Cartagine nel vento dell'Islam di Alfredo Venturi

Cartagine nel vento dell'Islam LA NUOVA TUNISIA TRA TURISMO, TV E RISVEGLIO RELIGIOSO Cartagine nel vento dell'Islam Sulle superbe rovine puniche e romane cresce e si rinnova la città-simbolo del Paese che cambia - All'invasione di visitatori occidentali e di programmi televisivi italiani corrisponde, per reazione, un ritorno all'Islam - S'invoca sotto i minareti una rivoluzione culturale; si rivedono i costumi tradizionali, compreso il velo femminile - Ma sull'identità araba prevale lo spirito mediterraneo dal nostro inviato CARTAGINE — Non delenda, sed servando Carlliago. Non va distrutta Cartagine, va conservata. L'elegante aggiornamento della maledizione antica è attribuito a Cliedly Klibi: die non poteva dire altrimenti, visto che ha retto come sindaco questa città fatale. In realtà qualcosa da distruggere ci sarebbe ancora, da queste parli, sia pure per ragioni del tutto diverse da quelle che ispirarono Catone il Censore. Che cosa ci fa per esempio quel quartiere di ville con giardini sulla collina di Giunone, fra l'acropoli su cui gli ultimi cartaginesi assediati resistettero fino alla morte, e il grande teatro costruito dai conquistatori romani un secolo e messo più tardi? E in piena acropoli, che dire di quella gran chiesa cristiana dominante su tutte le prospettive che si vorrebbero puniche, o almeno romane? Per non parlare degli insediamenti densi attorno ai porti punici, dove trasmette un brivido di emozione uno specchio d'acqua circolare, con un isolotto al centro: il porto militare, il fulcro della polensa navale cartaginese.' Nell'isolotto erano i comandi, di cui una missione archeologica americana sta frugando i resti. Fra il rifugio delle flotte da guerra che sfidarono Roma e il grande porto commerciale, ormai ridotto a una laguna poco profonda, c'è la tomba di un marabutto, con la sua cupola, bianca che spicca fra i toni, di verde dell'acqua e dei\ giardini. Altro proliferare dt verdeggiante edilisia poco più oltre, a Salqmmbó: dove sono i resti del terribile santuario sacro alla dea Tanit e al dio Baal Hammon die i fondatori di Cartagine si erano portati dall'Oriente. E' qui che le crudeli'divinità dell'olimi-, po punico venivano onorate con il sacrificio, del bambini, immolati nel fuoco a migliaia. Da Salammbó ai porti punici, dall'acropoli alle Insulae dell'ordinata urbanistica imperlale: sono chilometri quadrati di straordinaria archeologìa inframmessala da una ridente città-giardino. Sono davvero piacevoli i quartieri che si estendono sulle ceneri della città di Bidone. Ma certo questo riciclaggio urbano non favorisce la ricerca archeologica. Non c'è dubbio: per conservare davvero Cartagine, secondo l'auspicio del sindaco die aggiorna Catone, bisognerebbe cominciare con il distruggerla. Se non fosse die proprio nella doppia sovrapposizione, la moderna città tunisina sulla vecchia città romana e sull'antica città punica, si esprime con eloquente efficacia il senso profondo di questa terra. Non è cerfo per caso che il palasso presidenslale, dove il vecchio Habib Bourguiba assiste impassibile al decennale dibattito attorno alla sua successione, si trova proprio qui, a Cartagine, sulla riva del mare a pochi passi dalle terme di Antonino, uno dei più grandiosi fra i monumenti della città romana. Né per caso al presidente a vita, nello stile di un'agiografia sensa pudori, viene assegnata una genealogia ideale die risale al cartaginese Annibale, al cartaginese .Tertulliano. Per cui accanto alla Cartagine punica distrutta dai romani, e alla Cartagine romana distrutta dai vandali, reclama legittimità storica questa Cartagine tunisina che nessuno ha intensione di distruggere, che si sappia: a parte i desideri repressi degli archeologi ostacolati da un presente troppo ingombrante. L'esuberante passato di questojpaese è in fondo anche il limite della sua identità araba. Qualcosa del genere si registra ancìie in ■ Egitto: paese dalle tre culture in cui la cultura più recente l'arabo-islamica, non può ignorare le due grandi tradizioni, la faraonica e la greco-copta. Sono quelle a riempire di sé i musei del Cairo: cosi come a Tunisi il museo nasionale del Bardo si impone all'ammirazione, soprattutto per la sua magnifica collesione di mosaici romani. Non sorprende, dopo essere saliti al Bardo o alle colline di Cartagine, il fatto che Bourguiba ha sempre sotto- lineato, piuttosto che larabicità della Tunisia, la sua mediterraneità: carattere che accomuna tutte le sponde di questo mare, compresa l'europea. Mediterraneità che è vispamente ovvia, del resto, ajfhe,senza scomodare.l'arar dieoloàla: basti ^pensare ' tv quel quartiere di La Goulet-, te, l'avamporto di Tunisi, che si chiama Piccola Sicilia, o alla grazia andalusa di quel posto di favola die è, più avanti verso La Marsa, il