L'ora di religione (e delle polemiche)

Chi deve insegnare la fede? La scuola, la famiglia o la Chiesa? Si riaccende il dibattito Chi deve insegnare la fede? La scuola, la famiglia o la Chiesa? Si riaccende il dibattito L'ora di religione (e delle polemiche) Allora qualcuno usciva dall'aula... Se aboliamo il fanatismo Protestanti discriminati di GIOVANNI BECHELLONl Recenti inchieste sui giovani mostrano con glande evidenza una caduta delle pratiche religiose, e anche della partecipazione politica, accanto a un persistente attaccamento alla famiglia. Nei ginnasi romani frequentati dai figli della borghesia intellettuale l'ora di religione va quasi deserta, soprattutto quando il professore non ha le qualità necessarie a suscitare l'interesse dei ragazzi e. tuttavia, né il rarefarsi delle pratiche religiose né il rifiuto dell'ora di religione significano, come alcuni sostengono, assenza di sentimenti religiosi nel giovani: piuttosto indicano che sta profondamente cambiando il modo di intendere e di rafforzarsi al religioso e cioè ai misteri della vita, al destino dell'uomo e del mondo, al problema di Dio. Cosi come per la politica, anche per la religione vi è un sentimento, che sembra assai diffuso tra i giovani, di rifiuto delle pratiche istituzionali che un tempo caratterizzavano il senso comune. Non sì tratta né di rivolta né di contrapposizione, ma di maggiore indeterminazione, che in certi casi è ricerca attiva di risposte personali ai grandi interrogativi e in altri casi è ironica indifferenza ai rituali consacrati dalla tradizione. Stando cosi le cose mi pare ragionevole e saggio non guardare al problema dell'ora di religione con spirito di crociata né da una parte né dall'altra. I cattolici temono di essere emarginati, ma non possono non prendere atto che sono finiti i tempi in cui la Chiesa-istituzione poteva trionfare contando sul fatto che i sentimenti e le pratiche religiose erano parte integrante della cultura italiana, del senso comune della maggior parte della gente. Cosi come i laici devono avere la saggezza di sapere clic il venir meno di tali fondamenti di senso comune non indica affatto il trionfo eli una ideologia contrapposta d'impronta laicista. II latto vero è che l'Italia sta diventando un Paese più libero e meno fanatico e che dovremmo tutti preoccuparci che la scuola e le altre istituzioni, in materia di religione e in ogni altro campo, sappiano garantire a tutti il diritto di coltivare le proprie credenze senza avere la pretesa di imporle agli altri con la forza dell'istituzione, della violenza o della tradizione. • Attenti. D'accordo sulla cultura religiosa nelle scuole, ma l'ora di religione, confessionale, è un'altra cosa. Non l'approviamo e non l'accetteremmo mai». Franco Giampiccoli, pastore valdese, spiega come e perché lo Stato deve rispettare la libertà di coscienza. Chi deve insegnare la religione: la scuola, le famiglie, le Chiese? «Lo risposta arriva da due diverse regolamentazioni dei rapporti Stato-Chiese. Da un lato il nuovo Concordato con la richiesta dei cattolici di una presenta orgaritca nelle scuole e la risposta positiva dello Stato. Dall'altra l'Intesa tra lo Stato e le Chiese rappresentate dalla Taiiola Valdese secondo cui l'educazione e la formazione religiosa dei fanciulli e della gioventù sono ài specifica competenza delle famiglie, non della scuola. Finora le lezioni di religione, nelle aule degli istituti, hanno provocato ingiuste discriminazioni-. Perché? .La scuola è di tutti. Non si capisce perché debba finanziare l'insegnamento delle varie Chiese. 1 professori sono pagati coi soldi di tutti per insegnare la religione di alcuni. Dipendono non da una ma da due autorità, il vescovo e il provveditore*. E 1 figli dei protestanti cosa potevano fare? . Chiedere d'esserne esonerati. Come tutti coloro che non intendevano avvalersene-. A chi propone, invece, di riservare nel curriculum scolastico uno spazio alla cultura religiosa cosa rispondete? *Di sì. Per troppo tempo questa funzione è stata delegata ai cattolici. Noi, però, non pensiamo ad un'ora ad hoc. / fatti religiosi dovrebbero essere affrontati nei programmi delle altre materie: dalla storia all'arte, a lettere, a filosofia». Chi dovrebbe spiegarli? «Gif insegnanti di storia, di filosofia... Così si spezza la ghettizzatone in cui é stata posta la religione fino a oggi e che ha impedito il dialogo-. Se però dovesse prevalere l'ipotesi della istituzione di lezioni esclusivamente per la religione... ■ Si correrebbero parecchi rischi di creare nuove discriminazioni. Chieste sicure garanzie dell' assoluto rispetto delle coscienze, in parteciperebbero anche insegnanti valdesi insieme gli altri. Come singoli, non già come Chiesa-. Cosa ricorda dell'ora di religione dei suoi anni di scuola? -Poco