Fuoco e vino del guaritore

 Fuocoe vino del guaritore 1 , w VIAGGIO NEL PORTOGALLO PIÙ' ANTICO E SCONOSCIUTO Fuocoe vino del guaritore 1 , w In una casa buia come una spelonca abita un vecchio capace di curare molti mali - Dai paesi del Parco nazionale portoghese vengono a chiedergli erbe medicinali e consigli, in cambio di uova, miele, un pezzo di formaggio - Le pattuglie in cerca di contrabbandieri; il ritorno a Oporto; le alture protette in riva all'Atlantico - Mangiare crostacei al sole, nonostante la stagione, tra gabbiani curiosi PARCO NAZIONALE DEL' PORTOGALLO — La sera è già scesa sopra il villaggio; piccole luci di lanterne che si muovono in qualche cortile o verso le stalle; le case, la campagna e gli alberi sono avvolti da uh silenzio antico ma non ostile; la pioggia si è attutita e le tre donne vestite di nero e con i grembiuli bianchi di farina aspettano il pane che cuoce nel forno. L'uomo si è seduto a lato della bocca con la schiena ' appoggiata alla parete per godersi il calore é con uno stecco che sulla punta conserva la brada si accende la pipa. Forse la cottura del pane è regolata sul tempo della sua pipata. Altre donne, delle vicine che vengono' a trovare le amiche, si affacciano sotto l'arco di pietre ma vedendoci, noi stranieri, si ritirano e vanno via dopo aver salutato il «signor padre Antonio» e noi. Mi dispiace vederle andare, chissà cosa avrebbero potuto raccontarci. Padre Fontes, ' parlando sottovoce quasi le parole disturbassero il pane che sta cuocendo, mi spiega che O Porno dò Povo, il Forno del Popolo, è anche per tradizione il luogo dove i viandanti e i vagabondi possono trovare rifugio e calore: nessuno li potrebbe mandare via da. qui, ami: per loro ci sarà sempre un pane e un po' di fuoco. Questo avviene anche ora, specialmente nel tempo d'inverno e non si sa da dove arrivino. Dalle Asturie? Dalla Galisia? Dai Pirenei? E dove vanno? Verso l'Atlantico o già per l'Algarve? Avessimo trovato un forno così sulle montagne dell'Albania nel 19401 Ma è ora di andare' dal guaritore perché padre Fontes ha anche altri impegni pastorali. La casa dove entriamo è quasi al buio completo; in una starna, sul paviménto, accosto alla parete e sotto una piccola cappa, arde un fuocherello di' ceppi e vicino al fuoco in una pentola dighisa sopra un treppiede sta cuocendo qualcosa; su una panca, nella penombra, stanno seduti due vecchi che al nostro arrivo si alzano e salutano. Hanno riconosciuto dalla voce padre Fontes e lo festeggiano con rispetto. Invitano il «signor padre- e noi a sederci sulla panca. Padre Fontes accosta uno sgabello c allunga le gambe per asciu¬ garsi le ■ scarpe infangate.'' Parliamo accanto al fuoco. Il guaritore ci spiega alcuni casi e le erbe per curarli. Al professore Mea, che dopo aver smesso di fumare ha problemi di digestione e di. appetito, dice di mangiare molto lentamente e di masticare molto; a me, per regolare il battito cardiaco, dice di bere the di altea, e per invecchiare in salute di mangiare poco e di bere un paio di volte al giorno infusi con foglie di salvia. '. Padre Fontes invita il vecchio a raccontarci di come ha guarito le ragazze con la malattia della pelle. «Ho fat-. to una'preghiera, dice, e poi ho messo del buon vino in un vaso di terra. Ho fatto arroventare un ferro sul fuoco fino a farlo diventare bianco e poi ho messo questo ferro incandescente dentro al vino. Ho poi detto alle ragazze ammalate di lebbra di bagnarsi il corpo un paio di volte al giorno con questo vino. Migliorarono ma non guarirono. Allora ho detto loro: dopo che vi siete bagnate con il vino dove ho spento il ferro avvolgetevi nel lenzuolo dove è stata messa a lievitare la pasta del pane. Hanno fatto cosi e sono guarite. Questo lo han-. no visto anche i signori professori». Padre Fontes si asciuga V umidità al calore del fuoco e i suoi occhi ridono divertiti; poi ci spiega che il guaritore ha i figli emigrati per il mondo e che l'altro uomo che ■vìve qui nella vecchia casa è suo fratello. Dai paesi intorno vengono a chiedere erbe medicinali e consigli ma per queste prestazioni non chiede denari: accetta qualche uovo, un fiasco di vino, un pezzo di ■formaggio, un vaso di miele. Ci alziamo in piedi e la parte superiore del corpo ritorna nell'ombra; i