Persone di Lietta Tornabuoni di Lietta Tornabuoni
Dibattito: tutti Persone di Lietta Tornabuoni A un certo punto di un' vecchio film di Nanni Moretti, in platea scoppiava sempre un applauso. Era quando, dopo uno spettacolo teatrale povero e tremendo, sul palcoscenico ormai vuoto saliva la pallida figura fatale, subito riconoscibile, del sollecitatore di Dibattito: allora i presenti scappavano come lepri gridando con voce strangolata: «No! Il Dibattito no!», ed era a quel punto che, regolarmente, gli spettatori del film battevano le mani entusiasti. Il Dibattito appariva infatti ai più impazienti una forma di analisi pubblica accademica, coatta e tetra, un falso esercizio di democrazia culturale, un'occasione facile offerta agli esibizionisti, ai paranoici e ai prepotenti, un impiego del tempo doveristico e scolastico senza passione e senza felicità, insomma un'esemplare scocciatura. Magari esageravano un po' (non tanto), certo l'esasperazione e l'ironia non sono servite: il Dibattito rimane immortale, indispensabile in ogni manifestazione, spietato, si e anzi moltiplicato alla Rai-tv imponendosi al gran pubblico dei telespettatori con l'astuto grimaldello dei film. Ma se in passato (quando andava bene, ossia quasi niai) il Dibattito poteva essere un interessante conflitto di opinioni opposte anche accese, il Dibattito contemporaneo pare invece contraddistinto da cortesi sfumature, cauti eufemismi, toni soavi, infiniti distinguo, ostentato rispetto delle opinioni altrui meno rispettabili, poca schiettezza, sintesi concilianti. Chissà se è il fantasma delle lacerazioni del terrorismo o il timore della fragilità attuale della società italiana, se è il disincanto ideologico o l'indiiic-, renza di routine, se è pre-selezione accurata o svoglia- Dibattito: tutti d'accordo faggine disillusa, se è mancanza di senso o assenza di opinioni nette. Certo domina la paura dei contrasti: 1' unico luogo in Italia dove non si litighi è il Dibattito. Locali Tv locali a Roma. Trasmissioni in diretta: dal ristorante «Checco allo Scapicollo», in occasione di festeggiamenti indetti dal gruppo sportivo «Lupa Capitolina». Vecchi film spezzettati, sussultorii, inguardabili tanto sono malridotti. L' urologo, l'astrologo, il Ufologo. Pubblicità: di mobilieri che praticano «prezzi sgonfiati, anzi sgonfiatissimi», di orafi che stanno in Via dei Sommozzatori. Fisarmonicista, per interi quarti d'ora. Aste: tappeti, argenterie, brutti quadri, pellicce ((gioiello della nostra collezione, e anche il prezzo è un gioiello». Prestigiatore, che non la finisce più. Predicatore: preferibilmente protestante, mai in abito religioso e spesso col parrucchino, a volte americano e allora parla nella sua lingua con sottotitoli. Big Screen, i film che vedrete sul grande schermo, la pubblicità promossa a spettacolo. Imbonitore che propaganda per ore certi suoi prodotti di Salute & Bellezza: alghe nere per ottenere pelle bianca, bustine contenenti una polvere vulcanica che si riscalda a semplice sfregamento e fa tanto bene ai reumatismi. Cartoni animati del tempo che fu. Presenza regina: la concessionaria. Le televisioni locali hanno ogni diritto di esistere quanto i network commerciali, d' accordo. D'accordo, il telecaos italiano è colpa dei non disinteressati governanti inadempienti, del Parlamento che non ha fatto la legge di regolamentazione, degli opposti tornaconti di de e psi, dei Presidenti del Consiglio che non hanno sollecitato né promosso quella legge nell' ultimo decennio (Moro, Andreotti, Cossiga, Forlani, Spadolini, Fanfani, Craxi). E' una vergogna ridicola, d' accordo, che per simili ragioni la gente debba essere di colpo privata della possibilità di scegliere tra programmi televisivi diversi. Ma le televisioni locali non potrebbero offrire alternative più accettabili, far qualcosa oltre la piccola pubblicità, essere un poco meglio? Luogo In un «luogo extracarcerario di massima sicurezza') sono stati chiusi, secondo i telegiornali, i sette giovani libanesi sospettati di preparare un assalto suicida all' ambasciata americana di Roma, arrestati con l'accusa di strage; secondo i giornali americani si tratterebbe di un «army compound near Rome», un complesso militare vicino a Roma. Che luogo sarà? Esistono allora davvero da noi luoghi che non sono le sedi istituzionali della polizia o dei carabinieri né le prigioni, dove gli arrestati possono venir portati, interrogati, trattenuti? Ed è necessario, è democratico, è regolare?
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