Le lettere della domenica

Le lettere della domenica Le lettere della domenica Questo fisco ci dissangua " Ho letto l'articolo di Simonetta Conti «Sopravvissuti con mille rinunce» e credo che, come me, non si siano meravigliati tanti lettori che combattono quotidianamente la battaglia del carovita, cercando di far bastare gli introiti sempre più esigui. Il fatto è che gli introiti non sarebbero cosi esigui per tutti noi se lo Stato, e per esso il fisco, non avesse una mano talmente pesante da far impallidire un gigante. Il compenso lordo di ogni lavoratore dipendente (che è •per intero ciò che il datore di lavoro paga) è decurtato di 300/400 mila lire ogni mese per Irpef, Inps, con 1 conguagli di fine anno che tutti conosciamo. - L'utile tassabile delle aziende sacrifica al fisco il •51% tra Irpeg e Ilor se si tratta di società, non meno del 40% se ditte individuali. Artigiani e commercianti finora -si sono difesi, nella riprovazione generale, senza tener conto che quando non lavorano non guadagnano, se si fanno sostituire pagano di tasca propria, e vanno in pensione con cifre irrisorie. Se hanno dipendenti non possono rivalersi su di essi quando sbagliano, distruggono o fanno perdere i clienti. Carla Caimo Roseto degli Abruzzi L'Italia diversa delle retribuzioni Il presidente degli Stati Uniti d'America ha rinuncia to al 10% del proprio stipendio per dimostrare al popolo la sua solidarietà nel combattere l'Inflazione. Ma è ovvio supporre che gli Stati Uniti debbano versare In cattive acque poiché l'Italia, nazione invece ricca e senza problemi, può permettersi di elargire ai proprli parlamentari un aumento netto dello stipendio di L 930.000, aumento che porta le loro retribuzioni all'importo mensile di li 4.400.000. E splace dover constatare che, In questa Italia, cosi munifica con certuni, si trovino anche altri che lottano quoti' dlanamente con l'Indigenza, coesistano degli anziani con pensioni che permettono solo la sopravvivenza. Ogni richiesta sollevata da questi «paria» provoca in Parlamento tensioni, ripicche, baruffe (non si sa se veramente vissute o artatamente provocate nell'intento di lasciar trascorrere i mesi e gli anni in un accorto immobilismo) mentre gli anziani diventano «più» anziani, le loro aspirazioni si fanno più deboli e insicure e il fatalismo induce alla rassegnazione. Ma ecco che, con un rapido quanto inconsueto sussulto di vitalità, tutti i parlamentari sono concordi nel «consentire» che il loro stipendio venga aumentato, con decorrenza immediata, lasciando al popolo la speranza che questo brioso guizzo di solidarietà sia foriero di veloci e positivi accordi anche su altre vertenze. Ferruccio Bertolotto, Torino La Cineteca era Nazionale La notizia che La Stampa, riprendendo come altri quotidiani una nota dell'Agenzia Ansa, ha pubblicato l'H dicembre («A Pechino 40 film italiani») contiene una inesattezza. L'ampia rassegna — la prima che abbia luogo nella Repubblica Popolare cinese e comprendente anche una mostra di manifesti e fotografie —, non è stata organizzata dalla Cineteca Italiana, istituzione privata operante a Milano, bensì dalla Cineteca Nazionale, che ha sede a Roma presso il Centro sperimentale di cinematografia. Guido Cincotti Conservatore della Cineteca Nazionale, Roma Tranquilli, Sindona non parlerà Come cittadino della Repubblica italiana, che ho sempre considerata, almeno, fondata sull'onesto lavoro, mi domando: perché da parte dell'autorità si spendono decine e decine di milioni per la custodia dell'avvocatuccio di Patti, anche se negli Anni 60 salvò la nostra lira? Poi perché riporre tante speranze su quanto, oltre a quello già detto, eventual mente dirà per dipanare la