NO DI MARZABOTTO LA RISPOSTA A REDER di Alberto Gaino

Superstiti e familiari rifiutano il perdono Superstiti e familiari rifiutano il perdono NO DI MARZABOTTO LA RISPOSTA A Su 238 votanti solo quattro favorevoli alla demenza, proprio come nel referendum del massacro (1830 vittime) nelle testimonianze degli scampati - «Ho.ancora in corpo le DAL NOSTRO INVIATO MARZABOTTO — E' Stata una raffica di no. Rader non ha ottenuto il perdono, degli scampati e del famigliari delle 1630 vittime di Monte Bore, l'altopiano dove dal 29 settembre al 5 ottobre del '44 quattrocento uomini al comando del maggiore delle SS trucidarono donne, vecchi e bambini lasciando dietro di sé solo l'orrore dei sopravvissuti. La Chiesa si era pronunciata per il perdono, ma ieri mattinai nel «museo» di ricordi della strage che è diventata la sala del consiglio comunale di Marzabotto, anche chi si è alzato per dire «io sono cristiano» ha separato la fede dalla sofferenza della memoria. L'assemblea dei 238 superstiti e famigliari «aventi diritto al voto» (ne erano stati rintracciati 250) si è pronunciata all'unanimità per un ordine del giorno che raccomanda al governo di rammentarsi del no 'espresso a grandissima maggioranza» a Marzabotto, «e non per sentimenti di od.o o di vendetta, che nei nostri cuori non hanno mai trovato spazio, ma per il rispetto del dolore di chi ha subito il più vile sterminio dì popolo Con Craxi nessuna polemica diretta. E' stata una processione ininterrotta di donne e uomini semplici da ogni lato della gremitissima sala al microfono che amplificava i ricordi dolorosi e i «no». Davanti alle'telecamere di mezzo mondo (erano presenti anche troupes'televisive americane e giapponesi) sono sfilati in 149, colmando l'atmosfera tesa della vigilia di nuova rabbia, tristezza indicibile, persino di' stanchezza «per tanto parlare del nostro dolore». Il sindaco Dante Cruicchi ha poi letto 1 messaggi di 26 persone che non hanno potuto intervenire. Alla fine ha contato 4 si al perdono. Tanti quanti furono espressi in occasione del referendum del '67, Solo una signora di mezz'età, esile, avvolta in un cappottino rosso, ha prèso la parola, tra i primi, per dire che •Reder in fondo ha pagato con 40 anni di galera, mentre gli autori delle stragi dèi giorni nostri restano impuniti». Lucia Sabbioni ha sollevato in assemblea un sentimento comune: quello, dell'orrore che si risveglia negli scampati di quarant'anni fa davanti alle immagini di nuove violenze inaudite'. «Ho ancora in còrpo le pallottole di allora'— ha cominciato a raccontare con voce vibrante —.1 tedeschi mi avevano portato con tutti gli altri nel cimitero di Casaglia. Io mi sono salvata, ma la sorellina che tenevo in braccio no. Come mia madre, altre quattro sorelle, un fratello,' il nonno, uno zio. Mi sono salvata sotto i loro corpi sfigurati dalla mitragliatrice, E ars i morti della galleria di'San Benedetto, dove mio padre ha lavorato 15 anni lasciando là la salute, non fanno che ricordarmi Quelli del miei cari Alberto Gaino (Segue a pag. 2 • 8' col.) Ancora una volta l'Italia si è divisa CHI RIPETE IL NO CHI VOLEVA UN SI' Il no della maggioranza del superatili di Marzabotto a condonar* cinque mesi di carcere a Roder — no previsto e largamente scontato — conferma una realtà comunque amara: un odio che ha saputo nutrirsi di «e stesso per quarant'anni nel cuore di gente generosa e onesta. Nel totale rispetto per I laminari delle vittime, è questo che Inquieta di più, dopo tanto tempo. La ferocia nazista di Reder ha saputo dunque radicare nel cuori di tanta gente un seme di controvlolenza cosi radicale per cui II nazismo, In qualche modo, resta ancora vivo In forza di quest'odio, almeno come un bersaglio da colpire con tutta la forza della memoria? A Marzabotto non erano disposti a concedere al «boia» ni II condono, cioè la scarcerazione In anticipo, ni tanto meno II perdono. Ma tale odio, di Inutilità storica e culturale, che cosa può ancora contro un uomo? Può' resuscitare quel morti Innocenti? Salvo I drammi personali che anche un carnefice (che resta pur sempre un uomo) ha certamente, e aalvo soprattutto quelli del familiari delle vittime, I* due posizioni appaiono ugualmente ambigue. Reder è arrivato a riconoscere la responsabilità e la natura bestiale del proprio crimine solo di recente, piuttosto In fretta e, a quanto pare, dietro lo stimolo e II consiglio di due