Matta, una spugna di idee

Matta, una spugna di idee A COLLOQUIO CON CARTISTA EREDE DEI GRANDI SURREALISTI Matta, una spugna di idee Così si definisce il famoso pittore cileno: i suoi disegni stanno girando l'Inghilterra mentre Parigi gli prepara un'importante retrospettiva per l'85 - «Picasso era quasi un operaio», ha saputo resistere «alla corruzione che porta l'elogio» - «Max Ernst era molto più intelligente, ma anche più fragile» - «Dall' è un traditore» - «Io sono come un albero di pesche: chi ne vuole ne porta via» LONDRA — Ha gli occhi l'isptssimi, ma anche molto' dolci, i capelli tagliati «a orso- e l'aria da ragazzo svampito. Ma ragazzo non è,Matta, pittore senza nome (usa solo il cognome che, del resto, è surrealista), pittore famoso che rifiuta la fama e rifiuta persino di essere definito pittore. Dice: «Io non sono mal stato pittore: non è la pittura che m'Interessa. A me Interessa una mappa. La gente lia sempre pensato che avessi risolto questo problema quando facevo un paesaggio, ma non è quello. Noi viviamo una specie di processo, processo che cresce e si trasforma, assomiglia a un feto: quello voleva dire il surrealismo, solo che l'hanno trasformato. Il surrealismo vuol dire sur-realtà, più realtà, tutta la realtà, se possibile. L'hanno trasformato per ragioni di commercio. Dali è stato uno del più importanti traditori di quella poetica. Il suo è stato una specie di divertimento, di show: ha fatto quello che la Chiesa ha fatto dell'oscurantismo con il cristianesimo». Ma è stato un furbo, Dali? «Lui sa tutto benissimo, meglio di noi. No, non è tanto furbo perché 11 crimine non paga: ha quasi fatto dimenticare la sua origine, per questo scherzo con 1 baffi che cerca solo lo scandalo. All'inizio c'era invece la vera angoscia, un'angoscia quasi genitale, la carne, il corpo umano e il putrido, tutto come un Camembert. Un senso che. se lo avesse mantenuto, avrebbe avuto un parallelo con Kafka. Solo che è invece successo come se Kafka fosse andato a Hollywood e si fosse messo a fare film di cow-boys. E che adesso noi lo conoscessimo 'Aon per ll'PTÓcesso, 11 Castello, ma per 1 suoi western». ' Forse Daìf'trauna ventina d'anni sarà comunque totalmente dimenticato. .No, rimane perché è l'esempio di una certa decomposizione. Perché è un off-Hmit di una certa decomposizione. Se si incomincia a camminare verso quella parte, bisogna saperlo evitare. Io l'ho incontrato già tardi. Ero io a essere tanto in ritardo e mi andava benissimo. Ma lui era già un vaudeville». Voi, come vi incontravate? .Chi, voi?». Questa gente della guale adesso sappiamo, leggiamo, scriviamo. «Io ero molto giovane, ero un architetto, tutt'altra cosa. Ero 11. ma ero come una spugna: ho preso un sacco di cose e, dato che sono quasi tutti morti, sono rimasto la spugna delle idee. Una spugna anche se é asciutta in un an- golo, ma che sia stata nell' armagnac. o nel sangue, o nel vomito,, qualche cosa trattiene nelle sue piccole pareti». .Marfa si nega alle interviste, non gli piacciono, si ribella. «Perché non lasciare un tipo tranquillo nel 'suo angolo che fa come il ragno? Perché il ragno solo. In un angolo fa una tela di gran meraviglia. Poi viene la domestica e con lo spazzolone rompe quella meravigliosa collana». ' * ff ' ■''■■■'-•<'■ Ma la domestica riporta la luce, la pulizia, chiarifica. «E' una luce di fiammifero, il giornalismo. Niente è più vecchio del giornale di ieri». Matta è a Londra per una mostra di disegni che sta facendo il giro dell'Inghilterra, organizzata dall'Arts Council. L'anno prossimo è il Ventre Pompidou che organizserà una grande retrospettiva del pittore. Si schermisce perché dice che la sua Importanza derii'a dal fatto di essere un sopravi>lssuto della •grande- generazione. Ha mille idee per la mostra al Beaubourg, che vorrebbe trasformare in uno scherzo pieno di immagini immediate e originali, dice, «come un albero di Natale». ViDe tra Londra, l'Italia (dove abita in un conventostudio dal quale vede, distante, il