due ci conducono in una stanza fredda e buia, appena rischiarata da una lampadina elettrica di pochi watt che pende da un filo; sul pavimento vediamo cipolle, aglio, patate, mele cotogne, fichi secchi; dalle pareti e dal soffitto pendono mazzi di erbe, di radici, di foglie e di fiori secchi: medicine per decotti e infusi.. , Riconosco molte di queste erbe perché qualche volta le uso anch'io, ma alcune non riesco a determinarle: un po' per il buio della stanza ma anche perché tipiche di questa zona che, benché montagnosa, è molto piti mite della mia e certo risente direttamente dell'aria dell'Atlantico e delle piogge che raggiungono i tremila millimetri annui. Alla mia curiosità mi rispondono con dei nomi strani che non trovano collegamento con la sistematica e il nome scientifico non me lo sanno dire. Ci rinuncio; e loro ci accompagnano fino sulla porta dove del gradini di pietra scendono sulla strada. Salutiamo anche padre Antonio Lourenco Fontes; gli dico anche òhe qualche volta lo penserò in questo suo remoto Vlllar do Perdizes perché è come se tenesse acceso un fuoco, un Forno do Povo, per i viandanti del pensiero. ' Riprendiamo la strada verso la città lontana, Oporto, dove ci sono vetrine, alberghi, cinematografi, librerie, ristoranti: tutte cose di cui avevo perso anche il ricordo perché sono bastati due giorni trascorsi in un mondo così unico per far dimenticare queste cose. Passato Montalegre troveremo la strada asfaltata e in due o tre ore saremo in albergo. Ma fatti pochi chilometri saremo fermati da un segnale luminoso nel centro delta strada: sono le guardie che aspettano i contrabbandieri, e dòpo aver .dato uno sguardo ai nòstri volti ci augurano un buon .viaggio. ' Forse è sbagliato chiamare Estremadura, come riporta la guida del Tei, quella parte del territorio portoghese tra Lisbona e l'Algarve, per i portoghesi questo territorio che nel Mille era occupato dagli Arabi si chiama Alente jo; ancora molte sono le tracce che gli Arabi hanno lasciato e Serra d'Arrabida è certamente un loro toponimo. Dopo tanta pioggia e aver visto alla sera l'Atlantico infuriato scaraventare onde gigantesche e grigie contro le navi che tentavano di entrare nei porti, arrivare qui in un mattino di sole e con V oceano tranquillo e liscio, sembra di avere cambiato paese e stagione. E invece no: alla fine d'autunno qui è ancora possibile mangiare all'aperto, sulla spiaggia, delle saporite sogliole e squisiti crostacei mentre i gabbiani vengono a curiosare a volo planato sopra la tua testa e un pescatore esce con la sua barca remando a torso nudo. Le alture che ci stanno alle spalle sono per legge -parco naturale protetto' e nessuna costruzione di seconde case o di alberghi disturba un mirabile paesaggio. Precipitano ripide sull'Atlantico e sono coperte da una fitta vegetazione di arbusti (forse un tempo erano cosi le coste della Riviera ligure o dell'Amalfitano); i lentischi, i lauri, i mirti, i ginepri e infinite erbe: aromatiche profumano l'aria che senti pura e vitale. A' prendere queste erbe e a strofinarle tra le mani si sprigiona un balsamo che rinfranca i polmoni: questi profumi e questo oceano sono da catturare nella memoria per poi rievocarli nel mio lungo inverno. Penso anche che da questi porti volti verso l'ignoto cinque secoli fa partivano i marinai piti arditi d'Europa, come Enrico il Navigatore che per primo si inoltrò negli oceani al principio del millequattrocento, o Vasco da Oama che doppiò l'Africa, o Ferdinando Magellano che, anche per primo, «buscò 1' oriente navigando a occidente». Questo è il Portogallo, terra povera d'Europa ma a citi tanto dobbiamo, e per rendercene conto basterebbe visitare il Museu da Marinha di Lisbona. Ora si parla ài accoglierlo nel Mec ma molti intellettuali di qui, con cui ho trascorso alcune serate; temono che il loro Paese diventi un vivaio di eucalipti con fabbriche per trasformare questi in pasta di cellulosa, o per impianti di lavorazioni chimiche che l'Europa del benessere rifiuta perché inquinanti, o magari sia spinto con finanziamenti che lo indebiterebbero più. di quello che potrebbe sopportare. Ma questo non si vorrebbe nemmeno noi. Mario Rigoni Stern

Persone citate: Antonio Lourenco, Ferdinando Magellano, Mario Rigoni Stern