Andrea Doria principe-pirata di Paolo Lingua

Andrea Dona principe-pirata Andrea Dona principe-pirata Uno dei grandi della storia genovese (nacque nel 1466) irrompe con la sua personalità nel libro di Paolo Lingua GENOVA — Principe e pirata. Uomo di Stato. Arbitro della finanza europea. Bersaglio di congiure (la più sanguinosa, quella del Fiesco che ispirò Schiller e Rousseau). Accorto diplomatico che — la storia non finisce mal di ripetersi — manovrò con sottile strategia, oltre che con le armi, fra i due blocchi di Spagna e di Francia che a quel tempo — a cavallo fra il XV e il XVI secolo — dominavano l'Europa. Signore della guerra? SI, ma mai crudele anche se far prigionieri non gli era gradito. Anche urbanista. Esempio di longevità: si sposò a 61 anni, mori a 94, sempre mantenendo intatta lucidità di pensiero. E- l'ammiraglio Andrea Doria che irrompe in tutti i suoi aspetti storici, umani, guerrieri, da una biografia di Paolo Lingua, giornalista e scrittore; uno studio che al rigore della documentazione unisce la godibllità di un racconto i cui episodi, recuperati dalla storia, ci offrono una radiografia del potere esercitato con la forza, la saggezza, le astuzie. Se Machiavelli lo avesse conosciuto (ma i due si incontrarono una sola volta, fugacemente, nel maggio del 1527). forse si sarebbe ispirato al Dorla quale modello del suo .Principe». Ma il Doria ricorda anche Talleyrand. E' certamente uno del quattro grandi della storia di Genova, con Colombo, Niccolò Paganini e Giuseppe Mazzini. L'ammiraglio (o meglio il Principe, in senso latino) nasce a Oneglia il 30 novembre del 14C6. il giorno della festa di Sant'Andrea, e di qui 11 suo nome. Appartiene al ramo cadetto della famiglia Doria. Si dice sia stato brillante negli studi, ma non c'è prova. Si sa invece che fu un osservatore attento delle cose di mare. Ma Oneglia gli va stretta. Dopo la morte della madre, il Principe sceglie Genova che in quel periodo (1483-84) vive un momento difficile, uno dei tanti della sua travagliata storia. E' una metropoli internazionale di 40 mila abitanti, il mondo politico e intellettuale si era ripetutamente espresso sulla sua bellezza, sul fascino dei suoi palazzi, sulla ricchezza e sulla disinvoltura cosmopolita della sua gente. Genova è la città con le case che cambiano colore al tramonto. Il giovane Andrea si rende conto che mancano prospettive immediate di fortune economiche e opta per un'unica alternativa di vita che gli appare valida, la carriera delle armi. Ma com'era, fisicamente, Andrea? Certo non bello, troppo dinoccolato, le guance quasi scavate, un po' segaligno. E' l' ritratto che di lui ci hanno lasciato Sebastiano del Piombo e il Bronzino. Spirava autorevolezza per comportamento e modo di esprimersi. Era nato per comandare, per incutere timore, ma esteriormente si presentava come un gran gentiluomo, non certo come un bucaniere. Diventa ammiraglio a 46 anni e batte 1 francesi a Capo di Faro, a bordo di un «vascello sparviero»: rimarrà ferito da un colpo di archibugio. Legato a Papa Clemente VII, comincia a considerare i due grandi rivali Francesco I e Carlo V, dai francesi viene nominato comandante in capo della flotta nel Mediterraneo. Stipendio annuo: 36 mila scudi. Alla testa del francesi, riprende Genova. A 61 anni sposa un'attempata nobildonna, Peretta Usodimare, ma gli si attribuisce un precedente matrimonio segreto. Nel Principe, leggenda e realtà si mischiano di frequente. Come accadeva spesso ai capitani di ventura, cambia di campo scegliendo la potente Spagna per i suol mercati aperti a Occidente, per 11 recupero dei traffici aragonesi e iberici, per la possibilità aperta al banchieri genovesi di prestare 1 loro scudi ad alti tassi. C'è da chiedersi come, in età matura, sia sopravvissuto — vincendo sempre — a guerre ed agguati. Il suo successo con le armi si tradùce per Genova in vantaggi economici sostanziosi: fa del banchieri genovesi, e per due secoli, gli arbitri della finanza europea. è NAPOLI — SI fa la coda, la domenica mattina, su al museo di Capodimonte. E' cosi anche gli altri giorni: l'unica coda che la città rispetti un po'. Tutti in fila per vedere che cosa è stata la Napoli del '600, il secolo dell'eruzione del Vesuvio, di Masaniello, della peste. Famiglie, comitive arrivate da lontano, gruppetti di amici, dialetti diversi, non pochi gli stranieri. Pittura, disegni, scultura, arti decorative in mostra. Caravaggio, Luca Giordano, Mattia Preti, Stanzione; Domenico Gargiulo detto Micco, 8padaro... E' la .Civiltà del '600 a Napoli», a Capodimonte fino al 14 aprile. Cinquanta sale. E per visitarle tutte e bene — spiegano i funzionari della Sovrlntendenza — ci vogliono almeno due ore. Più di 300 i dipinti. Il primo è le «Sette opere di Misericordia» di Caravaggio. Non si può non ricordare il Principe nella disastrosa situazione genovese di oggi, e quanto poco accorti siano stati 1 suoi discendenti. E' anche un riformatore urbanista, si diceva. Ne è una testimonianza 11 palazzo del Fassolo che ancor oggi si affaccia sul Porto: lo fece costruire in modo da controllare chiunque vi si avvicinasse. Oggi la principale stazione ferroviaria genovese, vicina al palazzo, mantiene il nome di Principe, in ricordo del guerriero. Andrea Doria muore la mattina del 25 novembre 1560, dopo aver gestito per più di mezzo secolo il potere, in prima persona, manovrando fra equilibri politici, economici e militari estremamente difficili. Avrebbe compiuto di 11 a pochi giorni 94 anni. ii Guido Coppini In 10 giorni gi