L'oro dei bambini di Masolino D'amico

L'oro dei bambini TRADOTTO UN CAPOLAVORO PELIMI L'oro dei bambini . Come insegna Lawrence Stone (Famiglia, sesso e matrimonio, in Inghilterra tra Gnque e Ottocento, Einaudi 1983), i bambini inglesi nei secoli vennero picchiati, poi — quando i,postumi si mitigarono — soprattutto spaventati, sempre allo scopo di istradarli sul cammino verso la maturità. In tempi vittoriani si tentò, cosa a pensarci ancora più mostruosa delle precedenti, di impedirgli di essere bambini. ' Durante il secolo scorso sembra che l'infanzia sia slata Ufficialmente considerata come una sorta di incresciosa malattia, da superare il più rapidamente possibile. I bambini vennero perciò trattati come adulti: vestiti in maniera scomoda e ingombrante, addestrati a rispettare etichette per foro incomprensibili, esortati àd ammirare virtù che la limitatezza del loro raggio di azione non gli consentiva di emulare. In quale periodo storico i bambini se la siano passata meglio, non si sa; sarebbe arduo anche stabilire quale sistema abbia prodotto gli adulti frfigliori. Si sa invece che in nessuna epoca come in quella vittoriana i bambini, una volta adulti, e una volta scelta la professione di scrittore, si sono voltati indietro a cercare dir decifrare il mistero della propria infanzia (vedi John Ruskin in Praeterita), spesso descrivendo infelicità spaventose (vedi Edmund Gosse, vedi Samuel Butler). In nessuna epoca come in quella vittoriana, inoltre, è stato così frequente né così indicativo il caso dello scrittore adulto che, trasgredendo, si rivolge ai bambini col tentativo di penetrare nel loro mondo fantastico da complice e non da precettore. Quando ciò avviene, suona quasi come un atto di sfida nei confronti dell' ordine costituito (vedi Charles Kingsley, George Macdonald, Lewis Carroll). • ■ Per non parlare, infine, dello .scrittore che approfitta, di tale qualifica, o che addirittura tale «palifica acquista, onde tòrnumcHfe al monflò 'di'-non essere in realtà stato domato; di essere ancora, o di voler ancora essere, quel bambino che jaJSócieta a suo tempo aveva tentato di stroncare. Qui 1' esempio internazionalmente più famoso è quello di James Barrie, creatore di Peter Pan, il mitico fanciullo che non vuole diventare grande. Neanche Barrie avrebbe voluto diventare grande; per esempio, nella vita privata egli ebbe I sempre orrore del sesso, come prima di lui Ruskin e il reverendo C L. Dodgson alias Lewis Carroll, i quali entrambi amarono castamente ma svisceratamente le bambine — anzi, per un certo periodo, addirittura la stessa bambina: Alice Liddell — purché fossero nell'età impubere. - Ed eccoci oggi al caso di Kenneth Grahamc (18591932), alto funzionario della Banca d'Inghilterra e gran beniamino dei bambini anglosassoni grazie alla creazione di Winnie the Pooh, l'orsacchiotto protagonista del Vento nei salici (quello che entra nella tana e poi non riesce più a uscire da quanto è ingrassato ne! frattempo): un libro popolarissimo uscito nel 1908, quando l'autore aveva già da tempo alle spalle il suo capo d'opera, queli'£/<? d'oro (1895) di cui dobbiamo salutare la prima e ottima traduzione italiana di Adriana Motti per Adelphi (pagg. 174, lire 18.000). Difficile trovare notizie atto'Età d'oro sulle storie della letteratura: è infatti per i britannici uno di quei libri che tutti hanno letto e amato da ragazzi, e di cui pertanto da adulti si ha ritegno a parlare. Cronaca di una fanciullezza passata in campagna, parla an che ai nostalgici del bel paesaggio inglese; molti lo ricordano, ancora, per le stupende illustrazioni di Maxficld Parrish che lo complementano (quando sopra ho detto di quei vittoriani