La «matrice cattolica» e gli insegnanti sbagliati

Perché la religione a scuola ha tanti nemici? Perché la religione a scuola ha tanti nemici? j xLa «matrice cattolica» e gli insegnanti sbagliati di FRANCO PERADOTTO Cotifesso che stento tuttora ci capire, pur cercando di riflettere attentamente su quanto si scrive al riguardo, le tante difficoltà che un largo settore laico della cultura italiana solleva a proposito dell'insegnamento della religione, e di quella cattolica in particolare; nella scuola elementare, media e superiore. Se c'è scuola che oggi vuole presentarsi interessata a molteplici istanze, fino a sovraccaricare con informazioni e iniziative generiche gli alunni, è proprio la scuota italiana. Lo fa utilizzando tempi previsti ad hoc: lo fanno parécchi insegnanti approfittando di una loro presunta autonomia rispetto ai programmi. O riconducendo ai programmi — non è mai una operazione difficile — qualsiasi vero o presunto interesse. Perché mai un'esperienza religiosa, e in modo speciale quella cattolica, alla quale il nuovo accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana danno ampio riconoscimento fino a scrivere che la cultura religiosa ha un particolare «valore- e che «1 principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano- (n. 9). trova poi tanta fatica ad essere collocata nell'ordinamento scolastico italiano? A che serve proclamare, come ha fatto il Presidente PerttJii nel ricevere al Quirinale lo scorso 2 giugno Gioi<anni Paolo II, l'esistenza di «•valori che l'insegnamento evangelico ha additato a perenne modello di elevazione per tutti gli uomini» e che «questi stessi valori sono rispecchiati nei principi e nelle norme della Costituzione laica e democratica della Repubblica italiana», quando, appena st passa a concrete proposte circa i contenuti dell'insegnamento della religione cattolica (cfr. protocollo addizionale n. 5 in relazione all'art. Sy. cominciano le apprensioni e le interpretazioni restrittive? Viviamo in un Paese dorè 7' opinione pubblica e molte forze sociali continuamente sollecitano interventi e prese di posizione del Papa, della Conferenza episcopale italia¬ na, dei singoli vescovi attorno alle questioni più urgenti, a tutte le emergenze, a tutte le vertenze. E' segno che si riconosce all'apporto religioso in quanto tale — perché solo di carattere religioso-morale può essere l'intervento del magistero pontificio ed episcopale — un valido e sostanziale contributo per le sorti del Paese o per quelle internazionali. Perché poi arricciare il naso quando si vuole, nella scuola, semplicemente a titolo di esperienza culturale, far conoscere le fonti e i contenuti che sono alla base di tali auspicati interventi? Si riconosce ampiamente che la .matrice cattolicaoggi susciiu persone e gruppi dalla forte sensibilità sociale come le famiglie capaci di adozione e di affidamento; come le comunità pronte ai vari tipi di accoglienza (dagli anziani, ai drogati, agli emarginati sociali, ai devianti, ai dimessi dal carcere, eccettera); come i giovani — maschi e femmine — largamente presenti nelle molteplici forme di volontariato; come coloro che scelgono la obbiezione di coscienza e il servizio civile. Tutto questo è frutto di una formazione die, partendo dal Cristianesimo, inserisce uomini e donne nella società civile. Ho la convinzione che certe modalità di insegnamento della religione nella scuola, certi — purtroppo — fradimenti professionali di insegnanti di religione noiosamente monotematici o paurosamente non aggiornati (ma è proprio solo di questa categoria di docenti?); certe esperienze che hanno trasferito nelle aule gli altari delle parrocchie o le cappelle degli oratori: certe insensibilità verso l'ecumenismo, circa il valore autonomo delle scienze eccetera abbiano contribuito' a creare una immagine errata dell'insegnamento della religione cattolica. La presidenza della Cei, in una recentissima «nota» sull' insegnamento della religione cattolica nella scuole dello Stato, si è però apertamente schierata per una «proposta qualificata della scuola di religione» impegnandosi alla «scella, preparazione e costante qualificazione degli insegnanti siano essi sacer¬ ìlBTjrm nix: doti, religiosi o laici» e una «più chiara e precisa caratterizzazione scolastica di questo insegnamento». Giovanni Paolo II, in questi giorni, nel discorso ai vescovi italiani, riuniti a Roma per un'assemblea straordinaria, ha affermato chiaramente che l'insegnamento della religione è «distinto dalla catechesi propriamente dettapur essendo rivolto all'identico soggetto che ha una unica personalità. Con esattezza ha scritto la Civiltà Cattolica nel suo ultimo numero a proposito della scuola di religione: «Con l'insegnamento della religione nella scuola pubblica la Chiesa non vuole servirsi della scuola, ma servire la scuoia; offre alla scuola un servizio qualificato, collegato interdiscfplinariamente con la storia italiana... L'insegnamento della religione non è finalizzato direttamente alla crescita della fede, ma è orientato alla crescita culturale e critica dello studente, alla formazione del cittadino»,

Persone citate: Franco Peradotto Cotifesso, Giovanni Paolo Ii

Luoghi citati: Repubblica Italiana, Roma