Como, c'è chi ha visto i killers della vivandiera dei sequestri
Como, c'è chi ho visto i killers della vivandiera dei sequestri jmio Le indagini sull'uccisione di madre e figlio: la donna era una pentita Como, c'è chi ho visto i killers della vivandiera dei sequestri jmio DAL NOSTRO INVIATO COMO — Ha visto uccidere sua madre e suo fratello da tre killers della 'ndrangheta calabrese. E' rimasto paralizzato dall'orrore e quando gli assassini se ne sono andati, è sceso da un vicino di casa e gli ha detto: «Dorè vado a dormire questa sera?». Giuliano Suraci, 7 anni, abita a Carugo, via Piave 24. nella palazzina dove fu tenuta prigioniera per 107 giorni la donna fantino milanese Maria Sacco, allora diciannovenne, rapita il 9 novembre del '79 e liberata la sera del 24 febbraio dell'anno dopo. Sua madre, Agata Oattellaro. 42 anni, era agli arresti domiciliari (11 anni e 4 mesi) perché fu la 'l'tvandicra» dell'ostaggio; suo fratello. Giovanni, 23 anni, l'avevano assolto per insufficienza di prove (non era nel pieno delle sue facoltà mentali). Il padre, Domenico Suraci. 44 anni, sta scontando 28 anni per il rapimento. In prima istanza era stato condannato a 12 anni, ma successivamente l'avevano riconosciuto colpevole anche del sequestro dell'industriale mobiliere Luigi Mensili, di Arosio, rapito il 7 giugno dell'80 e liberato un mese dopo, ili luglio. Una duplice sentenza di morte eseguita dall'-anonima- e forse voluta dal «ccrvello» della banda, che è ancora in libertà, Antonio Sfrangio, condannato in contumacia a vent'anni. Si dice che Agata Oattellaro abbia collaborato con la giustizia, che sia stata una 'pentita» della 'ndrangheta e le sue informazioni sarebbero servite a togliere di mezzo almeno un paio delle tante gang specializzate in sequestri che operano In Lombardia. Qualcuno ha avuto paura che la donna potesse ancora raccontare segreti e questa 'debolezza» nell'organizzazione criminale si paga con la vita. Tre sicari che forse sono arrivati da molto lontano, 'dalla Calabria —suppongono gli investigatori — e non avevano paura di farsi riconoscere». Il bambino li ha visti bene in volto 'ma la sua testimonianza serve a poco, ha avuto la mente sconvolta. Però sembra che qualcuno li abbia riconosciuti mentre attraversavano il paese e speriamo che si decida a parlare-. La villa del delitto ha due alloggi uno sopra l'altro, in una stradina tra siepi e recinzioni alla periferia di Ca- rugo. A plano terra abita l'artigiano Amedeo Rocco, 52 anni con la moglie Enrica, 48, e due figli, Gastone. 19 anni, e Donatella, di 16; al primo c' era la Cattellaro con i due figli, un appartamento che avevano acquistato una quindicina di anni or sono quando 1 coniugi, arrivati dalla Calabria, lavoravano come infermieri: lei all'ospedale di Mariano, lui in quello di Oiussano. .. Una famìglia tranquilla con qualche cruccio per il figlio maggiore sor- dastro e forse non troppo a posto di cervello- dicono 1 vicini. 'Giovanni era un ragazzo pieno di buona volontà — sostiene l'artigiano Rocco — e per aiutarlo lo facevo venire nel mio laboratori! di verniciatura e gli davo qSatèosa. In questa nlfido iìivevò^olto dalla strade, dopo l'arresto del padre». I t Al primo plano «ella villetta c'era la prigione di Maria Sacco 'proprio sopra la nostra camera da letto — ricorda Rocco — ma non ci siamo mai accorti di tanto cosi. E' stata una sorpresa anche per noi quando abbiamo abbiamo saputo tutto». Poi l'arresto della banda, otto persone, che tra il primo processo e 1' appello ha visto quattro condanne e quattro assoluzioni. Lunedi, ore 19,50. 'Era appena Iniziato ti telegiornale della rete Z~_ — ricorda Amedeo Rocco — quando suonano alla mia porta. Apre mia figlia Donatella e si trova davanti Giurano duraci che piange: "Dove vado a dormire questa sera? Sono entrati tre carabinieri e hanno ucciso mia mamma e mio fratello". Ho pensato a una fantasia del bambino, poi ho risto che aveva la m'pntca destra sporca di sangue. Aldo Popaiz 1
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