o nulla. Anzi un'insegnante che pregava ardentemente percìié mi convertissi al cattolicesimo. Debbo ammettere che ha avuto poca fortuna-. g m r Foto di gruppo con seminaristi: alcuni sacerdoti sono impreparati a insegnare religione nel di GIUSEPPE CONTE Tra tante ore di lezione, inutili, noiose, o semplicemente stupide, su cui io esercitavo allora l'ironia piti feroce che è Quella degli adolescenti timidi e superbi insieme, te ore di religione non mi sembravano le peggiori. Al liceo De Amicis di Oneglia, a cavallo tra gli Anni 50 e 60, insegnava un anziano prete, che doveva anche essere il parroco della città: un uomo magro, dal capelli grigi corti corti, dal piglio polemico e dalla voce tonante. Era circondato da una leggenda di intransigenza e di durezza come uomo di Chiesa, ma a scuola con noi si abbandonava invece a invenzioni teologiche e verbali estrose e lunatiche. 'La sua lezione era lui. I suoi umori, la sua voce in crescendo, i suoi gesti. Il più celebre tra questi rimase la telefonata a Dio, cui l'anziano sacerdote ricorreva quando il suo discorso prendeva il tono più alto e concitato: ricordo il suo braccio, lungo e secco fasciato dalla manica nera della tonaca, che si avvolgeva sulla cattedra, come per comporre il misterioso prefisso su un apparecchio invisibile ma troppo grande; e ricordo che noi ride-, vamo, forte, ma senza disprezzo. Poi venne un sacerdote giovane che aveva scelto la vita religiosa da poco, finita l'Università: aveva un bel volto e tanti capelli diritti e lunghi sulla nuca, portava occhiali con la montatura dorata, si muoveva con una sorvegliata eleganza che sarebbe piaciuta a un regista intellettuale francese. Con lui le lezioni cambiarono; ma intanto eravamo cambiati anche noi. si era cresciuti, arrivati ormai in terza liceo. Avevamo cominciato a leggere Kierkegaard e Baudelaire, avevamo avuto le nostre prime esperienze con le ragazze: attraversavamo, dunx que il periodo più torbido; ptii delicato, più segreto, più aperto a tutte le suggestioni nella vita di un uomo. E mentre in tante altre materie continuavamo a essere trattati come dei burattini, con le minacce dei voti e delle punizioni, con il professore di religione potevamo parlare della nostra condizione di adolescenti, citare Sartre senea sentirci rispondere che non entrava nel programmi, affrontare temi legati alla nostra esperienza del mondo ancora li¬ la nuova scuola? (Publifoto) mitata e ai nostri desideri di conoscenza già vasti e vitali. Non c'erano voti, non c'era l'assillo di sottoporsi a un giudizio dato meccanicamente, il problema della disciplina: erano ore di conversazione che nessuno di noi riteneva indispensabili, ma che ci sarebbe sembrato fuori luogo perdere. Con il giovane sacerdote dall'aria francese i più maturi, o i piti inquieti e appassionati tra noi, diventarono amici. Ebbi in prestito da lui dei libri sulla dottrina sociale della Chiesa, e fui convinto a scrivere una pagina sul mistero della morte e resurrezione di Cristo, che poi lessi a una delle cerimonie della settimana di Pasqua: ricordo quella giornata di primavera, la piazza davanti alla facciata barocca della Chiesa, il foglietto che estrassi spiegazzato dalla tasca di una giacca verde. L'insegnamento della religione non ci imponeva nulla — e come farlo? — dell' ardua milizia inorale, degli ostici principi dogmatici del cattolicesimo. Si trattava di lezioni meno faticose, a volte più divertenti delle altre che, lo capivamo già allora, non avrebbero certo impedito, a noi più inquieti e appassionati, di cercare altre vìe per il nostro senso del sacro, come poi fu. Forse per questo, un atteggiamento di rifiuto rigoroso dell' insegnamento della religione mi colpi tanto. Ricordo con molta evidenza lo sgomento che mi prese, all' inizio della scuola, quando vidi che all'ora di religione una ragazza minuta, dai capelli corti, dal sorriso sin troppo privo di malizia, che si era subito distinta come una delle migliori, se non la migliore della classe, usciva dall' aula per rientrare quando la lezione era finita. Favoleggiai su questa lunga impiegabile permanenza fuo-i ri dall'aula, lontano dai suoi, amici, mi sembrava più una punizione per lei che una parentesi di libertà. Poi seppi che Antonella — non sono più sicuro, ma forse si chiamava cosi — usciva durante l'ora di religione perché suo padre era comunista, un parlamentare comunista ligure molto influente, che lei presto avrebbe raggiunto a Roma. Infatti fu così, e di lei non ho saputo più niente; del padre, invece, ho continuato a sentir parlare, né avrei potuto farne a meno, soprattutto da quando è diventato segretario nazionale del suo partito.

Persone citate: Baudelaire, De Amicis, Franco Giampiccoli, Giovanni Bechellonl, Kierkegaard, Sartre

Luoghi citati: Italia, Roma