Una «comare secca» napoletana

Una «comare secca» napoletana Al Malibran di Venezia presentato il dimenticato «Crispino» Una «comare secca» napoletana L'opera dei fratelli Ricci apre il cartellone della Fenice - Regia di De Simone, orchestra diretta da Edoardi Milli er VENEZIA — La scena si tinge a Venezia. Crispino, calzolaio attanaglialo dai debiti, sta per uccidersi quando una misteriosa Comare, uscita da un pozzo, gli promette gloria e ricchezza che lui otterrà diventando medico. Medico? domanda attonito Crispino. Certo, e la tua diagnosi sarà infallibile — gli risponde la Comare: basta che tu guardi nei dintorni dell'ammalato: se ci sarò io l'ammalato morirà, altrimenti vivrà. Crispino esegue e si arricchisce. Poi, un giorno, tratta male la Comare e questa lo conduce nel suo abituro dove brillano tante fiammelle: ognuna rappresenta la vita di un uomo che si spegne quando muore. Crispino capisce: la Comare è la Morte che gli fa vedere la sua fiammella, ormai prossima a spegnersi. Spaventatissimo. implora la Comare che. in omaggio al lieto fine, di prammatica nel melodramma giocoso, si commuove e lo lascia ritornare in famiglia. Questo è l'argomento di Crispino e la Comare, l'opera benché dimenticata dei fratelli Luigi e Federico Ricci che la Fenice in coproduzione col San Carlo di Napoli ha presentato l'altra sera al Teatro Malibran come spettacolo inaugurale della stagione 1983. Composta su libretto di F. M. Piave e data a Venezia, per la prima volta, nel 1850. fu un successo strepitoso che segnò gli ultimi guizzi dell'opera bulla napoletana, ormai destinata a soccombere sotto l'avanzare impetuoso del me lodramma romantico. Dei due fratelli, napoletani di nascita e formazione, il più celebre era Luigi, tipo spre giudicato di artista giramon do di cui non si contano le bizzarrie, nella vita come nell'arte: a cominciare dall'idea di musicare, dopo Mozart, lo stesso libretto delle Nozze di Figaro, dopo aver ronzato già in altra occasione (l'opera // nuovo Figaro), intorno al magnetico personaggio di Beaumarchais. Incapricciatosi di due allieve, le gemelle Ludmilla e Francesca Stoltz, sorelle di quella Teresa che sarebbe entrata nella vita di Verdi, sposò la prima ma fece un figlio anche con la seconda: e a Odessa, dove tutti e tre erano andati per rappresentare, dell'intraprendente maestro, La solitaria delle Asturie, comunicava con loro attraverso un finto armadio che si era fatto allestire in camera da letto per limitare gli inconvenienti sociali di quel disinvolto ménage. Mori pazzo nel manicomio di Praga. Federico, il fratello, era di stampo diverso. Serissimo, ri-, nomato maestro di contrappunto, avrebbe insegnato canto nel conservatorio di Pietroburgo: e quando Luigi lo coinvolse nel progetto di Crispino aveva già al suo attivo alcune opere di buona fama. Dalla combinazione di due personalità opposte che si divisero il lavoro distribuen¬ dosi i pezzi (a Luigi la maggioranza, a Federico alcuni duetti, terzetti e concertati) nacque un'opera molto omogenea, saldamente immersa nel filone comico che da Rossini giungeva loro attraverso Donizetti, un'opera che era piaciuta anche a Verdi, nonostante l'evidente conservatorismo. Crispino abbonda di motivi orecchiabili, secondo quello stile d'ascendenza rossiniana che affida volentieri alla voce una semplice pulsazione ritmica per lasciare sovente il canto e l'invenzione tematica alle trame spiritose dell'orchestra: tutto è melodica¬ mente ordinato, ben quadrato, gradevole, mentre il ritmo gira, per lo più in tempo ternario, nella forma ballabile d'un valzer casereccio. L'opera sta insomma all'origine di quella biforcazione tra musica colta e musica di consumo che si sarebbe accentuata negli anni seguenti. A parte alcuni settori (per esempio quasi tutto i! terzo atto) dove l'opera viene a noia per troppa leggerezza come 11 vino frizzante che alla lunga, dà alla testa. 11 lavoro è godibilissimo e la regia di Roberto De Simone ne sottolinea la vivacità di commedia e l'indubbia abilità teatrale, merito di Piave e del suo modello, la commedia II ciabattino e la Morte del napoletano Filippo Cammarano. Cosi ben guidati dal regista 1 cantanti stanno in scena come veri attori, dalla brava Rosetta Pizzo che gorgheggia a dovere nel difficile ruolo di Annetta (un incrocio tra la Rosina del Barbiere e la N'orina del Don Pasquale) a Silvano Pagliuca, Paolo Martinelli, Gianni Socci. Bruno Marangoni, tutti molto a posto nei ruoli comici di Crispino. Fabrizio. Mirabolano e Don Asdrubale; mentre La Comare, interpretata da Gianra Gailo. introduce efficacemente i momenti di ironica solennità sacrale che la partitura le affida. Scene molto ragionevoli di Mauro Carosi e costumi spiritosi di Odette Nicoletti. Dirigeva, con spavalda vivacità, Edoard Muller e il coro, presente in numerose scene, era ottimamente istruito da Aldo Danieli, anch'egli responsabile del caloroso successo dello spettacolo. Paolo Gallarati Una scena di «Crispino e la coniare» dei fratelli Ricci al Malibran di Venezia: la regia di Roberto De Simone ne sottolinea la vivacità di commedia, i cantanti recitano come se fossero veri attori

Luoghi citati: Napoli, Odessa, Pietroburgo, Praga, Venezia