Come uscire dal tunnel della droga di Angelo Conti

Come uscire dal tunnel della droga Come uscire dal tunnel della droga Sul fatto che il metadone sia un palliativo, non una cura, sono d'accordo sia i medici dei centri sia i genitori della Lenad - Aperto il dibattito su terapie e soluzioni alternative Di droga si parlerà presto anclie in giunta comunale: sono attese le conclusioni del lungo lavoro conoscitivo svolto in questi mesi. Si dovrà soprattutto dare una risposta ai molti interrogativi die da più parti sono stati sollevati sui metodi di recupero applicati nei centri comunali e sui criteri seguiti nella distribuzione del metadone. In due distinti documenti hanno preso posizione i medici in servizio nei centri per le tossicodipendenze ed i genitori della Lenad, la Lega nazionale antidroga. I medici rifiutano «l'idea che i centri debbano rappresentare dei puri momenti di contenimento del fenomeno- e denunciano «la facilità di reperimento della sostanza sulla piazza cittadina che amplifica e perpetua il problema». L'inadeguatezza dei centri sarebbe da «ascrivere alla mancata disponibilità di strutture efficienti e coordinate che permettano, una volta preso contatto con l'utente, di fornirgli altro, al di là di un trattamento sostitutivo a breve termine e di una serie di colloqui a volte solo consolatori». Propongono l'istituzione di «centri-crisi e posti letto per ricoveri di disintossicazione con la possibilità di far proseguire l'intervento durante il soggiorno in comunità». Il metadone «rappresenta per troppi utenti la più credibile risposta che si ottiene dal servizio e per l'ente locale il più semplice ed economico mezzo di gestione del problema. Se una certa conduzione del trattamento metadonico può aver avuto in passato un suo senso "storico", certo oggi appare anacronistica soprattutto tenendo conto del mutamento intervenuto nella ti¬ pologia dell'utenza». / «ledici denunciano anche la difficile situazione nel carcere «dove seguiamo per trattamenti disintossicanti un numero oscillante fra i 30 ed i 50 casi, operando in precarie condizioni igieniche, senza l'apporto di personale infermieristico e senza assicurazione alcuna peri rischi». La Lenad, Lega nazionale antidroga, ha inviato il suo documento dopo l'articolo-denuncia apparso su La Stampa, ribadendo l'inutilità del ricorso al metadone: «Conosciamo assai bene la verità sui suol effetti e sentiamo come nostro dovere il cercare di evi- tare ad altri i tentativi e le sofferenze inutili che sono toccati a noi». Il documento, firmato da un centinaio di persone, è critico verso l'opportunità dell'articolo che non voleva altro se non sottolineare la facilità con la quale il metadone Tiene distribuito e spesso commercializzato dagli stessi tossicodipendenti. La condanna al metadone appare dunque generale: sul fatto che si tratti di un palliativo, tale da tamponare provvisoriamente la situazione, ma solo raramente capace di offrire una via d'uscita, sono tutti d'accordo. Il dibattito è invece aperto su quali terapie affiancare o sostituire ad esso: aiuti psicologici, inserimento nel mondo del lavoro, comunità possono rappresentare — pur con talune riserve tecniche — valide soluzioni alternative. Ma non bisogna neppure scordare che il metadone costituisce quasi sempre l'unico sistema per contattare il tossicodipendente, portandolo nella sfera d'intervento di un centro. Quella che deve cambiare radicalmente è la cura successiva. Angelo Conti