matassa: mafia, massoneria, terrorismo? State più che tranquilli signori miei, che il maestro, il capostipite dell'Intrallazzo non parlerà perché l'ordine che è arrivato dall'alto è: •Taci il nemico ci ascolta». Luigi Manunza, Cagliari Adesso basta con la vivisezione Sulle «Lettere della Domenica» del 25 novembre è stato riservato ampio spazio ad un docente universitario di Fisiologia che difende la vivisezione. E' sempre sconfortante, per quanti hanno fatto della filosofia del «Rispetto per la vita» del dottor Schweitzer la propria filosofia, seguire le teorie del vivisettore. Il docente che ha scritto a «La Stampa» osserva che quanti osteggiano la vivisezione dovrebbero essere vegetariani, non indossare pellicce e calzare scarpe di tela. Sono vegetariano e riprovo 11 vezzo della pelliccia. Non indosso scarpe di tela, ma nutro la speranza che In un prossimo futuro si troverà qualche valido succedaneo al cuoio per i calzari, pur essendo palese che non è per il loro uso che gli animali vengono sacrificati. Il fisiologo che ha scritto tace su un argomento che credo essenziale: il diritto alla vita che l'uomo calpesta impunemente in virtù del suo perverso e incontrastato dominio sulla natura. Trovandoci ipoteticamente dall'altra parte, da quella degli animali incatenati, uccisi o vivisezio¬ nati dimenticheremmo presto la nostra umana tracotanza e condanneremmo certo 1 nostri aguzzini, accusandoli di malvagità e superbia. Il vivisettore queste cose le sa, avendo visto gli occhi atterriti di un topo agguantato da una gabbietta indegna, o la commovente espressione di una scimmia o di un povero cane che disarmerebbe chiunque fuorché il vivisettore. Micliele Valentino, Condovc Quando il farmaco è introvabile La Stampa ha pubblicato diversi articoli sul problema della tossicodipendenza facendo in più casi riferimento al Narcan, farmaco in grado di salvare tossicodipendenti in coma per overdose. Ho cercato di acquistare tale farmaco ma non sono riuscito mai a trovarlo nelle farmacie. Alcune di queste mi hanno risposto, anche se cortesemente, di non essere ancora obbligate a tenere tale medicinale nei propri scaffali. Intanto leggo che altri giovani continuano a morire per dosi eccessive di stupefacenti. Enrico Amato, Torino Panineria non fast food Con sempre maggior frequenza mi imbatto nel neologismo «Paninoteca» usato per definire una versione a volte sofisticata e raffinata ed altre no di un bar con ampia e stuzzicante scelta di panini imbottiti e tramezzini. Ora, sorvolando sulle nostre mutate abitudini alimentari e gastronomiche, vorrei esprimere la mia perplessità sulla validità lessicale ed etimologica della denominazione data a tali esercizi. Vocabolo composto da panino e teca richiama subito immagini più severe quali biblioteca oppure pinacoteca, oppure più moderne con qualche precisa attribuzione tecnica quali discoteca o più recentemente videoteca, nelle quali comunque è sempre fatto richiamo, tramite l'uso dell'etimo di origine greca, al concetto di luogo preposto alla conservazione ed alla esposizione alla pubblica ammirazione di oggetti, suoni, od immagini. Ma i panini no! Nelle paninoteche non ci si reca per ammirare la storia evolutiva del panino, dalle focacce di farro di Enea ai giorni nostri, tutti diligentemente esposti sotto vetro e protetti da qualche gas inerte, ma per man- giarll, quindi a mio modo di vedere viene stravolto il significato originale del suffisso usato che è un invito alla protezione ed alla conservazione di un oggetto e non alla masticazione ed alla digestione del medesimo. Proporrei, se si vuole evitare il barbaro «fast food», 11 termine Panineria, forse meno aulico ma più aderente alla