Frate Francesco tra uomini e angeli

Frate Francesco tra uomini e angeli Frate Francesco tra uomini e angeli Pale, disegni, incisioni in mostra a Roma per illustrare la sua immagine nella Controriforma ROMA — L'ultima manifestazione dell'VIII Centenario della nascita di San Francesco 6 ospitata, fino alla metà di febbraio, dalla Calcografia nazionale in via della Stamperia: L'immagine di San Francesco nella Controriforma. Pale sacre maggiori e minori, piccole opere devozionali come i due rami del fiammingo Paolo Brìi della Galleria Borghese di Roma, tutto un brillio di fronde nel gran bosco della Porziuncola. disegni e incisioni: un finale degnissimo, ma anche singolare a confronto con la grande annata umbra, illustrata su queste pagine da Francesco Vincltorio. Quella era dedicata, ovviamente e giustamente, agli Immediali riflessi delle «Famiglie» originarie, i Conventuali e gli Osservanti, fra arte e storia, con la grande arte primitiva «spirituale», i profondi travagli ai confini dell'ortodossia, e talora anche oltre. Qui, tre secoli dopo, il clima è diverso, e non solo perché è profondamente mutata la cultura e la forma visuale: al momento del travaglio più tragico, fra Riforma luterana e calvinista (quest'ultima addirittura iconoclasta) e Controriforma cattolica, le ..Famiglie» francescane, alle quali si è aggiunta proprio all'inizio del '500 quella dei Minori Cappuccini, si sono schierate compatte con Roma. E lo hanno fatto, nei loro comportamenti nel mondo, nella produzione culturale, secondo la loro peculiare tradizione: al dibattito teologico ad alto livello, al carattere prevalentemente borghese e aristocratico della rivoluzione luterana — che aveva schiacciato nel sangue le grandi speranze proletarie comunitarie, anabattiste, che essa stessa aveva messo in moto —. si contrappone la predicazione ortodossa ix>polare dei Francescani, il diretto appello emozionale alla devozione di massa. In uno dei validi testi introduttivi in catalogo (solo marginalmente inficiati, in qualche caso, da un sovrappiù di agiografia), Raoul Manselli osserva: «/ Minori nelle loro varie espressioni e manifestazioni contribuirono al recupero delle folle alla Chiesa... parlare ai fedeli, raggiungerne il More». Questo è il tono fondamentale della bella mostra: la semplificazione del repertorio iconografico e della struttura compositiva (la ripetitività come elemento di efficacia didascalica), la grande oratoria patetica, la ..povertà» dell'immagine, ma nutrita dalla sublime scienza pittorica del '500, come superamento dell'intellettualismo della Maniera e apertura verso il realismo ..laico» del '600. Rappresenta nudamente la meditazione di Francesco sulla croce e sul teschio, nel palpito profondo dell'ombra o in una natura e sotto un cielo di grigia austerità, la febbrile immagine del bolognese Bartolomeo Passerotti dalla Pinacoteca di Bologna, la «povera» nobiltà del giovane Ludovico Carracci dalla Galleria Capitolina di Roma e soprattutto le due versioni caravaggesche, sostanzialmente identiche, dai Cappuccini di Roma e da San Pietro di Carpineto Romano (sottili disquisizioni di autografia e di datazione non ne sminuiscono l'altissima qualità). Forse per questo possono ben definirsi «misteri laici» : punto d'incontro fra severità ortodossa e verità di sensi e di psicologia. Su un livello diverso, ma spiritualmente affine, si pongono le due stupende visioni mariane, in cui aleggiano ancora ricordi di Raffaello e di Correggio, quella solare di un poco noto ma grande maestro bolognese. Bartolomeo Cesi, e quella «degli Scalzi», presumibile primo capolavoro di .Ludovico Carracci. tutto un | brivido di ombre grigio-viola¬ cee: in entrambe Francesco è punto focale fra l'umano e il sovrasensibile. Un'altra arca di grande fortuna Iconografica francescana è quella dei cosiddetti «riformati» fiorentini, ben rappresentati da Santi di Tito. Jacopo Chimenti da Empoli. Ludovico Cardi detto il Cigoli. Ciò fa risaltare in negativo la troppo debole presenza dei maestri fra Lombardia e Piemonte nell'età borromea. che non poco lavorarono specie per i Cappuccini. " Non sono certo sufficienti il dolce pietismo del S. Francesco sorretto dagli angeli del Moncalvo e le due visionarie tavolette del Cerano, dai Musei del Castello Sforzesco di Milano, probabilmente pertinenti alla grande pala francescana, già nell'Immacolata Nuova di Milano e purtroppo distrutta a Berlino nel 1945. Per giusto equilibrio, la mostra esordisce con il volto più clamorosamente «oratorio» della Controriforma, splendente di fulgori cromatici e di estatiche dolcezze, quello del Barocci, aperto verso il Barocco. Una perfetta scelta è offerta fra la travolgente, audacissima teatralità del Perdono di /Issisi da San Francesco di Urbino, il fantastico «notturno» delle Stigmate già nei Cappuccini di Urbino, le cui forme visionarie rivaleggiano con El Greco, e l'impalpabile monocromia grigio-dorata, quasi più sognata che dipinta, delle piccole Stigmate del Museo di Fossombrone. La parabola si compie con due opere assai belle di artisti che le convenzioni confinano fra i «minori». VEstasi di San Francesco del fiorentino Andrea Boscoli dal Museo Nazionale di Pisa (che reclamerebbe un'accorta pulitura) attinge alla nobiltà dei migliori spagnoli del -.siglo de oro» con il rapporto, di grande verità e di grande pittura, fra la tonaca di sacco, la stuoia su cui giace il santo, la bisaccia di paglia dell'Ordine mendicante. Le Stigmate di Filippo Paladini, toscano ma operante prevalentemente in Sicilia in ambito caravaggesco, torna no agli antichi limiti dell'ortodossia, con il Francesco -alter Christus» in posizione di crocifisso, cui gli angioletti infiggono veri chiodi, mentre un angelo maggiore gli ferisce di lancia il costato. Marco Rosei