«Vedo Badoglio e i suoi allegri ragazzi»

«Vedo Badoglio e i suoi allegri ragazzi» MACMILLAN PUBBLICA INDISCRETI DIARI DI GUERRA «Vedo Badoglio e i suoi allegri ragazzi» LONDRA — Nel 1942 Harold Macmillan aveva lasciato l'Inghilterra per l'Africa del Nord portandosi dietro due macchine per scrivere che aveva «soffiato» al Colonial Office. Con il titolo di Brltish Minlster Resident in North Africa, ministro britannico residente in Nordafrlca, Macmillan era il braccio destro di Winston Churchill. Nel maggio del '45. quando cioè lasciò quel ministero. Macmillan era responsabile per la politica mediterranea, per l'Italia, la Jugoslavia, la Grecia, 1 Balcani e anche il Nordaf rica. La storia del conflitto Harold Macmillan l'ha già raccontata in The Blast of War (Lo scoppio della guerra), secondo dei sei volumi che compongono la sua autobiografia. Ma ora 11 vecchio statista pubblica l'assai più indiscreto e intimo War Diarìes (I diari di guerra), luglio 1943maggio 1945. nei quali, naturalmente, l'Italia figura come protagonista. Questi diari, oltre 700 pagine, pubblicati dall'editore Macmillan, cioè, in un certo senso, da lui stesso, vennero composti quasi casualmente. Cominciarono con l'essere lettere alla moglie Dorothy (figlia del duca di Devonshire). pensieri e resoconti di avvenimenti, pro-memoria per sé stesso e per il primo ministro. Non solo danno una visione più intima della storia, ma anche descrivono i personaggi, come Eisenhower che non fa che fumare. De Gaulle, Bonomi, Badoglio, il re Vittorio Emanuele («La t>eccWafa non ha privato questo monarca di sottigliezze nelle negoziazioni ed abilità men¬ tale»), come Sforza («uomo vanesio ed ambizioso») e persino come André Oide che troviamo a fianco dell'autore per una assolata colazione di spaghetti e vino a Catania. Con lo sbarco alleato Harold Macmillan era arrivato in Sicilia e alternava il delicato ruolo politico (spesso in antitesi con i diplomatici che Churchill definisce «scemi»), con visite turistiche di templi, chiese e musei; con la lettura dei suoi amati testi classici e di Jane Austin e Rebecca West; con colazioni politiche, ma anche mondane e familiari; con 11 comporre, su una delle macchine per scrivere, un palo di pensieri: il resoconto della giornata, un commento spesso sarcastico. Nonostante l'immediatezza della scrittura, questi diari riflettono l'accurata eleganza dell'uomo di cultura, la visione e la preparazione storica. Il 25 febbraio del 1945, nella sua «Humber», fa un giro di quattro giorni per il fronte: vuole essere tra i ragazzi in pericolo, non rimanere nella sicurezza delle ville, dei quartieri generali: «Fermato a Orvieto (deviando appena dalla via diretta) dove sono andato a rivedere gli affreschi di Signorellx. Sono veramente magnifici». E commenta la devastazione: «Quello che non abbiamo distrutto noi con le bombe, dice del nostro Sud, è stato fatto saltare in aria dai tedeschi». Il 28 settembre 1943 va «alle 10,30 per ulteriori discussioni con Badoglio e i suoi "allegri ragazzi"». La poca serietà displace all'uomo di Stato che prova * ammirazione per la cultura italiana e commozione per le sofferenze della gente. A Bari incontra «brillanti antifascisti» che hanno fondato «un ottimo quotidiano» e va a vedere i castelli di Federico II. Ma la politica italiana non è rose e fiori: «La difficoltà consiste nel fatto che desideriamo avere un governo italiano più democratico che abbracci una larga base, scrive il 26 ottobre 1943, ma i leader politici che abbiamo incontrato finora sono scadenti assai. I meglio