realtà ed inoltre assonante con Panetteria, Salumeria, eccetera. Stefano Amasio, Fossano La scuola corta non ci va Gli insegnanti del Liceo Scientifico «A. Roiti» di Ferrara contestano il progetto di settimana «corta». Ecco i motivi: solo chi non opera nella scuola può pensare che gli allievi possano imparare effettivamente qualcosa dopo 5 •materie», durante una sesta ora di lezione, se la disciplina richiede concentrazione e ragionamento. Si provi a immaginare una mattina di lavoro cosi strutturata: Italiano, inglese, matematica, fisica, storia, scienze! Molti Istituti tecnici e per periti hanno già orari di 6 ore di 50 minuti; non è dunque pensabile un ulteriore appesantimento del lavoro giornaliero. Se 1 programmi resteranno Inalterati e le ore ridotte a 50 minuti (cosa che peraltro già avviene in alcune scuole e... allora saranno 40?) verrà di fatto rubata una intera ora di lezione al giorno. E questo con grave scapito di chi, provenendo da situazioni socioeconomiche meno privilegiate, può trovare solo nella scuola di Stato uno strumento per avviare una sua maturazione culturale. Un gran numero di studenti delle scuole superiori viene da paesi e frazioni di campagna con autocorriere o treni locali che impiegano molto tempo a trasportarli in città (in media un'ora all'andata e altrettanto al ritorno), cosi che questi ragazzi già ora si svegliano Intorno alle 6 o 8,30 e ritornano a casa alle 15 o 15,30. Aggiungendo una sesta materia da preparare, anche se le ore vengono «ristrette» la scuola diventerà per loro un peso insostenibile. Luciana Roccas e altri 26 insegnanti. Ferrara' Mollino e la casa verso la collina Con qualche giorno di ritardo ho letto un articolo di Emanuele Monta (La Stampa, 7 dicembre): «All'asta i capolavori di Mollino per la casa». In questo articolo il signor Luciano Vergnano afferma che l'arredamento dell'alloggio di corso Cairoli 10 venne affidato all'architetto Carlo Mollino dalla madre, signora Lucia Vergnano. Tale affermazione non corrisponde nel modo più assoluto alla verità dei fatti. L'arredamento, ampiamente documentato in sette pagine di fotografie a colori e in bianco e nero del numero 264-265 del dicembre 1951 dèlia rivista Domus, venne richiesto dal sottoscritto all'amico Carlo Mollino, che ne esegui i disegni e ne curò l'esecuzione. La signora Vergnano, proprietaria dei muri, si limitò a rilevare l'arredamento due anni dopo, quando motivi di lavoro mi costrinsero a lasciare Torino e la «Casa verso la collina». Nella cessione non furono compresi quadri di Morlotti, Birolli, Cagli, Afro, Vedova, Pizzlnato, gironi, che cosi bene si inserivano nell'ambientazione di Mollino e la sedia del mio scrittoio, poi ceduta al Museo di Arte Moderna di New York. Portai con me anche sei splendide tende appositamente dipinte per quell'alloggio da Luigi Spazzapan. Vladi Orengo, Bossolasco Quando lo sciopero non è giustificato Dopo cappuccino selvaggio, le mezz'ore di ritardo o di anticipo nell'abbandonare il posto di lavoro, nonché gli stipendi indebiti in quanto pretesi senza recarsi sul posto di lavoro — e sembra che ce ne siano — ecco riaffiorare gli scioperi rivendicativi se non selvaggi, in settori vitali e della massima importanza per il Paese e per l'economia, quale il trasporto aereo. Per queste ed altre non sempre giustificate proteste, c'è chi domanda la precettazione, nella migliore delle ipotesi, e l'incriminazione nel casi più eclatanti. A mio avviso invece, a tutto ciò', con tanti giovani in attesa di prima occupazione, si potrebbe ovviare con il licenziamento in tronco — come fece il presidente americano Reagan con 1 controllori di volo americani alcuni anni fa' Luigino Ferrari, Verona