Lucchini: non ci ritiriamo ma l'impianto costa troppo

Lucchini: non ci ritiriamo ma rimpianto costa troppo Lucchini: non ci ritiriamo ma rimpianto costa troppo TORINO — «/ costi di Cornigliano sono superiori ai nostri e tali da non lasciar prevedere un utile neppure a distanza di anni»: così Lucchini a spiegato ieri il perché del no dei privati all'ingresso nello stabilimento siderurgico ligure. Il presidente della Confindustria era a Torino per intervenire al consiglio direttivo dell'Unione Industriale, aperto da Giuseppe Pichetto che ha illustrato la situazione locale. Al termine ha chiarito il suo punto di vista. «Non ci ritiriamo — ha affermato Lucchini — ma semplicemente non accettiamo l'ipotesi di contratto che ci è stata presentata. Il costo dello stabilimento fa saltare il conto economico, ed è nostro dovere avvertire gli interessati che, in base ad un articolo del protocollo di intenti firmato alcuni mesi fa, non siamo in grado di accettare la propostar,. Ed ha aggiunto: «// costo dell'impianto è di 350 miliardi, cui ne vanno aggiunti 70 per l'acquisto di nuove 7>iacchine e altri 150 per rimettere in funzione l'impianto degradato. A tutto questo va sommata la cifra di 150 miliardi di capitale: i conti non tornano. Non so quale sarà il futuro delle trattative, può darsi che le Partecipazioni statali accettino di fare quello che non abbiamo accettato noi, ma i privati non possono addossarsi l'onere di gestire un impianto In perdita». Nel contempo il presidente degli industriali ha evitato di attaccare l'industria pubblica: 'Da qualche tempo ci sono persone (Prodi, Reviglio e Sandfl) die trattano i soldi dello - Stato come se fossero i loro e portano le aziende a fare il loro mestiere, a fare utili». Lucchini ha anche smentito che alla base del no a Cornigliano ci siano dei dissensi nella cordata degli industriali: «E' una storia die io àbbiajavver'sato Regis; con Leali sono in società da anni». Lucchini ha poi chiarito la posizione degli industriali a proposito del referendum del pel sui punti di scala mobile: «E' un referendum *: inimmaginabile, nel caso fosse fatto e dovessimo perderlo si porrebbe una mina ai'risultati rag¬ giunti nell'84 e si comprometterebbero le possibilità di sviluppo nell'85. A questo punto toccherebbe allo Stato intervenire per evitare al Paese di salire sulla barca che va verso il Terzo Mondo. Vogliamo evitare il referendum? Trattiamo allora — ha aggiunto —: alcuni esponenti del pei mi hanno detto, sia pure informalmente e privatamente, cìie il referendum è stato promosso per spingere le parti ad un accordo. Noi abbiamo evitato di disdire la scala mobile per non precludere la possibilità di trattative, e loro mi impongono un referendum in cui il politico entra nei rapporti tra le parti sociali». Dal presidente degli industriali è venuta comunque una mano tesa al sindacato. In precedenza, durante il consiglio dell'Unione Industriale, aveva duramente attaccato il pei come -il. maggior responsabile» del mancato dialogo tra sindacati e industriali: «// disagio che si avverte in gran parte del mondo sindacale discende dall'azione comunista — aveva detto r—, dobbiamo sollecitare l'emergere di volontà sindacali disponibili al confronto e al dialogo con noi». Lucchini non ha neppure escluso la disdetta della scala mobile entro giugno, ma ha anche affermato che farà di tutto perché si trovi invece un accordo Paolo Giovanelli Luigi Lucchini

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