sono a Roma, Milano, Torino. Inoltre alcuni rifiutano di lavorare con Badoglio, altri con il re. Alcuni vogliono un primo ministro che non sia un militare, altri che il re abdichi immediatamente... Sforza sta tessendo intrighi per forzare il re ad abdicare così che Badoglio diventi reggente, automaticamente, e lui primo ministro... Nel frattempo si teme che se i tedeschi se ne xmnno da Roma, nell'intervallo di tempo dell'entrata alleata nella capitale si formi un governo rivoluzionario com'è avvenuto nel 1871 a Parigi con la Comune». Il 29 ottobre dello stesso anno viene a trovarlo a Napoli Benedetto Croce: «// senatore-filosofo ci parlò per un'ora e mezzo, in continuazione, senza prendere respiro. Non disse molto di nuovo, a parte che era liberale e monarchico ma die il re doveva andarsene e bisognava trovare un reggente». Nel '44 è spesso a Roma, ma il quartier generale rimane a Caserta. Il 9 agosto «il maresciallo Tito è venuto a colazione in villa, a Caserta. Gli ho detto che non mi aspettavo di avere la sua guardia del corpo nella mia camera da pranzo, che erano usanze inconsuete tra gentiluomini nel nostro Paese». La guardia del corpo viene rimossa. Il problema della Venezia Giulia era all'ordine del giorno. L'arrivo di Churchill causa grandi movimenti. Tenuto segre lo alla stampa, il primo ministro fa il bagno nelle acque tiepide del Tirreno. Il 23 è a Roma: in una sola giornata incontra 11 Papa, tiene una conferenza stampa, fa colazione con 11 Principe di Piemonte e, alle 15,30 incontra il governo italiano: «Cosi in una giornata ho visto tutte le forme del potere spirituale, regale, governativo e il quarto stato del regno. E' straordinariamente versatile ed era chiaramente contento. E' stata una buona idea vedere tutti i membri del governo ed in questo modo evitare il persister/i degli incipienti attacchi — ouf e in patria — sul fatto che Churchill vede solo la destra politica (Bonomi e Badoglio)». Dopo un anno di Grecia, Macmillan torna in Italia. C'è una bella descrizione di una serata con i principi Doria (12 gennaio 1945). Doria, antifascista e sindaco di Roma dopo il '44, aveva a suo tempo mandato una lettera al «suo nobile cugino, il re» pregandolo di non intervenire in guerra. Vittorio Emanuele la passò direttamente a Mussolini e Doria fini in prigione. «La storia è orrenda. Dopotutto il re avrebbe potuto bruciare la lettera. Sono contento ora che l'ho tiranneggiato a Rovello. "Mi mettete con la schiena al muro" mi disse quando Murphy ed io lo costringemmo ad abdicare o, almeno, a ritirarsi. Se avessi saputo questa storia, gliela avrei ricordata. Comunque mi risolve qualsiasi dubbio in merito al re. E non lo lascerò tornare a Napoli, come chiede, a Villa Rosebery». In aprile è al Nord d'Italia, in ammirazione, a Ravenna, davanti alla spettacolare architettura bizantina, ai mosaici del mausoleo di Galla Placldia. Il 23 si spinge fino a Modena, insieme con un certo Brown: «Il nostro arrivo in municipio causò una certa eccitazione, urla e abbracci. Il capo del partigiani mi baciò su ambo le guance quando venne a sapere che io ero il famoso Harold Macmillan del quale parlava la BBC come capo e padre degli italiani!». Ma dopo tanta commovente accoglienza Macmillan viene a scoprire che a Modena ci sono ancora 1 tedeschi. Ci sono sparatorie e combattimenti per le strade: «Brown ed io ora andiamo dicendo che noi due civili abbiamo liberato Modena!». Gaia Servadio Macmillan, visto da Levine (Copyright N.Y. Revlew of Boote Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa.)