sacerdoti. Inutile e temerario domandarsi se egli sia davvero pentito: solo Dio e lui stesso lo sanno, anche se vogliamo sperare che II pentimento sia la vera ragion* anche della sua recente richiesta. Ma se davvero egli i pentito e misura tutto l'orrore del proprio delitto personale e Ideologico, che cosa c'era da fare da parto sua, a questo punto, dopo tanti anni di silenzio, che chieder* lui stesso di espiare tutta la pana alno In fondo coma prevede la condanna, per onorare «quel martiri» che solo oggi egli dellnlsce teli? Disse Massimiliano Kolbe, eh* dell'odio nazista fu vittima: «L'odio uccide sempre. Solo I' amore crea». Messaggio religioso • morale, ma anche un'Indicazione civile. Pub essere dedicate, cori Immensa amarezza ma con pari speranza, sia • Radar sia a ohi gli ha detto no. li, f. Walter Reder i II responsabile diretto di un' ecatombe di civili Inermi. Quanto lapidi In Italia ricordano le vittime degli occupanti nailf asciati! Tante barbarle non può certo esser* dimenticata. Ma se osserviamo bene gli elenchi di quel morti, vediamo che I loro nomi seguono quelli' del caduti • del disperai sul vari fronti della Seconda guerra mondiale, I cui veri responsabili — anche per parte Italiana — per lo più andarono Immuni da condanne. Anche più lungo è l'elenco del civili messi In divisa è mandati al macello nelle offensive della Grande guerra do comandanti a loro volte presi In un Ingranaggio eh* solo II crollo dell'avversario sottrasse alla condanna politica • giuridica, se non a quella morale. La guerra — lo vediamo dalla Cambogia al fronte Iran-Iraq — quand'e Innescate fa II auo corso. Sono mal stati cercali • puniti I mandanti • gli autori del bombardamenti a tappeto su Coventry o su Dresda? Eppure non vi furono anche Il — come a Hiroshima — decine d» migliala di civili Inermi annientati In nome dalla vittoria? Par esprimer* Il suo riliuto della guerra passate • Incombente, questo nostro Paese deve trovare argomenti più seri • convincenti che non sia detenere In carcere (ma quale carcere, poi?) un relitto del passato. Se tutto II nostro antifascismo sta fi, come faremo quando Reder verrà liberalo, In forza delle leggi vigenti, o morirà per causa naturali? Dobbiamo saper dare basi più solide al rifiuto del totalitarismo (e delle sue varianti: nazismo, guerra). Perciò, ae Ieri fossi stato a Marzabotto, avrei optato par la liberazióne d) Reder: non Impunito, ni dimenticato. La spaccatura tra buoni • Inguaribilmente cattivi (l'unica che giustifichi te pena capital* o te condanna a vita) è destinala a protrarre all'Infinito odi, lotte, guerre: una spirale nella quale sono proprio I cattivi ad aver la meglio, perché, come Reder a Marzabotto, non «sitano ad andare sino in fondo. Ma In queste Immensa Marzabotto che è II mondo contemporaneo perché non provare a scommettere sino In fondo sulla bontà? a. a. m. 1967 - L'orrore del pallottole di allora» di ALDO RIZZO // 1984 si aprì nel gelo più profondo, fra gli echi ancora forti del Jumbo coreano abbattuto dai sovietici, la crisi degli euromissili e il blocco di tutti i negoziali Usa-Urss. !xi «nuova guerra fredda». Jnvece.il 1985 si apre nel segno di una speranza, quella che all'imminente incontro Shultz-Gromyko faccia seguito una stagione di discussioni franche e proficue tra le superpotenze. Sono bastati pochi mesi per trasformare uno scenario inquietante in uno promettente. Questo dimostra o conferma che il confine tra la distensione e la crisi della distensione, e viceversa, è assai labile e forse inesistente. Si tratta in realtà di momenti diversi dello stesso rapporto, che è insieme dialogo e scontro: a seconda delle circostanze, l'uno prevàie sull'altro, ma senza annullarla Così, non c'è distensione senza competizione e non c'è competutone, anche aspra, che annulli la prospettiva del dialogo, imposta alle superpotenze nucleari dalla logica slessa della sopravvivenza. Naturalmente il mondo respira meglio nelle fasi- di dialogo e la speranza, appunto, è che se. he stia aprendo una nuova, possibilmente più lunga e più stabile. Guardando all'anno che si chiude, due elementi su tutti sembrano spiegare l'inversione dì tendenza. Il primo è la rielezione di Reagan, cioè la conferma per i sovietici di dover fronteggiare per altri quattro anni lo scomodo interlocutore americano. Finché è durata la speranza, anche se vaga, di punire elettoralmente il presidente repubbli¬