Esclusi dal Castello di Lorenzo Mondo

Esclusi dal Castello I SAGGI DI GUIDO CERONETTI Esclusi dal Castello Discepolo di Diogene u\ cimo ed eco di voci profetiche, ..mulo di alchimista e chicri.o vagante, càtaro superstite al esploratore capzioso del mare della scrittura (dalle cronache dei giornali alle speculazioni dei Va/anta) questo, e tante altre cose, i Guido Ceronetti. Nella Vita apparente (ed. Adelphi) sono segnate alcune tracce del suo vagabondare, raccolti alcuni dei suoi testi più incandescenti, dove una lingua precisa e ribattuta, tolta al sancta sanctorum dei vocabolari, appare solcata e trascinata da lampi di preveggens* ^ E' il suo terzo libro del genere, oltre le traduzioni dalla Bibbia (eccellenti) e dai classici latini, oltre le poesie e un romanzo: una raccolta di saggi che egli ha affidato via via ai giornali (a questo giornale) dopo un confronto macerante con la scrittura, come di chi coglie ogni pretesto dell'apparenza fenomenica per misurarsi con angeli e demoni. I suoi temi ossessivi sono sempre gli stessi; si aggiri, con la sua provvista di miele e locuste, tra i deserti dell'Antico Testamento, o con la borraccia piena di amari succhi vegetali tra le trincee sepolte della prima guerra mondiale, nella piazzar ta dorata di Recanati o lungo le muraglie intcriori di Avila. Ceronctti è affascinato dall'Essere e lo ricerca tra le mille impurità — di sangue, di corruzione, di morte — che lo occultano e sviano. Sua è la ricerca senza quiete di una terra edenica, quella Canaan che soltanto i fortunati riusciran no a intravedere dalla frontiera di Moab. Come Mose, «il ligistatore ahi non può conoscere la tregge, l'agrtmensorr c/x non potrà mai entrare nel Coltello». Nessuno riuscirà dove lui, il grande archetipo, è fallito. Eppure, questi fame metafisica e la sola che conti, è pericoloso voltare le spalle 'al Castello — ben lo sanno gli immemori fi gli del Libro —, barattare la terribile speranza messianica con le conquiste politiche e sociali, con il successo monda no;ta' verità è che Ceronctti, gnosticamentc, scorge nella vita la sola possibile immagi ne dell'Inferno. Ne trova conferma nelle investigazioni lut ruosc_c inesorabili della medicina legale, «canoa ihe risale i fiumi sterminati del crimine e .l,!l.i mortt», nella Icttuta sommersa di Zola, uno scrittore così calato nello sfacelo fisiologico e sociale (ombre livide ed esauste òcW Assommotr, di Germinai). Lo storicismo salvifico, in tutte le sue accezioni e scuole, è bandito dalla considerazione di Ceronctti, fatto oggetto di irrisione e deprecazione. Indugiando in pagine stupende per invenzione e forza stilistica sulla via della peste, sui suoi tramiti millenari, giunge a insinuare che «/'uomo agisca per i fini superiori ,/<.> microbi»: se è vero che l'invasione mongolica di (ìcngis K.il.u e dei suoi successori (fuggite, immagini stereotipe del Marco Polo televisivo) riesce a instaurare «un sistema prodigioso di comunismo microlieo». Dagli altipiani dell'Asia alle città marinare del. Mediterraneo, è una marcia trionfale, una danza macabra propiziata dai salti delle pulci, dal rodio dei topi. Ma ogni stagione umana ha le sue pesti «e mai si conosce, ifuando i tempo, il ratto c/m le porta, perché Qualcuno ri cepre il rollo». Come stupirsi allota che, per quante alfezioni egli provi, nei pellegrinaggi verso l'assoluto, i suoi amici più diletti, fraterni, siano Leopardi e Kafka? Quale tenerezza di invocazione — dopo le apostrofi, gli sdegni, i sarcasmi — per Giacomo il veggente, ixt il poeta che scongiura di non distruggere la narura, la quale «vuol essere illuminata