Con questo codice per lavare l'abito non si rovinerà più
Con questo codice per lavare l'abito non si rovinerà più Con questo codice per lavare l'abito non si rovinerà più Deformazioni, restringimenti, colori alterati: sono ipiùfrequenti incidenti che capitano in tintoria. Ma non, sempre i capi portano le indicazioni esatte su come devono essere puliti peggio, ombrelli, moquettes, guanti ecc. Su tutti questi capi deve infatti comparire una etichetta indicante la esatta composizione e anche la percentuale delle fibre. Queste prime indicazioni, non sempre osservate con la giusta attenzione dal ' consumatore, sono sicuramente un elemento importante nella definizione del valore commerciale del prodotto. Un maglione di pura lana vergine: viene considerato più pregiato rispetto ad un altro, contenente il 50% di una fibra sintetica. La legge è abbastanza chiara al riguardo e specifica che la denominazione di lana è riservata solo alle fibre tessili provenienti dalla pecora mentre le fibre di altri animali prendono il nome dall'animale da cui derivano (alpaca, cammello, lama, capra del Kashmir, angora, vigo¬ gna ecc.). Per le fibre artificiali e sintetiche invece la denominazione può essere sostituita con il nome ge-. nerico della classe di appartenenza (viscosa, poliestere acetato ecc.). Su ogni capo deve essere presente una seconda etichetta recante la ragione sociale o il marchio di uno dei tanti operatori che intervengono nel ciclo produttivo (dettagliante, grossista, importatore). Osservando qualche vestito si nota che alcune etichette indicano chiaramente nome e cognome e indirizzo del confezionista mentre altre recano nomi di fantasia privi di qualsiasi utilità per il consumatore. Importante è anche capire la provenienza dell'arti- , colo. «Non esiste nessuna norma specifica al riguardo — dichiara Adriano Benvenuto dell'Associazione Industriale Abbigliamento — anche se il codice penale prevede che, quando un capo reca un marchio o un nome italiano e viene confezionato all'estero, lo specifichi in etichetta». Se per esempio una maglietta reca un nome francese e lo stemmino della torre Eiffel ma viene confezionata in Italia, in etichetta deve essere scritto chiaramente «made in Italy». L'ultima ma non certo meno importante nota riguarda la presenza delle indicazioni di manutenzione, norme non ancora obbligatorie, anche se le -grandi case tendono -a: applicarle su tutti gli articoli. ' ' «L'etichetta di maruìterizione assume particolare importanza per i capi compositi — dichiara Umberto Maltagliati direttore dell'Associazione Italiana Lavanderie — elementi come la fodera, i bottoni, il filo, la teletta interna e il tessu¬ to sovente non hanno la stessa lavabilità. Chi confeziona in questi casi, prima di porre in vendita il vestito, dovrebbe fare prove specifiche di lavaggio definendo cosi una etichetta di manutenzione da applicare sul capo». Può succedere che bottoni si sciolgano durante il lavaggio a secco e che il filo si restringa raggrinzendo tutto il vestito. Fondamentali diventano allora queste etichette per i capi composti di lana, seta, cotone e magari perline, oppure per impermeabili e giacche a vento imbottite di piumino o altri materiali is'òlanti nuovi. Nel resto dell'Europa, pur non esistendo alcun obbligo il 90% dei vestiti reca all'interno l'etichettatura di lavaggio; solo in Austria tale indicazione è obbligatoria. In Usa e in Canada invece le norme per il lavaggio vengono spiegate su ogni capo non avvalendosi di grafici. ■ L'etichettatura di manutenzione in Italia si avvale di 4 simboli grafici, più prelfisamente: una vaschetta clic specifica le norme per il trattamento ad umido, un triangolo per il candeggio al cloro, un ferro da stiro per la temperatura di stiratura e un triangolo per il lavaggio a secco. Questi disegni, quando ci sono, devono essere impressi in modo indelebile su una etichetta fissata al tessuto in modo da consertarsi in modo visibile leggibile per tutto il ciclo di vita del capo. Una certa carenza di informazioni e una confusione di fondo esistono, anche se i tempi sono ormai maturi per dare più chiare informazioni al consumatore come del resto succede negli altri Paesi europei. Roberto La Pira DIMENTICATA nelle vetrine da un inverno senza neve, la scarpa(doposci di quest'anno si è messa in mostra con i colori più pazzi: sono i fluorex giallo, verde mela, arancione e rosa dei monboot, l'azzurro e il rosa dei pelosi, gli stivaletti in nylon bicolore tipo scarpa da ginnastica alta per i bambini. Resistono bene anche i colori classici come, per 1 moon-boot, il rosso e il blu e, per chi desidera essere à la page, ma con moderazione, ecco i colori di moda come il grigio perla e il nero. I prezzi dei moonboot vanno dalle 40 alle 62 mila lire per le misure grandi e dalle 37 alle 63 mila lire per quelle piccole, a seconda dell'altezza degli stivaletti e dell'imbottitura; i pelosi costano dalle 61 alle 120 mila lire. L'altra novità di quest'anno è il doposcì per donna tipo lappone, in pelo nero, bianco e beige, con i riporti in cuoio colorato rosso e giallo. Il modello più in è quello della Tecnica e costa 114 mila lire. Per uomo, sempre della Tecnica, c'è invece lo stivaletto country Creek, di pelle ini-
Persone citate: Adriano Benvenuto, Eiffel, Roberto La Pira, Umberto Maltagliati
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