Ma Goldoni è come Mozart?

Ma Goldoni è come Mozart? «Il campiello» all'Alfieri con la regia di Sandro Sequi Ma Goldoni è come Mozart? Uno spettacolo fuori dal realismo ben interpretato da Rigillo, Edda Albertini e Ave Ninchi TORINO — Dal Teatro Romano di Verona, dove venne allestito alla fine del luglio scorso, approda all'Alfieri, prodotto da Vcnetoteatro. Il campiello di Goldoni, regia di Sandro Sequi: e vi incontra il più spassoso e festoso esito, in un dima di complicità e tenerezza propriamente goldoniane. Al cronista teatrale spiace, e certo non se ne fa un puntiglio, di non potersi accordare a un cosi corale consenso se sente di dover scrivere che questo é uno spettacolo di casta, essenziale eleganza, accortamente diretto, ben recitato (nella media, almeno, degli interpreti): ma che poco o nulla ha a che fare con la densa, amara misura di realismo di questo capolavoro «popolare» goldoniano. A far oggi l'elogio di quanti, registi e studiosi, ci hanno fatto scoprire negli ultimi trent'anni la lucidità e la profondità dello sguardo critico di Goldoni sulla società e la storia veneziana del suo tempo, e sulla vita del «terzo stato» in particolare (e penso a Visconti, Strchler, Squarzina, Missiroli e a un Dazzi, a un Baratto), si rischia di passar per vecchiotti e per rétro; io penso, sommessamente e con tutto il rispetto, che quella di Sequi sia una regia rétro: clic ci riporta, non a caso, a quelle idee di «commcdia-ballet-to». di «teatro come orchestrazione», di «squisita sensibilità musicale» goldoniana che furono la malriposta eredità di un Croce (sordissimo a Goldoni) nei suoi nipotini e zelatori. Nello spettacolo di Sequi Venezia non c'è affatto (non c'era neanche nei suoi Pettegolezzi delle donne): non c'è. voglio dire, il tanfo e l'umido, l'indigenza e la stizza di quella piazzetta in un sestiere po- vero sul morire di un magro febbraio carnevalesco: ma ci son quattro parallelepipedi a due piani, bianchi di candidissimo tulle, volti appena verso un rettangolo che vuol essere locanda e ribalta, luogo della socialità e della finzione ad un tempo. Ma di socialità non ve n'è punta, in codesto spettacolo, e di finzione, in compenso, anche troppa: e snatura del tutto gli alterchi, le baruffe, le risse di quel piccolo mondo: che certo resiste all'esistenza difficile in forza di una sua infantile vitalità, di un suo ingenuo ottimismo: ma è fatto dentro d'una pa- sta ben più spessa e greve di quanto ci possa suggerire, nel suo insinuante riproporsi, il pur bellissimo Rondò K. 382 di Mozart. Credevamo, insomma, d'essere capitati tra le altane di un «campo., di povera gente, tra vedove che stentano il lunario, tra ragazze che sognano un marito per far con quattro braccia meno magra la fòla, la tavola: e siamo, invece, finiti nel salotto,buono, tra duo, trii, quartetti di svelto brio, di astratta levità: e gli scontri a colpi di bastone e pugnale tra quel par di giovanotti di stolida ignoranza (che qui sembrano poco convinti d'esser tali) non ci danno mai il brivido d'una qualche primitiva ferocia: e una goffa sbronza collettiva ha la torpida compunzione di un dopopranzo ai Lyons o tra dame patronesse, Certo gli attori sono assai valenti. Lo è soprattutto Mariano Rigillo. che mette benissimo a profitto la sua inconfessabile indifferenza al progetto (lui che sogna, cocciuto, i suoi Viviani) in un cavaller Astolfi napolitano di malinconico straniamento, disincantato e saggio nella sua logora fatuità. Lo sono Edda Albertini e Ave Ninchi, una Pasqua dalla protettività affettuosa e una Catte gustosamente protesa dietro alla sua perduta giovinezza: e, tra le giovani, due attrici che ho rivisto con molta simpatia, Laura Fo, una Gasparina tutta scatti e fremiti in punta di sibilanti, e una Michela Martini, che per grinta potrebbe fare (e già qui l'abbozza) un'aspra Lucietta nell'altro Campiello, in quello che mi sogno io. Delle accoglienze fervidissime s'è già detto. Si replica sino al 23 dicembre. ; Guido Da vico Bonino Ave Ninchi in ima scena dello spettacolo di Sequi

Luoghi citati: Torino, Venezia, Verona