Tre domande al governo
Tre domande al governo Tre domande al governo La ridda di misure focali e parafìscali di queste settimane, annunciate e poi ritirate, prese e poi criticate in seno allo stesso governo, date per decise e poi ricondotte — come la questione del primo giorno di malattia — a una trattativa con i sindacati c le disordinate proteste di questi ultimi hanno fatto pressoché perdere di vista la situazione economica complessiva e gli indirizzi di politica economica del governo. L'intrecciarsi dei problemi della finanza pubblica con la parallela trattativa sul costo del lavoro, dove ormai risulta chiaro che lo spazio per un accordo viene ricercato dal governo e dai sindacati accollando alla finanza pubblica nuovi ed ingcntissimi oneri, rende necessario un chiarimento urgente dei dati e delle impostazioni di politica economica del governo. Poiché é previsto che all'inizio della prossima settimana, in apertura della discussione in Parlamento dei recenti decreti legge in materia fiscale e previdenziale, il ministro del Tesoro faccia una preliminare esposizione alle Camere, ecco tre domande alle quali spero il governo voglia rispondere per suo tramite. Quale atteggiamento ha il governo circa gli sgravi fiscali 'negoziatili dal ministro delle Finanze, onorevole Forte, con i sindacati? Si tratta, come é stato ampiamente illustrato nei giorni scorsi, di sgravi fiscali e di aumenti di assegni familiari per il 1983 e per gli anni successivi pari a enea 7S00 miliardi l'anno, con benefici nelle buste paga che ammontano per famiglie con redditi dell'ordine di dieci milioni l'anno a oltre centomila lire al mese, più di tutto l'aumento della scala mobile di quest'anno. In una condizione nella quale si devono mettere disordinatamente decine di tasse e di imposte diverse per raccogliere 10-12 mila miliardi di lire nel 1983, ha qualche senso sgravare i redditi per 7500 miliardi? Il problema non è di stabilire se tali sgravi siano stati già concessi senza condizioni, come sostiene il sindacato, o se essi siano subordinati a un'intesa sui costi del lavoro. Il problema è di sapere se vi sia per lo Stalo la possibilità di rinunciare nell'83 e nei successivi anni n* una quota dì gettilo Irpei di queste immani proporzioni e te parallelamente si possa incrementare, per una cifra di circa 1 SUO miliardi, il gii elevato importo della fiscalizzazione degli oneri sociali. La seconda domanda riguarda il livello di fabbisogno pubblico entro il quale il governo conta di restare nel corso del 1983. Nei documenti di bilancio e nella relazione previsionale e programmatica presentati dal ministero del Tesoro Andreatta e da me, si era concordato di stabilire in 60-63 mila miliardi la cifra entro la quale contenere il disavanzo pubblico del 1983. Nei giorni scorsi il governo ha elevato questa cifra, indicando in circa 70 mila miliardi il nuovo limite del fabbisogno ed ha dichiarato che l'insieme delle misure fiscali, tariffarie e di alcuni tagli di spesa disposte in questi giorni consente di realizzare questo nuovo traguardo. A parte ie numerose richieste di modifiche avanzale non solo dai partiti di opposizione ma anche dagli Giorgio La Malfa (Continua a pagina 2 In quarta colonna)
Persone citate: Giorgio La Malfa
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