua ennesima edizione? Dell'idea originale del suo fondatore e primo leader — convergenza di interessi fra classe operaia e capitale industriale, controllo statale sull'economia, riforme radicali in ogni settore della vita pubblica — rimane poco, se non addirittura nulla. A travolgere gli entusiasmi di allora sono stati sufficienti la demagogia di un nazionalismo esasperato e corporativo, il proliferare di squallide clientele di palazzo e. infine, lo scossone irferto dallo sfascio produttivo. E fu anche chiaro come il debole carisma di Isabelita, l'ex ballerina da night che aspirava a uguagliare la meteora di Evita, donna pur essa assai controversa, ma di stoffa migliore, non sarebbe mai stato in grado di risollevare le sorti di un credo politico or¬ mai asfittico. Perché Maria Estela Martinez, questo il suo vero nome, succedendo alla Casa Rosada il V luglio 1974, dopo la morte di Perón, non potè che ritardare fino al marzo 1976 l'inevitabile putsch militare. Arrestata, processata e condannata per reati comuni (l'accusa le imputò l'uso di fondi pubblici per finanziare i propri fiancheggiatori), venne graziata il 6 luglio 1981 e spedila in esilio, in Spagna, a patto di una promessa: non si sarebbe occupata mai più di politica. Adesso, il clima argentino consente, sembra, qualche strappo alla regola. Al Videla, al Viola, al Galtieri travolto dall'avventura delle Falkland-Malvinas, è succeduto un governo disposto non soltanto a parole a concedere certe libertà, pur nell'ambito di numerose limitazioni. Resta da vedere se a Isabelita Perón, che da poco ha compiuto 52 anni, verrà imposta la museruola, in sostanza il divieto a parlare in pubblico, e se lei si accontenterà di fare la turista, anche se nostalgica. Adesso sono in molti a ricordarsi di una sua frase: «Un giorno mi vendicherò, tutto sta nel super aspettare la buona occasione*. Piero de Garzarolli Isabelita Perón

Persone citate: Bignone, Galtieri, Maria Estela Martinez, Piero De Garzarolli, Reynaldo Bignone, Rosada, Videla

Luoghi citati: America Latina, Argentina, Buenos Aires, Falkland, Spagna