villaggio costiero di Sidi Bou Said. Nella sua insistenza Jr sull'identità mediterranea il tunisino Bourguiba si accosta al senegalese Senghor, e alla teoria del melicclato culturale, della sintesi euroafricana. Come spesso accade questa Jrvis/o|e intellettuale, caratteristica della borghesia tunisina colla, è stata insieme effetto e causa di uni Visione politica. Negli anni delle lotte per l'indipendenza, e nei primi anni dopo la conquista della piena sovranità, all'ottica bourguibiana, con il suo accento sulla specificità tu¬ nisina e sulle antenne puntate in ogni direzione, Europa e Occidente compresi, si contrappose la visione impersonata da Salah Ben Youssef. Visione radicale, imperniata sulla solidarietà fra arabi, dunque panarabista: in una parola nasseriana.-r. i cimili (Uair.'Kn Scomparso Ben-Youssef in un mortale attentato, e scomparso Nasser, l'opzione panarabista è rimasta marginale in Tunisia, assumendo i caratteri di fiancheggiamento della predicazione fu¬ sionista di Gheddafi: il colonnello libico che infata considera se stesso l'erede spirituale e politico del primo Raiss egiziano. Ma infanto uno nuova invasione, l'invasione dei turisti occidentali, ha portato nel paese il se-, gno di culture non poi tanto estranee, se è vero che si riconoscono nelle stesse radici che affiorano dagli scavi archeologici. D'altra parte proprio il turismo ha contribuito a determinare anche qui, per contrasto di costumi, quel risveglio religioso che sta scuotendo da anni l'intero mondo islamico. Il turismo, e un altro contatto per molti versi traumatico: le immagini e i suoni che vengono dall'Italia sulle onde del primo canale televisivo Rai. Questa irruzione elettronica dal contraccolpi insondabili presto investirà, oltre la capitale e la parte settentrionale del Paese, Unterà Tunisia fino al Sud sahariano, alle città dell'interno. Fra queste città è Kairouan, luogo santo dell' Islam, con la grande moschea in cui sono custoditi tre peli della barba del Profeta. E' di qui che parte il malumore fondamentalista, è qui che guardano quei giovani che a migliaia, soprattutto studenti, aderiscono al Movimento della tendenza islamica e lanciano, fra le inquietudini politiche di Tunisi, le parole d'ordine del ritorno alla tradizione, del rifiuto dei valori occidentali in nome di una riscoperta iden' tità arabo-inusulmana. ; Il movimento probabil• mente non avrà quegli sbocchi politici che qualcuno prevede, o teme. Bisogna ricordare che la religione praticata in Tunisia è rigorosamente sunnita. Manca dunque di quella struttura verticistica, tipica dell'eterodossia sciita, che concentra . negli imam, come, ■ si Avvisto nelle vicende iraniane, un impressionante potere, di,mobilitazione popolare, • E del resto dò che sinvoca sotto i minareti di Kalrouan è una rivoluzione culturale, non una rivoluzione politica. E' vero che la distineione fra Dio e Cesare è tradizional-. mente sfumata, dalle parti dell'Islam. L'invocazione dei rigoristi musulmani, del resto, non è priva di echi. Da qualche anno si sono rivisti, in Tunisia, i costumi tradizionali, compreso il velo femminile. La liberazione della donna, a giusto titolo un vanto di questo Paese, non viene più sbandierata come una volta. Insomma, la Mezzaluna è alla riscossa anche in Tunisia. Ma le ragioni che abbiamo visto rappresentano il limite di questa riscossa. Nonostante i brontola dei teologi di Kairouan, questo Paese continua a produrre e ingurgitare notevoli quantità di vino. E perfino di boukha, un'eccellente acquavite di fichi. Qualche giorno fa un uomo, che pazzo di gelosia ha ucciso la moglie adultera, è stato condannato a morte. A differenza dì certi complessati vicini, i tunisini non ci pensano nemmeno a imporre l'uso della lingua araba, anzi esibiscono con orgoglio la diffusa conoscenza del francese, e perfino quel po' d'italiano appreso, ahimè, dai caroselli televisivi e da Domenica in. Con'questa sua composita identità culturale, la Tunisia si prepara a un appuntamento storico ormai non lontano, la successione di Habib Bourguiba. Poiché costui, il Combattente supremo da tempo trasformato nel monumento di se stesso, è uno degli elementi di questa identità, nel senso che ha trainato la coscienza nazionale verso il principio della specificità, c'è chi prevede che la scomparsa di questo elemento turberà l'equilibrio di oggi. Può essere: dipenderà dai modi della transizione. Ma come appare evidente proprio qui, fra le superbe rovine di Cartagine romana, fra.i pochi draMmatid resti di Cartagine punica, è stato precisamente. un succedersi di transizioni, uno stratificarsi di passati, a rendere unico al mondo nel carattere e nella cultura questo lembo d'Africa proiettato verso V Europa. Alfredo Venturi Cartagine. Una statua romana nella zona delle ville. Sullo sfondo la residenza di Bourguiba