Qualcosa si muove in M.O. di Arrigo Levi
Qualcosa si muove in M.O. Qualcosa si muove in M.O. (Segue dalla l'pagina) che vi sono delle novità quando ha dello che «l'intero governo israeliano intende studiare con rispetto e attenzione qualsiasi proposta del monarca giordano», che egli ha nuovamente invitato ad un incontro per «uri negoziato senza condizioni preliminari». Peres avrebbe quindi avuto anche dagli credi di Bcgin un mandato per trattare con la Giordania. Ma è sicuro che rimangono divisioni fra i partiti di governo israeliani, come ve ne sono fra gli arabi e all'interno dello stesso campo palestinese. Molti notabili dei territori occupati si sono infatti pronunciati con chiarezza a favore della pace con Israele; ma non sono riusciti ad ottenere che il Congresso dell'Olp facesse propria questa posizione. A questi dissensi ha fatto riferimento Peres quando ha detto che è disposto a trattare la pace con una delegazione mista giordanopalestinese, che comprenda però non i rappresentanti dell'Olp, bensì «persone che guardano alla pace con Israele, e non alla pace senza Israele». Il quesito che ci si deve porre è se da queste posizioni in movimento possano o no scaturire .nuovi negoziati. Tutte le parti in causa si sono più o meno allontanate dagli accordi di Camp David, che prevedevano una. fase transitoria di cinque anni, con la concessione alla popolazione palestinese di una piena autonomia, ma senza ipotecare in alcun modo una soluzione definitiva. A Camp David era stato deciso un rinvio del vero e proprio negoziato di pace, perché si pensava che non ne esistessero le premesse: esistono forse oggi, queste premesse, nel mosaico di posizioni in evoluzione che abbiamo sommariamente descritto? Nessuno può affermarlo con sicurezza; ma molti giudicano che sia co¬ munque giunto il momento di approfondire i sondaggi in tutte le direzioni, per cercare di definire una nuova piattaforma di negoziato. E' ritenuto incoraggiante il fatto che stia apparentemente emergendo un nuovo campo moderato arabo, che potrebbe comprendere, oltre alla Giordania e all'Egitto, anche l'Iraq, che ha ristabilito dopo molti anni le normali relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, e l'Arabia Saudita. Ma non si può certo dire che questi moderati abbiano finora definito una proposta di negoziato accettabile, anche soltanto nella forma, ad Israele: se non altro per il persistente rifiuto dell'Olp di riconoscere lo Stato ebraico. Questo ostacolo blocca ancora la via della pace, e non sarà facile rimuoverlo. Ciò non scoraggia tuttavia molti aspiranti mediatori, compresa l'Italia, e più in generale i Paesi europei; mentre gli americani fanno sfoggio di prudenza, al limite dell'inerzia. Un'iniziativa europea potrebbe essere utile; purché si evitino in questa fase, cosi ricca d'incognite, prese di posizione che irrigidiscano l'una o l'altra parte. Questo è un momento propizio a contatti diplomatici riservati, ed è sperabile che a questo principio continuerà ad attenersi anche l'Italia; che del resto non ha avuto dal Consiglio europeo, come qualcuno sperava, un mandato che le consenta di portare avanti a nome dell'Europa, nell'imminente semestre di presidenza italiana della Cee, l'iniziativa diplomatica avviata dal presidente Craxi con la visita ad Algeri. Arrigo Levi
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