Un probo professionista e l'imponenza della «Nona»

Un probo professionista e l'imponenza della «Nona» L'iraniano Rahbari ha diretto Beethoven all'Auditorium Un probo professionista e l'imponenza della «Nona» TORINO — Alla Rai toccorso uno di quei contrattempi inevitabili che ogni tanto bersagliano le organizzazioni della vita musicale: si è ammalato l'ottantenne direttore Lovro von Afa torte, che con la sua presenza avrebbe dato lustro al ritorno della' Nona Sinfonia, eseguita neanche due anni fa. Sarebbe stata quasi una consacrazione e celebrazione di questo autorevole direttore jugoslavo, particolarmente apprezzato in Italia, tra i maggiori del nostro tempo, eppure mal accreditato interamente d'un posto nel gruppetto selezionato dei primissimi, diclamo tra un Karajan, un Dern stein e un Abbado. In mancanza di questa solenne occasione poteva magari riuscire ancor più gradita attrattiva la scoperta d'un nuovo talento eccezionale nel giovane direttore iraniano Ali Rahbari, ingegnosamente ripescato per sostituire l'illustre anelano Onestamente bisogna dire che il lieto evento non s'i verificato. Il sostituto è apparso un probo professionista della bacchetta. In grado di condurre In porto l'e¬ secuzione del difficile lavoro, ma non di fornire un'interpretazione memorabile della Nona Sinfonia. In particolare, non è parso a suo agio nell'imponenza sonora del primo e dell'ultimo tempo, dove tuttoi stato accatastato In primo piano, a scapito dei particolari e della distribuzione I | prospettica dei piani dinamici; un parossismo confusionario pericolosamente adatto a dar credito alle malignità di Strawinsky, che considerava il primo movimento della Nona Sinfonia come. un esempio terribile, dell'ultimo periodo beethoveniano, e non riusciva a capire .come un uomo di tali capacità potesse cosi spesso cedere nel banale •. Meglio che gli effetti di massa dei due .allegri, sono riuscite le articolazioni analitiche dei due tempi di mezzo, lasciando sospettare nel Rahbari una possibile vocazione mozartiana. Per questa esecuzione solenne erano stati riuniti i cori della Rai di Torino e di Milano, sotto la direzione di Vittorio Rosetta: una massa imponente, assai bene manovrata, ma forse perfino soverchiante. Beethoven non è Berlioz, e l'Auditorium non è piazza San Carlo. Se è risultato un po' sparuto il quartetto dei solisti, tra i quali le voci maschilt. e specialmente quella robusta del basso, sono riuscite meglio a difendersi dalla preponderanza corale. Successo vivissimo. _ , m. in.

Persone citate: Abbado, Beethoven, Berlioz, Dern, Karajan, Strawinsky, Vittorio Rosetta

Luoghi citati: Italia, Milano, Torino