Moretti al processo Moro «Non ho niente da dire »

Moretti al processo Moro ce Non ho niente da dire » Delusione in aula, il capo Br aveva annunciato «precisazioni» Moretti al processo Moro ce Non ho niente da dire » Con gli altri «duri» sta preparando un documento «per mettere in chiaro l'aspetto politico di questa storia» DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Mario Moretti non intende fare alcuna nuova rivelazione in questo processo d'appello contro le Brigate rosse per la strage di via Fani e per 11 rapimento e l'uccisione di Aldo Moro. L'uomo che diresse l'operazione •Fritz» e interrogò lo statista nella *prigtone del popolo» ha rifiutato ieri il colloquio con i giudici e, tantomeno, si è dichiarato disposto a dialogare con l'avvocato De Oorl, patrono di parte civile per la de, inutilmente proteso a cercare dalle parole del terrorista mia verità storica* sulla fine del presidente del partito. 'Per ora non ho niente da dire- ha ripetuto due volte il «cervello» delle Br senza lasciare l'ultima gabbia che divide con 1 rappresentanti della fazione più dura dell'organizzazione. Le prime parole lasciavano sospettare l'eventualità di una prossima uscita del «capo» che si diceva da tempo in procinto di intervenire per puntualizzare le molte •corbellerie» che sarebbero state dette recentemente dai «dissociati». Primi fra tutti Valerio Moruccl e Adriana Faranda. Ma è stato lui stesso, poco dopo, durante una pausa del processo, a togliere ogni illusione. «Se parlerò — ha detto ai giornalisti — sarà attraverso un documento che stiamo preprando, qui, insieme, tutti noi. Quello che ci interessa mettere in chiaro è l'aspetto politico di tutta questa storia. E nten,t'altro». L'atteggiamento di Mario Moretti, peraltro, ha trovato puntuali conferme nel comportamento processuale di tutti gli altri «irriducibili». Uno alla volta, il presidente della Corte d'assise d'appello, Giuseppe De Nictolis, li ha chiamati per sapere se intendessero rispondere alle domande dei giudici. Esattamente come tre anni fa, al giudizio di primo grado, quasi che nulla da' quel giorni fosse cambiato, ognuno di loro s'è rifiutato di parlare. «Mi riser¬ vo in seguito di intervenire sulle tematiche politiche del processo», ha detto Anna Laura Braghetti. E l'altro carceriere di Moro, il «killer» dello statista, Prospero Gallinari: «Qui si sta facendo un processo politico alla rivoluzione proletaria in Italia, e non veda di cosa dovrei parlare con voi giudici». Olà con Gallinai-i, l'avv. De Gori, aveva tentato di insistere. 'Ma non se la sentirebbe di fare un'eccezione — gli ha chiesto — e rispondere a qualche domanda formulata dal partito-martire per evitare che innocenti siano condannati?». La prontezza della risposta ed il tono della voce di Gallinai-i contrastavano con la presenza, accanto alla gabbia, dei due infermieri in camice bianco che lo accompagnano ogni giorno in ambulanza dal carcere, dopo l'intervento chirurgico subito al cuore. «Co» Io de — ha risposto — ho già parlato abbastanza in tutta la mia storia; ho cominciato con le scritte sul muri venti anni fa e ho continuato con tutta la pratica rivoluzionaria. Non ho altro da dire». L'attuale silenzio dei protagonisti non ha frenato l'avv. De Gori che ha chiesto alla Corte di allegare agli atti del processo l'intervista di Mario Moretti apparsa sull'«Espresso. e di citare come testimone 11 giornalista che l'ha raccolta, Giorgio Bocca. I giudici, perù, hanno preferito riservarsi la decisione al termine degli Interrogatori di tutti gli imputati. Tra «duri» che rifiutano il dialogo, imputati assenti o latitanti, ieri la Corte s'è dovuta accontentare di due «dissociati», personaggi minori usciti dalle Br con la spaccatura che si determinò dopo l'operazione Moro. In aula per la prima volta c'erano anche 1 «pentiti», ma Savasta, la Libera, Brogl e Cianfanelli hanno chiesto ed ottenuto di poter deporre quando saranno presenti i difensori di fiducia. Sono stati cosi interrogati Analdo May, che in assise ebbe 18 anni di carcere, e Marco Capitelli, che ne ebbe 13 e che da qualche mese è tornato In libertà per decorrenza del termini di custodia cautelare. Entrambi hanno recitato il «mea culpa» per le azioni del passato ed hanno rinnegato l'adesione alla lotta armata. Roma. Le brigatisle Mara Nanni e Caterina Piunti ieri in una delle gabbie nell'aula del Foro Italico durante II processo (Tel. Ansa)

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