Stalin dopo la vergogna si rompe il lungo silenzio

Scompaiono reticenze e omissioni sul defunto dittatore Scompaiono reticenze e omissioni sul defunto dittatore Stalin, dopo la vergogna si rompe il lungo silenzio l'ir l'URSS il 1985 non sarà un anno come gli altri: si celebrerà il quarantennale della vittoria che chiuse, P8 maggio 1945, la Grande guerra patriottica, avvenimento epocale che, come la Rivoluzione d'ottobre, legittima l'attuale regime e il suo gruppo dirigente: quest'ultimo, della Vittoria, si proporrà ancora una volta come il protagonista (con i suoi settuagenari che siedono nel Politburo), il depositario e l'erede (con i «giovani» alla (ioibaccv o alla Romanov). Inoltre, la guerra del '41 -'45 con i suoi eroismi e i suoi immani lutti (20 milioni di morti) non c per i sovietici solo un' occasione per distratte commemorazioni: è ancora un elemento attuale e vivo della loro cultura, come attcsta l'ampia produzione letteraria, cinematografica, teatrale c televisiva incentrata sugli avvenimenti di quegli anni. Lo sforzo politico c propagandistico del gruppo dirigente sarà, perciò, di grandi proporzioni; anche perché nel determinare stati d'animo e atteggiamenti del cittadino sovietico medio nei confronti del mondo esterno (l'Occidente, giuoca un ruolo non secondario la tradizionale psicologia dell'accerchiamento); e poi, il ricordo del '45, potrà servire come valido incentivo propagandistico per i 120 mila soldati che combattono nel vicino Afghanistan. La «Vittoria», tuttavia, porta un nome scomodo con cui il Il Comitato Centrale sovietico giudicherà una petizione sul ritorno alla denominazione di Stalingrado - Studiosi e politici dimenticano le direttive di Kruscev Le banche di Budapest come quelle elvetiche quarantennale dovrà fare necessariamente i conti: quello del «generalissimo» Josif Stalin. Il suo successore, Nikita Kruscev, volle ridimensionarne anche il ruolo e i meriti di artefice della vittoria, dopo averne denunciato errori c misfatti ncir«cdificazionc del socialismo». La salma di Stalin fu cacciata dal Mausoleo; la città-simbolo della vittoriosa resistenza contro le armate naziste, Stalingrado, si vide cambiare nome, nel '61, con quello piuttosto banale di Volgograd, città sulla Volga. Ebbene, alla immediata vigilia del quarantennale alcuni segni ci suggeriscono l'ipotesi di una ridefinizione del ruolo storico complessivo di Stalin in URSS: a cominciare da quello di «generalissimo». Sappiamo che il Comitato Centrale del pcus sta attualmente valutando una petizione popolare dei cittadini di Volgograd, promossa dalla locale associazione dei veterani di guerra (combattevano al grido: Za rodimi, za Statina: per la patria, per Stalin): si vuole restituire alla città il nome che la rese gloriosa nel mondo: Stalingrado. Dusko Dodcr, giornalista americano e acuto osservatore della vita sovietica, ha scritto recentemente che «negli ultimi mesi l'immagine e il nome di Stalin sono apparsi con una frequenza e una regolarità da suggerire qualcosa di più dell' oscillazione del pendolo del tempo». Egli cita un documentario sulla «Grande guerra patriottica», trasmesso il mese scorso, in cui si ode la voce di Stalin nel celebre discorso in cui questi si rivolge ai suoi connazionali chiamandoli non «compagni», ma «fratelli e sorelle». In novembre, la rivista ideologica «Kommunist» ha esaltato la politica economica negli anni di guerra, mentre un recentissimo film dedicato al romanzo di John Recd, «I dieci giorni che sconvolsero il mondo», mostra Stalin come il più risoluto «soratnik» (compagno d'armi) di Lenin nella Rivoluzione d'Ottobre. La storia c di ben diverso avviso. Chiaro è l'intento degli autori di questo falso: riportare il «Vozhd» (duce) georgiano in quell'alveo di legittimità leniniana da cui Chruscev lo aveva estromesso tra il '56 e il '61. Infine c'è da segnalare un nuovo libro del prolifico Ciakovskij, direttore della «Litcratumaja Gazeta», noto per certe sue uscite filostalinianc nei secondi Anni 60 (come il romanzo «Blokada»): in una sua recentissima biografia di Franklin D. Roosevelt ha esaltato i meriti diplomatici e strategici di Stalin. A questi sparsi tasselli o «indizi», vorremmo aggiungere la vicenda di Svctlana Allilueva, figlia prediletta di Stalin, clamorosamente rientrata in URSS dopo diciassette anni di assenza con perdita di cittadinanza: nel suo primo libro «Venti lettere a un amico» la Allilucva (che ha in questi giorni ricevuto un appartamento a Tbilisi, la bella capitale georgiana dove ancora si venera la memoria del defunto Tiranno) cerca di distogliere dalla memoria del padre la responsabilità per i crimini più foschi attribuitigli. C'è poi l'episodio, reso pubblico la scorsa primavera, della riammissione nel pcus di uno dei massimi collaboratori di Stalin, Vjaceslav Molotov, 90cnnc, spietato esecutore degli ordini del «Padrone»: dal Partito era stato cacciato nel ' 61 da Chruscev. Non si tratta, certo, di segni che implichino il possibile ritorno a uno stalinismo vecchia maniera (impossibile per la complessità della società sovietica e per l'istinto di autoconservazione delle élites dirigenti); nel quarantennale della Vittoria gli credi di Stalin (formatisi per lo più alla sua scuola) vorranno riempire una sorta di vuoto di leadership di circa un trentennio di storia sovietica, provocato dalla tumultuosa e superficiale destalinizzazione chruscioviana. Infine, il gruppo dirigente attuale, grigio e impersonale, potrà sentire il bisogno di rimettere sul piedistallo di «padre fondatore» un personaggio la cui sinistra e tragica grandezza è rimpianta da un popolo che non ha appreso ancora, dalla storia, l'amore per la libertà. Fiero Sinatti iB

Luoghi citati: Afghanistan, Budapest, Stalingrado, Urss