Palermo, l'agguato al Valachi riapre il problema dei pentiti

riapre Morente il primo mafioso che collaborò con la giustizia riapre L'Antimafia oggi si occupa del ferimento di Leonardo Vitale - Si. teme un ritorno all' omertà - Ma c'è chi non ha paura; i famigliari di due boss uccisi parte civile cóntro i killer DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ' PALERMO '— Leonardo Vitale, 44 anni, il mafioso pentito che per primo collaborò con la giustizia e che è stato raggiunto dalla vendetta della mafia dopo undici anni, sta lentamente spegnendosi nel Policlinico di Palermo. E' In coma del quinto grado, ha due prolettili in testa, I medici del reparto di rianimazione sono scettici: «£' in condizioni disperate; dice 11 dott. Pietro Costa. Dei sei colpi di rivoltella sparati dai due killer inviati dalla mafia per eliminare 11 «traditore», due hanno raggiunto di striscio Rosalia; 76 anni, e Maria di.45, la madre e la sorella di Leonardo Vitale, «Leucclo» per gli amici. ì tre sono stati affrontati mentre rincasavano dopo la Messa, domenica alle 12,30. La loro «500» è stata affiancata da un'altra «500» in vicolo Slccheria dove i Vitale alloggiano da sempre e, in rapida successione, sono partiti i colpi secchi e micidiali. La commissione parlamentare antimafia oggi a Roma si occuperà dell'agguato a Vitale, soprannominatoli Vaiaci) 1 siciliano (per analogia con Joe Valachi, l'uomo di Cosa Nostra che negli Usa aveva vuotato 11 sacco). Il presidente Abdon Alinovi (pel) ha detto a «L'Ora» di Palermo che •ci troviamo davanti ad un problema assai grave ed. occorre prendere le misure adeguate: Anche a Palazzo di Giustizia riemerge la preoccupazio¬ ne sulla, sórte dei pentiti (quello di-Vitale è il secondo caso dopo l'eliminazione del fratello e di uh amico di un altro pentito, Salvatore Coniglio). Il giudice istruttore Paolo Borsellino afferma: •Comprendo che non è facile, ma bisogna intervenire. Lo Stato non può abbassare la testa di fronte alla decisione dei mafiosi dì far terra bruciata attórno ai pentiti: Ed il sostituto-procuratore della Repubblica Giusto Sclacchitano: «Per tanto tempo ■ ci siamo illusi che avremmo potuto fare come V Fbl negli Usa ma non ci slamo riusciti: l'Fbi è in grado di dare soldi, 'una nuova identità, spesso'Un lavoro acni ha collaborato, ed assiste anche i suol più stretti familiari*. Ma intanto la paura non ferma chi ha intenzione di avere giustizia. I famigliari di due capi mai la ieri si sono .costituiti parte'civile contro gli assassini dei loro congiunti: si tratta del parénti del boss di Vicari Mariano Marsala, fatto sparire nell'83 con la «lupara bianca», e del capomafia di Lercara, Francesco Paolo Montalto, assassinato nel luglio dello stesso anno. Questa delle famiglie Marsala e Montalto è una decisione Importante, con pochi precedenti nella storia della mafia siciliana, nella quale, anche In questi casi, sono prevalsi fino a ieri silenzio e paura. .Ma certo il problema della protezione dei pentiti va risolto. Per .Leuccio» Vitale non è bastata la patente di seminfermità mentale affib- blatagli fin dall'inizio. Il 30 marzo 1973, sostenendo - di aver avuto apparizioni divine, si fece ricevere dal capo della squadra mobile Bruno Contrada e gli disse: «Ho un grosso peso sulla coscienza, me lo voglio togliere». Il funzionarlo riempi diciassette cartelle con le dichiarazioni rese à gettò dal «Valachi» che oggi, specie se confrontate con quelle di Tommaso Busco tta, .rappresentano un quadro impressionante della màfia e delle sue ramificazioni In città. Vitale permise la condanna di una ventina di persone, confessò di aver ucciso due persone: Vincenzo Mannino come «prova del fuoco» della sua iniziazione alla mafia e il boss Vincenzo Bologna che aveva offeso suo zio Oiovan Battista «Titta» Vitale il, quale, avendo garantito per lui, dopo le sue rivelazioni fu fatto sparire con il sistema della lupara bianca. Vitale raccontò Inoltre che Pippo Calò (l'ha ripetuto era Buscetta) era il capo della famiglia di Porta Nuova e parlò di Salvatore Riina della cosca di Corleone, e di-numerosi altri come Giulio Guttadauro soprannominato «Tom Mix» perché teneva la pistola alla cintola. Giudicato seminfermo di mente, nell'80, In appello, da cinque mesi era tornato a casa. Nessuno si ricordava di lui. Tranne la mafia che aveva tradito e che l'altro ieri lo ha raggiunto per dare un altro esempio ai «picciotti» che parlano. Antonio Ravidà

Luoghi citati: Corleone, Palermo, Roma, Usa