La tracotanza br nasconde profondi dubbi e fratture di Clemente Granata

La tracotanza br nasconde profondi dubbi e fratture Genova, processo a 21 terroristi accusati di 6 omicidi La tracotanza br nasconde profondi dubbi e fratture Gli aderenti al «partito della guerrìglia» e i «militaristi» chiedono di stare nella stessa gabbia, ma si dividono sul problema della difesa DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — Alla ripresa del processo in Corte d'assise contro 21 appartenenti alle organizzazioni criminali accusati di aver seminato morte e sangue a Genova, la tracotanza che gli imputati ostentano non riesce a dissimulare l'enorme confusione che regna in questo periodo tra gli esponenti del gruppo armato in carcere e. con ogni probabilità, anche tra gli stessi latitanti. La catena dei pentimenti, che ha rappresentato la prova tangibile della gravissima crisi politica delle organizzazioni armate, la prospettiva di dissociazioni di massa, 1 32 ergastoli inflitti dal giudici di Roma, non possono non lasciare il segno, accrescere le fratture, seminare dubbi ulteriori all'Interno dei gruppi criminali, far temere un crollo definitivo. Ed ecco allora 11 tentativo di approfittare di un nuovo dibattimento penaie per una massiccia azione propagandistica, per una sorta di appello all'unità degli appartenenti all'organizzazione, per 11 rilancio di un programma di futuri nuovi atti eversivi. Il tentativo lo hanno compiuto i brigatisti detenuti appartenenti al cosiddetto «partito della guerriglia». Ha parlato Luca Nlcolotti, anche a nome di Fiore, Bonisoli, Micaletto e Azzollnl. Ha detto che è stato volutamente Interpretato in modo errato il recente documento del detenuti di Palmi (primo firmatario Curdo): esso non è un invito a deporre le armi, non contiene nessuna proposta di -soluzione politica della lotta», lo -scontro di classe» rimane per tutti un obiettivo irrinunciabile, e il ricorso alle armi -l'unica prospettiva vincente». L'invito, secondo il brigatista, è semmai rivolto a rldeflnire la -propria identità», a riprendere il dialogo all'interno dell'organizzazione, a rinsaldare l'alleanza con chi lotta nelle piazze. Dal gruppo dei cosiddetti «militaristi» (Moretti e Gallinari in testa) è giunto un solo segnale: la richiesta al presidente della corte d'assise di essere messi nella stessa gabbia degli esponenti del «partito della guerriglia». Troppo poco e troppo presto per parlare di una ritrovata unità. Anche perché all'Interno dello stesso gruppo militarista sembra che sussistano differenziazioni e divisioni. Lo dimostrerebbe il diverso comportamento che gli imputati hanno tenuto riguardo al problema della difesa: alcuni, come Moretti, hanno ricusato ogni tipo di difensore; altri il difensore di fiducia, ma non quello d'ufficio; altri ancora si sono tenuti 11 legale di fiducia. Atteggiamenti meramente strumentali o rivelatori di interni dissidi? L'impressione generale è che, al di là dell'ostentazione di indifferenza o di sicurezza, • domini una grande confusione, stato d'animo che, del resto, ha lasciato trapelare lo stesso Nlcolotti quando ha acccennato alla necessità di recuperare «l'identità del gruppo». L'udienza si è iniziata con la lettura dei capi di Imputazione, sei delitti in tre anni di terrore, dal 1978 al 1980: il commissario Esposito e il sindacalista della Cgil Rossa, i carabinieri Tosa e Battaglini, il colonnello Tuttobene e l'appuntato Casu. Sei morti, in quella Genova che sembrava ospitare se non 11 più spietato (perché 1 terroristi furono e sono feroci ovunque), forse il più Impenetrabile dei gruppi terroristici: infiltrato in fabbriche e all'Università, protetto talora dal silenzio e dall'omertà. Il coraggio dei funzionari, dei carabinieri e del sindacalista, caduti per il dovere, le confessioni di Peci e l'operazione degli uomini di Dalla Chiesa in via Fracchia, con l'uccisione di 4 brigatisti che avevano aperto il fuoco contro i militi, permisero di assestare un durissimo colpo all'organizzazione. C'è da registrare, nel frattempo, una dura presa di posizione del pei genovese a proposito delle dichiarazioni fatte durante l'istruttoria da un br pentito, Carlo Bozzo, che sarà ascoltato come teste, dichiarazioni pubblicate ieri su un quotidiano genovese. Bozzo affermò che Sergio Adamoli (figlio del defunto senatore comunista Gelasio Adamoli, già sindaco della città), ricercato per terrorismo,' riuscì a fuggire in Angola, grazie all'interessamento del pei. In una nota, la federazione comunista genovese ha respinto con fermezza tali dichiarazioni, definendole -false e calunniose», e ricorda che Genouo è stata e sarà sempre un macigno per i terroristi grazie all'impegno /ondamen- tale del sindacato e delpci». Clemente Granata

Luoghi citati: Angola, Genova, Roma