I disordini incrociati di Andrea Manzella

I disordini incrociati Se il discorso è solo politico I disordini incrociati In verità, sarebbe bastata la decima parte della tempesta politica che investe in questi giorni il governo, per provocarne, in qualsiasi altro anno' della Repubblica, la crisi. Ecco perché questa straordinaria «tenuta» e, di per sé, denunciata dall'opposizione come un'anomalia costituzionale. Il governo non cade neppure quando, dinanzi alla prova suprema della fiducia, vede che, per qualche parte, i conti della maggioranza non tornano. Siamo dunque all'attentato alla Costituzione (quella specie indefinita di reato a cui i Costituenti soprattutto pensarono quando costruivano la solenne procedura delle Camere riunite, poi degradata a giudizio per contrabbando)? Pertini ha già risposto di no, con la sua capacità istintiva di «vedere» le cose essenziali della politica, dello Stato e della gente. ■ Ma se si deve accettare questo sicuro giudizio finale sulla attuale legittimità della «non crisi», non è possibile neppure dire che tutto è normale nello stato della Costituzione. Al contrario, i fatti di malessere istituzionale si' accumulano. Non è normale che la collegialità del Consiglio dei ministri, e la funzione di coordinamento della presidenza del Consiglio, siano svanite al punto che un provvedimento di vastissima rilevanza, su una materia come quella fiscale su cui giocano la loro scommessa economica e politica Stati molto più grandi del nostro, sia accollato alla responsabilità del solo ministro proponente. Non è normale che un'opposizione seria — che da due anni, accettando la regolazione del bilancio dello Stato e della legge finanziaria, ha dimostrato a lutti di avere cultura di governo — continui a difendere, con infondate argomentazioni, la prevalenza del voto segreto su tutto, in un Parlamento moderno. Non è normale che ad un partito che ha vinto le elezioni per il Parlamento europeo, e che sta dando un contributo importantissimo per il nuovo progetto di Unione europea, si chiuda la porta in faccia nella designazióne dei commissari italiani nella Comunità europea. Non e normale che la Camera dei deputati, da una parte, continui ad operare una il-' legittima procedura per la quale, senza entrare neppure per un istante nel merito dei provvedimenti, come invece richiederebbe la Costituzione, si apprestano imboscate per bocciare decreti-legge a voto segreto; e, d'altra parte, non si preoccupi di assicurare ai provvedimenti legislativi urgenti quell'urgenza procedurale che pur la Costituzione prevede. Di fronte annesto castello di disordini istituzionali incrociati, le possibili vie sono due. O ridefinire, con preventive rinunce reciproche, le regole del gioco istituzionale, tra maggioranza ed opposizione, tra Parlamento e governo: creando una zona armistiziale più efficace di quelle ora prescelte. Oppure, dare la prevalenza alle ragioni della stabilità del governo, magari giocata sui margini e sulle ambivalenze delle attuali procedure istituzionali, purché, al di là dei dissensi, in ultima analisi, permanga l'accordo politico di maggioranza. E' evidente che con un esecutivo che usi con prontezza queste risorse istituzionali, la seconda via è destinata a prevalere. E questo perché la ragionevole durata dei governi — non di «questo» governo ma del governo come istituzione — è entrata nel patrimonio comune della gente come un «bene pubblico» di per sé, da difendere contro la «cultura della crisi». Pertini l'ha capito da sette anni. I partiti ci sono arrivati più tardi (e certe inedite dissociazioni, limitate e condizionate, nascono da questa attenzione all'opinione pubblica). Ma 6 anche evidente che questa strada non c percorribile all'infinito:1 con Topposizione-che grida ali a. rottura costituzionale e il governo che invoca la necessità costituzionale. Ogni calcolo politico sull'uno o sull'altro versante è a sbocco cieco se non fa conto, innanzitutto, delle ragioni istituzionali per rendere possibile il governo in questo Paese. Diceva Ortega y Gasset che ogni discorso politico che non veda i problemi istituzionali si riduce a «pura volgarità». Ma da noi c'é ancora qualcuno che dice che il discorso è solo politico. Andrea Manzella

Persone citate: Ortega, Pertini