A quei tempi la Rai di Ettore Bernabei
A quei tempi la Rai Furono gli anni d'oro di Bernabei A quei tempi la Rai Non è facile dire che cosa ha rappresentato Ettore Bernabei nella storia della Rai, cioè del più potente organismo italiano di comunicazioni di massa. Per molti aspetti, fu l'esponente più tipico di quello che si è convenuto di chiamare il sistema di potere democristiano, quel fenomeno, se vogliamo, di corruzione politica di un servizio pubblico, che dovrebbe essere, per definizione, al di sopra delle parti. Per altri «spetti, fu un manager d'indubbie qualità, l'uomo che sovrinlcsc alla grande espansione del mezzo televisivo, e anche all'accumulazione di quel patrimonio di «professionalità», almeno in senso tecnico, clic è riuscito a sopravvivere, nonostante tutto, alle lotte di potere c a ogni altra degenerazione. Fatte le debile proporzioni, e a parte lo sconcertante epilogo giudiziario, viene in mente un Enrico Malici. Prese il comando della Rai come proiezione nei «mass media» di quel particolare potere democristiano che fu il potere fanfaniano. La Rai di quegli anni non era «pluralista», come oggi si direbbe. Le direttive emanavano dal governo, c il governo era essenzialmente la de. Bernabei, di suo, ci mise un piglio autoritario, che lo portava probabilmente a esorbitare dalle mansioni, pur cosi ampie, di direttore generale. Certamente controllava da vicino tutto il settore dell'informazione, non c'era servizio, appena un po «delicato», clic sfuggisse al suo giudizio diretto, prima della messa in onda. E tuttavia, in quegli stessi anni, nacque un telegiornale tutto sommato moderno, almeno rispetto a un certo clima generale c almeno sotto il profilo della tecnica della comunicazione. E nacque un complesso' di strutture giornalistiche, che allevò un cerio numero di professionisti di valore, non sempre democristiani, per la prima volta aprendosi anche a rilevanti contributi «esterni»: esterni alla Rai. Una sorta di autoritarismo illuminato, che lasciava degli spazi ai professionisti puri, mentre cercava di conservare il controllo politico generale della tv e della sua crescita. Rispetto a un tale siste-, ma, che a conti fatti cumulava il monopolio della Rai con quello del potere democristiano, pur con dei limiti c con alcune cautele, la riforma del servizio pubblico radiotelevisivo avrebbe dovuto rappresentare comunque un progresso. Lo spostamento del controllo politico dal governo al Parlamento avrebbe dovuto significare una decisiva garanzia democratica. E l'introduzione della concorrenza tra reti c tesiate, ciascuna con una sua autonomia politico-culturale, avrebbe dovuto dar corpo al famoso pluralismo, rovesciando la coperta delle verità ufficiali e degli interessi del partito dominante. E' andata come c andata. 11 pluralismo è diventato a sua volta una coperta, sotto la quale combattere lotte selvagge, di ciascun partito contro tutti gli altri. E' diventato in pratica una parolaccia. Il professionismo puro, nel senso più ampio, quasi non esiste più e la stessa professionalità tecnica, che resta rilevante, deve fare i conti quotidianamente con le incertezze e gli imprevisti della gara per il potere, a tutti i livelli. Ora, anche con il concorso delle migliori energie della Rai, si sta cercando di ripensare il tutto, ma con prospettive nebulose, mentre è entrato definitivamente in discussione lo stesso monopolio pubblico. L'era di Bernabei appare lontana, nel bene e nel male. Storicamente, può essere giudicata la premessa della crisi attuale, nata da .una confusa reazione di rigetto. Aldo Rizzo ..Wmmffi ..Wmmffi lettore Bernabei
Persone citate: Aldo Rizzo, Bernabei, Enrico Malici
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