Chiacchiere e politica

Chiacchiere e politica Chiacchiere e politica di GIANNI VATTIMO La democrazia, si sa, è un regime politilo fondato sulla rappresentanza: orientamenti, scelte di valori, interessi dei cittadini vengono rappresentati, nel Parlamento e nelle altre istanze della vita pubblica, dai deputati eleni. Poiché l'elezione, come ricordava qualche giorno fa Norberto Bobbio su questo giornale, dipende dal consenso dei rappresentati, la rappresentanza tende a caricarsi di clementi di rappresentazione, cioè di propaganda. Non solo i rappresentanti del popolo rappresentano interessi e orientamenti di coloro che li hanno eletti; ma anche, sempre, mettono in scena una rapprescntazione davanti ai loro elettoti, annali o potenziali. Queste e altre riflessioni «etimologiche» si possono fare sulla democrazia rappraentaiiva. La quale sembra sempre sul punto di morire soffocata proprio dal gioco del rappresentare: o perche gli clementi di rappresentazione prevalgono su quelli di rappresentanza (la propaganda bugiarda, la chiacchiera ideologica, il rituale vuoto degli incontri e dei «vertici»); o perchè la preoccupazione della rappresentanza è tale che conduce gli eletti (partiti e frazioni) a scelte puramente corporative, Che bloccano la politica nazionale in defatiganti giochi di lottizzazione. La filosofia e l'estetica conoscono però un altro senso della rappresentazione. Quando Aristotele dice che la poesia imita, cioè rappresenta, la vita, due anche che la rappresenta «come dovrebbe essere»: la rafiìgurazionc acùstica della realtà non copia Te cose come sono, le trasfigura alla luce di aspettative morali, del bisogno di ordine- e di razionalità che è presente in tutti noi. Anche la politica, almeno in un urto senso, è un'arte: è un'operazione tecnica sul mondo, che non lascia le cose come sono, e dunque comporta un qualche momemo di «trasfigurazione-; che. naturai'mente, non significa quella cattiva arte che è la pura chiacchiera propagandistica. L'alternativa «buona» alla propaganda e alla chiacchiera ideologica non è però soltanto il gioco delle forze, lo "scontro e la composizione meccanica tra gli interessi dei gruppi e delle corporazioni, come un realismo polìtico ingenuo ci ha spesso fatto credere. La mediazione ti i interessi e orientamenti diversi, nella democrazia, comporta necessariamente una «novità» rispetto alle forze in gioco, e non può limitarsi a rispecchiarle: altrimenti, quanido; come ci si angina, si realizzi un veto equilibrio tra le fora sociali, senza prevarica/ioni e soprusi, il risultato non potrebbe essere che l'immobilità. Sul piano pratico, questa novità della mediazione polirica richiede un'inventività clic sembra molto rara. Ma anche sul piano teòrico, il pensiero politico democratico è molto poco attrezzato per capire questo fenomeno, per il giusto timore •che la «trasfigunafout» politica delle forze reali diventi autoritarismo. Una democrazia matura deve tuttavia (sorsi, praticamente e tcoricamt-ntc, questo problema, se non vuole che inti>nclucicnza e immobilismo del governo rappresentativo fac ciano sorgere nostalgie autoritarie. J

Persone citate: Norberto Bobbio