La verità dei pittori

La verità dei pittori ARTE E SCIENZA NEL '600 OLANDESE La verità dei pittori Da anni non1-andavo a Rotterdam. Ci sono tornato per un piccolo convegno su temi, vastissimi, «Arte, tecnica, società» organizzato in vista della creazione di un centro per lo studio delle arti visive.,Qui l'università è nata da pochi anni dalla confluenza della facoltà di medicina con la Scuola di studi economici e la sua modernità si manifesta vigoro-' samente; nelle strutture, negli edifici che la ospitano, nel suo stesso funzionamento. Malgrado rutto riemerge però l'antica immagine dell'Olanda cui sia-' mo attaccati, quella che .ci hanno consegnato i suoi pittori. Dall'alto del grattacielo che ospitava il convegno la vista domina sulla città rinata dopo la guerra, sul recentissimo Quartiere con le case ad albero dalle pareti a quarantacinque gradi, sulle sedi delle grandi multinazionali Shell e Unilever, sul più gran porto del mondo; eppure nella bruma gli edifici moderni si confondono e il vero dominatore è il fiume: si abbraccia a volo d' uccello uno di quei vastissimi paesaggi fluviali che i pittori olandesi sapevano spalancare nei loro quadri. Uno dei punti di forza e dei caratteri distintivi orgogliosamente e programmaticamente rivendicato dall'Erasmus Univcrsiteit è l'interdisciplinarietà, cosi al convegno erano seduti accanto storici e sociologi, designers, musicisti e cibernetici, storici dell'arte ed' economisti. Si parlava della cultura popolare nella civiltà industriale, o di Peter Behrcns e dell'AEG, vale a dire di come una grande industria avesse precocemente saputo marcare la propria immagine affidando la (orma dei propri edifici e dei propri prodotti a un geniale.architetto e designer mentre workshop* e interventi singoli illustravano gli usi dei computergraphics nella produzione visiva o i nuovi orizzonti che l'onnipresente computer aveva aperto alla musica. Dovevo parlare dei rapporti tra ' &àe e rivoluzione industriale; Mi venne fatto cèsi di accennare all'uso di nuovi schemi rappresentativi da parte di alcuni artisti ottocenteschi e di come, per esempio, il pittore visionario John Martin — la cui sala è una delle meraviglie della Tate Gallery — vissuto in pieno mutamento tecnologico e sociale, si fosse servito di formule ispirate dalle rappresentazioni del nuovo tunnel sotto il Tamigi per evocare le oscure spelonche e le caverne del «Paradise Lost» di Milton. Era una prova di come il mutamento da ambiente naturale ad «ambiente tecnico» avesse avuto particolari conseguenze nel campo figurativo: un passo di un vecchio c celebre poema veniva illustrato con schemi nuovi, nati per tutt'altra occasione. Poche centinaia di metri separavano il convegno dalle stupende collezioni di pittura del Museo Boymans. Qui mi sono trovato davanti a un dipinto che non ricordavo di avere mai .visto. Un grande quadro con due personaggi che si affannavano attorno a un'ara da cui saliva una colonna di fumo. Niente di particolare nel soggetto, un episodio — l'offerta di Manoah — descritto nel Libro dei Re, un tema biblico bene accetto alla cultura protestante del Seicento. Ma ciò che era straordinario era l'ambiente dove il fatto si svolgeva. Un armadillo si trascinava pigramente in primo piano, mentre dietro di lui si intrecciavano piante carnose a larghissime foglie, cactus, palme, grandi fiori, frutti esotici e scintillanti. La scena altotcstamentaria era ambientata in un paesaggio alla Douanier Rousseau, descritto con un'attenzione e una minuzia che ne mettevano in evidenza gli aspetti più esclusivi e singolari. II quadro era stato dipinto nel 1646 da Fràns Post, un pittore di'Leida tornato pochi anni prima dal Brasile dove aveva accompagnato il princi pe Maurizio di Nassau, che si era cimentato in un tentativo di colonizzazione di breve du rata. In fondo era un caso analogo a quello di John Martin: come questi aveva introdotto nella rappresentazione del P* lazzo del Pandemonio del «Paradise Lost», effetti- nati dall' osservazione dei tunnel e delle nuove forme di illuminazione, cosi Post aveva profuso a piene mani nella scena biblica il repertorio zoologico e botanico che aveva imparato a conoscere e a rappresentare in terre lontane. Questi ' adattamenti, per giunta, prendevano un senso preciso: John Martin, testimone critico e pessimista dei rivolgimenti causati dalla rivoluzione industriale, inseriva tratti del nuovo paesaggio artificiale in una rappresentazione dell'inferno; I'rans Post, che aveva vissuto fiduciosamente gli anni della rivoluzione scientifica e dell'espansione commerciale olandese, altri-: bui va alla Terra Promessa le caratteristiche del nuovo mondo e lo caratterizzava come Terra Promessa. ★ * Un libro affascinante di Svetana Alpers, Arte del descri-\ vere. Scienza e pittura nel Scicene to olandese, pubblicato in quje-j sti giorni da Boringhieri, insiste sulla funzione di conoscenza del mondo e;della realtà attribuita alla pittura nell' Olanda del XVÌI secolo e cita tra molti altri l'esempio della spedizione di Maurizio di Nassau, che fu accompagnato da un gruppo di scienziati e di artisti incaricati di fornire un corpus di testimonianze visive sulla nuova terra, i suoi abitanti, la sua fauna, la sua flora, sugli insediamenti, le fattorie, le manifatture. La funzione conoscitiva della pittura trova una conferma e una consacrazione nella mappa del Brasile dovuta ai pittori del principe. E' significativo però jl fatto che una volta tornato in patria, Frans Post abbia continuato a dipingere (fino a farne una specialità) vedute brasiliane che ormai non avevano più il fine conoscitivo di quelle create sul luogo, ma che erano evidentemente ricercate, a causa del loro sapore esotico, come rare curiosità. Poco distante dalla tela di Post, in un'altra sala del Boymans si trova un'eccezionale testimonianza di quella che potremmo chiamare la funzione di sorpresa e gratificazione attribuita alla, pittura in un piccolo, meraviglioso quadretto legato al museo da quel finissimo conoscitore che fu Vitale Bloch. Siglata da Dirk van Delen nel 1637 — l'anno in cui Maurizio di Nassau sbarcava in-Brasile con i suoi pittori ptfr conto della Compagnia delle Indie Occidentali — la tavoletta riunisce gli oggetti più preziosi che un'altra Compagnia — quella delle Indie Orientali questa volta — importava in Occidente. bellissimi esemplari di conchiglie dei mari australi «stst-iuf» splendido vasetto dr porcellana, proprio di quelli che in Cina in quel tempo venivano prodotti per l'esportazione che contiene un unico tulipano, un superbo esemplare di una delle specie più rare e costose che siano siate coltivate ai tempi della «tulipomania» seicentesca. 11 tutto adunato con estrema semplicità e presentato con precisione lenticolare. Rappresentare per conoscere, ma anche selezionare e trasformare per sorprendere sono funzioni non necessariamente contraddittorie. Le indagini su intenzioni, funzioni e fruizioni della pittura potranno portare qualche luce sui nessi tra arte, tecnica e società. Malgrado rotture e lacerazioni il passato non è tanto lontano dal futuro. Almeno'in Olanda. Enrico Castelnuovo Dirci; van Delen: «Natura morta» (1637, Rotterdam)

Persone citate: Alpers, Bloch, Enrico Castelnuovo, Frans Post, John Martin, Peter Behrcns, Post, Rousseau