Tirreno) e Parigi. Roberto Sebastian Matta, che è nato a Santiago del Cile nel 1911, è un cittadino del mondo. E' la reliquia di quella gente intellettuale e bohémlenne che si incontrava nei caffè europei, le cui idee fermentavano come lievito nel whisky e esplodeva-: no In tele, sculture, in pagine di rarefatti mensili, in libri, in scuole e correnti. Era il momento delle idee, un'era di rinnovato umanesimo dopo la tirchieria intellettuale dell'SOO e Matta è di idee che parla, e sono le idee che «dipinge-: non gli interessa altro. La sua cultura gli serve per rivedere la storia, le idee. Di quel gruppo, chiedo, chi era, qual era il più intelligente? «André Breton senza dubbio: e Marcel Duchamps. Erano utili poi a un ignorante totale». Erano generosi nel racconto? nelle idee? «In questo è molto importante anche il mendicante: se 11 mendicante non sa ricevere...». Anclie lei è generoso? «No, io sono come un albero di pesche, faccio pesche, chi vuole se le porta via. Ma se tu chiedi al pesco, non ti risponde». Ma ha le sue idee. «Sono stupido: la prova è che sto rispondendo a tutte queste cose». A proposito di «tutte queste cose», vedeva Picasso? «Cosa vuol dire per Picasso? Lei ha un'idea di Picasso? Io vedevo quel tipo, che non è lo stesso del quale devo rispondere: questo è 11 malinteso. Perché Picasso non era "divino". Era una specie di innocente, uno che veniva con la grande abilità che gli aveva passato 11 padre, che gli aveva dato la vera lezione di pittura: perché quando Picasso è arrivato a Parigi, la pittura c'era, oggi la pittura non c'entra. Picasso era quasi un operaio, aveva dunque una certa innocenza e ignoranza di quella corruzione che porta l'elogio: perché lui è stato l'uomo più elogiato della storia dell'arte». E questo l'ha toccato personalmente? «Alla fine 1' hanno messo in galera, diciamo, ma se fosse capitato a un altro, lo avrebbe distrutto: a Max Ernst, per esemplo, che era un tipo bravissimo, molto più intelligente di Picasso. Sono sicuro che non avrebbe resistito a questa specie di corruzione». E Duchamps? «Anche Marcel, che era più fragile di Picasso, ha avuto la forza dell'operaio, del popolo. Perché l'operaio di oggi non è lo stesso. L'operaio di allora era un tipo incorruttibile, era quello che all'inizio del secolo aveva fatto i partiti socialisti, adesso sono tutti avvocati. Per questo quando il giornalismo chiede qualche cosa, è tutto falso. Non c'è una vera risposta a una domanda. Una domanda mette molte cose sulla tavo¬ la e vuole una soluzione, come nel gioco delle carte». , Ma se uno chiede com'era ima persona, lei risponde secondo il suo punto di vista. «Se lei chiede "è Cesare che ha ammazzato Bruto o è Bruto che ha ammazzato Cesare?" non è vero che posso dare una risposta. Perché Bruto l'ha fatto in quanto istigato da Cesare». Ma, no! «E' troppo facile dire che Bruto abbia ammazzato Cesare: se fosse stato cosi, la questione finiva là. E la Repubblica sarebbe continuata». Ero una trama di Stato? Matta dice di essere alla ricerca della «mappa», della carta geografica che dia Indicazioni sociali, perché «tutto quello che io faccio è una provocazione contro quelli che fanno disegni». Vuole sapere e cercare «dove slamo, qual è lo spazio sociale, dov'è, come si trasforma, come cresce, come si diffonde, come si ammala. La gente navigava senza carta e noi, da quel punto di vista, siamo dei navigatori come quelli prima di Mercator, quello che ha fatto le mappe. Prima di lui si navigava, con paura. L'alba doveva sorgere a sinistra. Una volta del marinai portoghesi hanno visto il sole a destra e, terrorizzati, sono tornati a casa. Non si erano accorti di aver fatto 11 giro dell'Africa. Queste cose, invece, bisogna avere l'immaginazione di immaginarle». Gaia Servadio T i' Mtt ;I'ò dicd dl » (1974 atllo) Matta sulla porta di una sua «idea-provocazione» realizzata a Tarquinia qualche anno fa (da «L'autoapocalipse», Editori Riuniti) T iMatta: ;<<I„'uòmo discende dal segno» (1974, pastello)