Ci sarà un vincitore vero e verrà dopo, come sempre di Luciano Curino

Ci sarà un vincitore vero e verrà dopo, come sempre Ci sarà un vincitore vero e verrà dopo, come sempre DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE SANREMO — Chiude i] 33" Festival della canzone con le sue storie e i suoi protagonisti da Nashville nostrana. Quale realmente 6 la canzone migliore, o comunque quella preferita dalla gente, si saprà fra qualche settimana, quando si avranno i dati sulle vendite dei dischi. Nel 1966 qui venne bocciata «Il ragazzo della via Gluck» di Cclenta no. Se ne vendettero un milione di dischi in più della canzone che aveva vinto: «Dio, come ti amo., di Modugno in coppia con Gigliola Cinquetti. Di storie come questa il leslival è pieno. Sicché ha diciassette anni «Il ragazzo della via Gluck.. e capila ancora di sentirla, di tanto in tanto. Prima di questa edizione, in trentadue anni, dal microlono del Festival sono uscite 75G canzoni gorgheggiate, sussurrate, urlate. Ne sono sopravvissute tre o quattro? In ogni caso, ci vuole una buona memoria per ricordarne una decina. Campa poco una canzone. Vedremo questa estate quante del «Sanremo 83» saranno ancora nei Jukebox. Si è detto clic 6 stato essenzialmente un festival della melodia, della canzone italiana di sempre: quella che, disse Adorno, attinge alle depravate riserve del tardo romanticismo». Ma il gusto del pubblico, si domanda a Modugno, non è orientato verso motivi stranieri? «Ma quale gusto? La colpa è della radio e della televisione die somministrano dosi massicce di musica straniera, di dischi d'oltre Oceano-. Modugno parla di una specie di colonizzazione. •Ma sapete che una casa discografica sta buttando sul mercato italiano milioni di dischi che negli States sono rimasti invenduti? Addirittura gli scarti ci propinano. E i rugassi abboccano. Anche i miei figli hanno in testa solo motivi stranieri, lieti venga Sanremo». Che Sanremo, però, dia qualche motivo che si riascolta con piacere, che capita di fischiettare o di canticchiare quasi senza accorgersene. In definitiva, 6 questo il vero successo di una canzone. Non importa se non si conoscono le parole. Oggi più nessuno sa le parole di una canzonetta. Una volta non ci voleva niente per imparare i pochi versi della ■Casetta in Canada» o dell' «Edera*. Adesso, generalmente i testi sono migliorati, non più uno scemenziario o molto banali, ma sono ormai troppo lunghi e si fa prima ad imparare 11 libretto della Traviata. Quando si contano i versi di «Eterna malattia» e risulta che sono 64. cresce l'ammirazione perBertin Osborne che l'ha cantata tutta, senza suggeritore. Canzoni d'amore, in gran parte (quasi scomparse, invece, le mamme). Amori da blbllolechina rosa, da fidanzatini alla Peynet, altri audaci, ma non troppo. Osavano di più i parolieri di qualche anno fa. Nel 1972 Nicola Di Bari vinse con «I giorni dell'arcobaleno», che nel testo originale aveva questi versi: « Vivi la vita di una donna importante, perché a tredici anni hai già avuto l'amante». Il censore disse che queste cose a tredici anni non le ammetteva, propose vent'anni. Oli autori risposero che vent'anni erano inaccettabili per via della metrica. Si discusse parecchio, alla fine gli anni della ragazzina diventarono sedici. In cos'altro è diverso questo festival da quelli degli Anni 70? Risponde Gianni Morandi: «Meno improvvisazione. Ho visto i debuttanti con più professionalità e ho sentito belle voci abbastanza originali». Ce n'erano tanti, anni fa, che avevano un «antenato» all'estero. Tentavano di imitare Barbra Streisand, erano falsi Elvis Presley o brutte 'colile di Slnatra, si ispiravano a Edith Piai. Uno imitava Ray Charles e subito un altro imitava lui che imitava Ray Charles, adesso, semmai, c'è chi, all'ascolto, fa venire in mente Celentano, chi Nada, chi qualche altra voce di casa. 11 33" Festival della canzone ha chiuso. Gli alberghi si stanno svuotando. I manifesti con le fotografie dei cantanti appesi un po' dovunque da qualche ora non significano più nulla. Ma fra un anno saremo daccapo. Si ritiene che, nelle tre serate passate, più di un terzo degli italiani siano stati davanti al televisore per il Festival. Tre o quattro anni fa. il sociologo Sabino Acquaviva propose a uno studente una tesi sul Festival di Sanremo. Lo studente rifiutò: «£' morto e sepolto. Non saprei proprio cosa dirne: ardieologia musicale». Forse aveva anche ragione, allora, lo studente. Oggi la tesi potrebbe essere riproposta, se non altro per vedere com'è che una manifestazione, se proprio non morta e sepolta almeno agonizzante, è ritornata vivace. Luciano Curino Modugno: meglio Sanremo della cattiva musica Usa