Decreto anti-atenei

Decreto anti-atenei Decreto anti-atenei GIANNI VATTIMO Il decreto firmato, in un momento di disattenzione, speriamo, dal ministro Bodrato il 15 ottobre 1982 (poco prima di lasciare il dicastero dell'Istruzione), rischia di provocare nell'università danni più profondi e vasti, sebbene meno clamorosi, di quelli prodotti sei anni fa dalla famigerata «circolare Malfatti» che praticamente diede l'avvio al movimento studentesco del settantasette. Il decreto Bodrato fissa le norme di ammissione ai concorsi per l'insegnamento nella scuola media inferiore e superiore. I laureati (di Lettere, Filosofìa e Magistero, per lo più) che vogliono partecipare a questi concorsi devono aver sostenuto, nel corso dei loro studi universitari, esami (talvolta biennali) di Letteratura italiana, Letteratura latina. Geografia, Storia. Sembra la cosa più naturale del mondo: chi vuole insegnare certe cose, deve averle studiate. Tuttavia: proprio per corrispondere a esigenze di professionalità e di specializzazione, le università in questi ultimi anni hanno introdotto insegnamenti come la Storia della letteratura italiana contemporanea, la Letteratura latina medievale, la Geografia regionale. Ci può essere un ottimo laureato in Ixttere che non ha mai sostenuto un esame di Letteratura iraliana, ma vari di Letteratura italiana contemporanea o di Letteratura umanistica; bene, questo sciagurato non ha diritto di presentare domanda per partecipare ai concorsi per l'insegnamento. Funzionari ministeriali e prowe| ditori agli studi non hanno dubbi che il V decreto vada rispettato alla lettera. Il ministro dell'Istruzione, per ora, non ha dato risposta ufficiale alle proteste delle Facoltà, degli studenti, dello stesso Consiglio Universitario Nazionale — proteste tutte giustificate, anche solo sul piano della legittimità del decreto. E intanto gli studenti universitari devono aver presentato i loro piani di studio per l'anno in corso; una legge del 19o9, mai revocata, riconosce loro una vasta libertà di scelta tra le materie di studio, purché la scelta sia approvata dal Consiglio di Facoltà in base a criteri di scientificità e di preparazione professionale. Gli'srudenti più prudenti, nel compilare il loro piano di studio, si saranno attenuti alle assurde norme del decreto Bodrato; accettando così di modellare la propria preparazione sull'immagine di una scuola media che non esisre più in questa forma, giacché anch'essa tende a liberarsi dagli schemi rigidi rispecchiati dal decreto. Si aggiunga che la carriera dell'insegnamento diventa sempre più problematica, come sbocco professionale, per i laureati: diminuiscono infatti gli alunni e le classi. Sarebbe opportuno, dunque, favorire in tutti i modi, fatti salvi certi requisiti di serietà, curricid.i di studio articolati e polivalenti, adeguati anche a possibili professioni diverse. Rispetto a tutte queste esigenze, che senso ha il decreto Bodrato? Solo quello di «sparare nel mucchio», diminuendo in un modo qualunque il numero dei concorrenti alle cattedre. Risponde forse a criteri di «scientificità», ma solo nel senso in cui sono scientifiche le leggi dell'evoluzione biologica e la casualità della sopravvivenza.

Persone citate: Bodrato, Malfatti

Luoghi citati: Filosofìa