che diventarono scrittori per conservare ia lucidità e la grazia del loro sguardo di fanciulli, avrei dovuto' accennare anche a coloro che dallo stesso stimolo furono, spinti a diventare artisti fi gurativi, a Ctane, a Rickétts, a Shannon, a Furniss, a Rackham, e a Maxficld Parrish). Non si pensi però alla ciambella col buco di un autore per hobby. Grahamc è un artista consumato, in partico- lare, una vecchia volpe ncll' uso di quell'inglesissimo (e vittorianissimo) grimaldello delle idee ricevute che è il paradosso. La nota costante- dei suoi diciassette brevi capitoli staccati più un prologo è infatti la maliziosa «assurdità» di presentare il mondo dei bambini e delle loro fantasie come se fosse il mondo vero, e l'altro, quello degli adulti — o «Olimpi» — come un incomprensibile, grigio surrogato contro cui bisogna perennemente lottare. Nell'operazione l'ex bambino Grahame non cela lealmente il sospetto di appartenere ormai anche lui all'incongrua razza dei grandi; ma perlomeno dimostra di non aver dimendicato il giudizio sconsolato che di costoro dava una volta con i suoi fratellini.«Avrebbero potuto sguazzare tutto il giorno ne/lo stagno, inseguire i polli, arrampicarsi sugli alberi coi più impeccabili vestiti della festa; erano liberi dì comprare polvere pirica alla luce del sole, di sparare palle di cannone e di far esplodere mine sul prato: ma non se lo sognavano nemmeno. La domenica, nessuna Forza irresistibile li trascinava in chiesa, eppure ci andavano regolarmente e di loro spontanea volontà, anche se quell'esperienza non pareva piacergli più che a noi... «Mai che mettessero piede nel!' abetaia o nel boschetto di noccioli, e nemmeno si immaginavano le meraviglie che vi erano nascoste... Quel posto brulicava di prodigi, ma loro non si accorgevano degli indiani e se ne infischiavano altamente dei bisonti e dei pirati... Non si prendevano la briga di cercare le grotte dei predoni, ni di scavare per disseppellire tesori nascosti». Di tanto in tanto, un «Olimpio» più comprensivo c'è: il curato, sempre pronto a condividere i giochi dei ragazzi; uno zio che ha il buon gusto di levarsi presto dai piedi lasciando in propria vece delle monetine d'argento; un pittore che capisce l'importanza delle città immaginarie. L'età d'oro non è tuttavia' un libro che conta per la descrizione dei rapporti dei bambini con gli adulti. Conta per la descrizione della totale indipendenza dei bambini dagli adulti; per la concretezza dell' universo abitato dai bambini. Raccontate nell'ottica dei bambini, piccole avventure e scorribande diventano grandi epopee; la gita lungo un fiumicelio non è inferiore alla spedizione degli Argonauti. La scoperta dentro un cassetto segreto del tesoro dimenticato da un bambino ignoto — «un elenco di uova dì uccelli, coi nomi dei posti dove erano state trovate. E poi il muso di un furetto, una corda catramata...» — diventa come il messaggio da un'altra galassia. Naturalmente, L'età d'oro non è un libro per bambini. Non è neanche un libro allegro. La britannica determinazione dell'autore di rivisitare il passato con umorismo, sorridendone, è ammirevole come ricetta per esorcizzare ogni tentazione di sentimentalismo. Ma malgrado il tono sereno e la levità degli episodi, c'è un fondo di malinconia, che le illustrazioni catturano in pieno, talvolta addirittura straziante. E' comunque un libro che dovremmo leggere tutti, particolarmente, vorrei dire, ora, in clima di incombenti festività. Non tanto per ricordare come eravamo da bambini (ormai è andata), quanto per trarne stimolo a comportarci con i bambini di oggi in modo un poco più giusto. Masolino d'Amico

Luoghi citati: Gnque, Inghilterra