Il popolo della fame ora assedia Makallé

Il popolo della fame ora assedia Makallé Il nostro inviato sull'altopiano settentrionale dell'Etiopia Il popolo della fame ora assedia Makallé Ottantamila profughi aspettano un aiuto o la morte - Gelo di notte, caldo soffocante di ; giorno: le tendopoli sono poche, le condizioni igieniche disperate - Ponte aereo italiano DAL NOSTRO INVIATO MAKALLE' — Questo nome di vecchie memorie d' Africa, Makallé, oggi è una città assediata. Un esercito di morti viventi le sta addosso immobile, la soffoca nella sua misera puzza di corpi perduti a una dignità umana. Makallé aveva 30 mila abitanti, è un villaggio di case di pietra con stradine piatte, asfaltate al tempo degl'italiani. Ora 80 mila scheletrì malati di fame stanno accucciati a terra tuW attorno, e aspettano. Per ognuno che c'è dentro la città ce ne sono almeno altri due fuori, e per ogni boccone che dentro la città uno manda giù, fuori ci sono altri due che se ne contendono il rumore e il diritto di saziarsi solo con quello. Sono venuto su questa spia-' nata quando il coprifuoco'' viene levato, poco prima dell' alba. Sull'altopiano il cielo ancora nero mostra uno spicchio gelido di luna. Siamo a 2600 metri, l'aria è tersa, c'è un vento ghiacciato che si burla del mio cappotto. Alberi, pietre, terra, respiri, tutto è immobile. E il profilo dei corpi rannicchiati disegna una mostruosa foresta di piccole statue senza occhi e sema bocca. Se davvero sento qualcosa, questo è solo il rumore dei denti che battono per il gelo. La terra è una latrina aperta, dovunque. Qui st vive solo per defecare, una povera diarrea sanguinolenta die solo la morte fa finire. Ma il gelo della notte che sta filando via veloce ha congelato l'aria e i corpi, e non ci sono odori. La puzza viene dopo, lenta, col giorno e col sole. E diventa padrona dell'aria, appesta, riempie i polmoni. La notte qui ci sono 2 o 3 gradi, come dentro un gigantesco frigorifero che veglia immobile 80 mila pezzi di carne vivente. L'arrivo dell'alba è portato dai corvi che gracchiano, all' improvviso, e dagli avvoltoi che si alzano in giri concentrici, lenti, dentro il vento. Ci sono quasi due ore dalla prima luce del mattinoai levarsi del sole dietro le cime del Ghevà e del Gabàt. Due ore sono un'eternità, eppure in tutto questo tempo non uno si muove da terra. Non uno parla o respira. Congelati dal freddo della notte, sorpresi forse d'essere ancora vivi, i dannati della fame non lutano forza per aprire le ossa e muovere t brandelli-di carne die vi sono ancora attaccati. Aspettano il calore. La fame tormenta l'Africa. Trentaclnque. milioni, soprattutto bambini, stanno morendo. Centocinquanta milioni, dal Salici di terra bruciata alla frontiera umida delle giungle, dall'Atlantico della Mauritania al Mar Rosso dell' Etiopia, rischiano un altro anno di carestia. La strage avanza come le maledizioni divine della Bibbia. Qui a Makallé l'esercito dei dannati è arrivato da ogni parte. C'è gente che ha vìag- ■ giato per mesi interi. Famiglie partite in blocco, genitori, nonni, figli, hanno lasciato lungo la strada i più deboli, uno alla volta. Il mio taccui- Mimmo Candito ' (Continua a pagina 2 In quinta colonna) Addis Abeba, 11 senatore Edward Kennedy nel campo profughi di Bali (Telefoto Associated Press)

Persone citate: Edward Kennedy, Mimmo Candito

Luoghi citati: Addis Abeba, Africa, Etiopia, Mauritania