Nuove ricchezze alla Sabauda
Nuove ricchezze alla Sabauda Nuove ricchezze alla Sabauda Opere di Carracha, Reni, Ansaldo, Beaumont - Il quadro donato da un anonimo operaio - Bene pubblico e mercato privato TORINO — Alla riapertura della Galleria Sabauda, sono state presentate le più recenti acquisizioni: i Giovanni Carracha, Guido'Reni, Andrea Ansaldo, Claudio Francesco Beaumont. Lo Stato è in grado di incrementare la pubblica fruizione di opere d' arte attraverso due fondamentali canali: l'acquisto diretto e i{ cosiddetto «diritto di prelazione», secondo 11 valore denunciato dai proprietari, nel caso di compravendita, ivi comprese le aste, e di -richiesta di esportazione. In entrambi i casi, lo Stato ha il dovere, che è innanzitutto scientifico e culturale, di operare secondo parametri più complessi e raffinati rispetto a quelli del mercato privatistico: in essi entra in gioco, al di là del «valore» gè-, nerale dell'opera e dell'artista, la specifica connotazione, e rappresentatività nel contesto del tessuto storico e geografico dei nostri beni culturali; e quindi anche la compatibile integrazione, diversa da centro a centro, con le grandi raccolte pubbliche di Stato, i musei nazionali. Ognuno di questi musei, corrispondente in genere alle variegate realtà e vicende storiche e culturali, municipali e signorili dell'Italia preunitaria, ha una sua precisa conformazione e stratificazione patrimoniale: un' opera all'asta a Milano può interessare Capodimonte a Napoli, un'opera presentata per l'esportazione a Roma può interessare (e ha interessato: le Nozze di Peleó e Teti del valseslano Giuseppe Mazzola, probabilmente dipinto a Roma nel 1789 per il matrimonio di Vittorio Emanuele duca di Aosta, il futuro Vittorio Emanuele I, acquistato nel 1970) la Galleria Sabauda. A dimostrazione dell'alto livello degli studi artistici piemontesi (che trova, come dovrebbe sempre trovare,' unodei suoi migliori riflessi nell' attività di tutela e di recupero della Soprintendenza), la politica di acquisizione della Sabauda è sempre stata improntata a questi principi negli ultimi decenni. Basti qui ricordare 11 rientro nel 1972 della stupenda anta laterale, con i Santi Antonio da Padova e Defendente, di una pala del fiammingo Pietro Grammorseo, già in S. Francesco a Casale, finita nell'800 alla New York Historlcal Society, nel 1971 alle Parke-Bernet Galeries e acquistata l'anno dopo alla Finarte di Milano: e sarebbe certo auspicabile il recupero anche della tavola centrale, riemersa pochi mesi fa sul mercato parigino. Si collocano ora ottimamente in tale quadro le nuove acquisizioni esemplari anche in rapporto a una fattiva collaborazione e integrazione fra bene pubblico e mercato privato: il Carracha è' stato acquistato da Giancarlo, Gallino degli «Antichi Maestri Pittori», e su segnalazione e per lo stesso tramite lo Stato è pervenuto all'acquisto dalla proprietaria della superba tela del Reni; ugualmente da proprietà privata astigiana sonò entrati alla Sabauda i tre modelli del Beaumont per la «Galleria grande» di Palazzo reale, la futura Armeria, mentre l'Ansaldo è uno del quattro quadri donati, con gesto veramente ammirevole, da «un operaio che ha voluto rimanere anonimo». Il . Carracha è rarissimo maestro d'origine spagnola, di formazione manieristica romana, attivo nella seconda metà del '500 alle corti di Emanuele Filiberto e di Carlo Emanuele I. Quell'ambiente culturale di «autunno del Manierismo; come fu definito da Andreina Griseri, che vide nascere il primo nucleo delle collezioni sabaude, era rappresentato finora in galleria, in modo proprio e specifico, solo dai due ritratti di gusto spagnolo-imperiale di Emanuele Filiberto e del figlio fanciullo, del ferrarese Giacomo Vigili detto l'Argenta. Fra le opere con affinità stilistiche e culturali pur diverse dall'una all'altra, solo la Geometria del Salvlatl era nella collezione del Principe Eugenio; la Decollazione del Battista di Daniele da Volterra e YAndromeda del bolognese Samacchini provengo¬ no da acquisizioni, a quella data veramente singolari, nei primi anni di vita della Galleria carlalbertina; infine i Cambiaso, fra cui la grande Adorazione dei magi già in Palazzo Durazzo poi reale, sono frutto del passaggio di Genova agli Stati Sardi nel 1816 (cosi come, su altro versante culturale, la Cena in casa di Simone del Veronese). Il grande Suicidio di Lucrezia, riconosciuto al Reni da Roberto Longhi e Federico Zeri, corrisponde perfettamente alla caratterizzazione che il Longhi offre dell'ultima fase del nòbilissimo bolognese: «Da vero pittore e poeta, escogita gamme paradisiache, contrappunti sempre più trepidi del tocco, digitazioni sempre più lievi... un anelito ad estasiarsi, dove il corpo, non è che un ricordo mormorato, un'impronta». La tela (cm. 138x163) si inserisce anch'essa ottimamente nel nucleo di primo '600 deliacollezione sabauda, fortemente interessata ai capolavori bolognesi, dal Figliol Prodigo del Quercino, già a palazzo nel 1631, al quattro, tondi degli Elementi dipinti fra il 1625 e il 1628 dall'Albani per il cardinale Maurizio di Savoia! una commissione che lasciò lunga traccia nella memoria storica e culturale del Savoia, tanto che Carlo Alberto commise negli anni 1840 a Felice Maria Ferdinando Storelli una quadro rappresentante il pittore e il cardinale per la «Sala del caffè» in Palazzo Reale (ora a Superga). Sarà infine interessante motivo di studio il confronto fra la Lucrezia e un bel San Giovanni Battista del Reni, anch'esso tardo, proveniente dalla collezione del Principe Eugenio. I grandi modelli del Beaumont per gli affreschi dipinti a meta '700 nell'attuale Armeria Reale sono un importante contributo a un'altra fondamentale funzione, culturale e didascalica, dei pubblici musei: quella di do-1 cu menta re, nella stessa sede' geografica; l'iter e la sperimentazione ideativa e creativa di grandi complessi decorativi. Considerando che finora la Sabauda conservava solo la tela, forse bozzetton'e, del Serpente di bronzo, la nuova serie si Ìntegra ottimamente, a Torino, con quella, assai ricca di modelli per l'arazzerla reale settecentesca, conservata nei Musei Civici di Palazzo Madama Marco Rosei
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