dalla ragione e non incendiata». Il, suo è un Leopardi religiosamente sconfitto, che rimpiange le illusioni di una terra cancellata, di un Castello inchiavardato e nebbioso. Diversamente dal mistico di Praga: «Dote Liopardi misurata tra grandi angosce il terreno perduto, da grande vinto, Kafka ha riconauistato eroe nascosto nelle Assicurazioni — qualche prezioso metro di spazio metafisico e l'ha ti nulo fino all'ultima sistola dtl suo fiato gentile soffocato». ** Di questa tempra sono le arrischiate compagnie di Ceronctti. Teresa di Avila, che attraverso gli sponsali con l'a bisso vertiginoso, si conferma «un blocco di luce pura». Goya, sì, Goya: il sonno della ragione produce i mostri, ma è sol tanto «lirrazionalità del cuore» che gli impedisce di giustifica re «il crimine (e la storia) come razionati». L'epica di Verga, la capacità di perdersi — dopo l'apprendistato agrario e borghese, dopo le grettezze demimondane — negli spazi della storia, di proiettare Jtli il pa stotc sullo sfondo di trascorsi imperi, di migrazioni primigenie. Perché è pure esistita una terra altra, una irradiazione più pura e metaforica; prescn zc di natura e di umanità che l'avvicendarsi dei secoli, una falsa nozione di progresso hanno livellato. Sono avvolte in un prezioso pulviscolo come la preistoria personale, l'infanzia, l'adolescenza in quella Torino fantastica di cinema e u-.uri, di perduranti 'anguori Liberty sovrapposti ad avventure di borgata, in un impasto più seducente della liuenos Aires di Evaristo Clattiero. Come può salvarsi un uomo che ha «la rovente fissazione di Dio, da questo mondo che ne è la stolida e anche minacciosa negazione? 1 saggi di Ceronctti declinano le litanie di una terra impoverita di verità e di bellezza: il vuoto spirituale che spiana la strada alle armate orientali di Belial; l'irrc&ponsabilc trastullo nucleare; il gusto della violenza furibonda, di un sesso troppo parlato e sterile; le mistificazioni del femminismo selvaggio; addirittura le foglie del te avvolte nel polistirolo. Come difendersene. Dio degli eserciti, Dio essenza e assenza? Ceronctti ha i limiti ma anche la forza impareggiabile dei grandi pessimisti, la loro salutare 'ipertrofia; frugano e scovano con un fiuto infallibile tutte le magagne (e non i detto che ne escano incontaminati), sul piano dei principi non perdonano niente. Ecco, la forza di Ceronctti sta nell'essere rigorosamente inattuale e si sa che gli inattuali, se coraggiosi e fortunati, hanno il privilegio di guardare non solo verso il passato ma anche verso il futuro. Ma è anche un càtaro, sia consentito il bisticcio, impuro, incline all'eresia. Fedele nelle amicizie, soccorrevole con rutto il suo gran dispitto e disdegno; in fcrvorato di gioia tattile da vanti a un quadro o un paesaggio. L'uomo è (per lo più) bruno, l'uomo è (per lo più) malvagio, fin da questa soglia appare votato al fuoco della distruzione, di una tutta umana Gehenna. Ma la sua ambizione segreta «sarebbe di entrare come un fiore nella camera di un malato, non potendo essere di più. un refrigerio, un unguento». Ancora, Ceronctti non si nega al riso e lo provoca per contagio, un riso rabelaisiano, fisiologico, ma sarebbe un errore sopravalutare le tue trotavailles, le sue filze di paradossi concettuali e linguistici. Gli farebbero torto, quelli che aspettano ogni settimana con impazienza i suoi interventi sul giornale, e ne discorrono con gli amici. Moralista implacabile, il suo tenue sorriso non disarma, a tratti, lo sguardo ghiacciato di chi ha fissato negli occhi Medusa. Lorenzo Mondo

Luoghi citati: Asia, Praga, Recanati