Albertazzi, un «genio» da film

Albertazzi, un «genio» da film Al Manzoni di Milano la novità teatrale di Damiani e La Capria Albertazzi, un «genio» da film La stona delle esistenze parallele dì due registi amici, il loro scontro, in un copione che dimentica la dimensione del palcoscenico Interpretazione folgorante del protagonista, che è anche regista DAL NOSTRO INVIATO MILANO — Il principale difetto de 11 genio di Damiano Damiani e Raffaele La Capria, la novità teatrale presentata in anteprima al Teatro Manzoni, regista e protagonista Giorgio Albertazzi, è di non essere abbastanza (a dispetto di un premio Idi 1084) una novità teatrale: ma ancora troppo ciò che fu in origine, cioè un copione cinematografico. Damiani e La Capria hanno avuto una bella idea: la storia di due registi cinematografici, amici del cuore in giovinezza, poi separati dal destino, l'uno (che, non à caso, si chiama Theo) avviato ad un rapido, inarrestabile successo, l'altro (battezzato più modestamente Clem) condannato, dopo 11 solito promettente esordio, ad una cronica carenza di creatività. Dopo anni di separazione, i due si relncontrano, nella villa al mare di Theo: è l'occasione di un amaro bilancio delle loro esistenze, parallele solo nelle risultanze esterne, ma nel profondo radicalmente divergenti: un bilancio che si farà presto scontro senza esclusioni di colpi. E' a questo punto che Damiani e La Capria si sono dimenticati che quel loro Iniziale copione per lo schermo avrebbe dovuto essere allestito su un palcoscenico: spazio angusto e spoglio, che esige da qualsiasi vicenda, anche la più realistica, com'è questa nel suo avvio, la più asciutta essenzialità. E' difficile, com' è noto, rendere credibile a teatro una villa di ricchi nel pressi di Cannes, mentre, invece, si riesce agevolmente al cinema, con interni ed esterni, saloni e piscine, patii e giardini con vista sulla Croisette: e, difatti, la scenografia di Cosma Emmanuel, con tutti quegli scorrevoli di nichel e vetro, un improbabile terrazzino con telescopio, poltroncine rosse da sala di prolezione, oscilla pericolosa¬ mente tra verosimiglianza e astrazione. Non si può affollare quello ch'è un «gioco di massacro» tra due antagonisti (e c'erano le premesse anche di un più spietato triangolo esistenziale, con il personaggio, purtroppo appena abbozzato, di Bella, moglie di Theo, vagheggiata e sedotta da Clem) con un pittoresco caravanserraglio di figurine di ma¬ niera, il produttore, il critico, l'aiuto, la guardarobiera, persino un'improbabile (e bellissima) transessuale. Tutto ciò, su pellicola, fa quadro di costume, anche se scontato può riuscire accettabile (penso a La terrazza di Scola): a teatro è, dopo pochi istanti, di un'insopportabile ovvietà. Non si può tradurre a teatro un impietoso agone tra due esistenze In termini da «cinema nel cinema», facendo filmare all'uno l'altro personaggio per meglio comprenderlo, per infiggerlo sotto la lente del superotto. Tutto ciò riuscì splendidamente al compianto Truffaut In Effetto notte: ma, a parte la Ironia e la leggerezza del francese, eravamo appunto al cinema: mentre 11 teatro esige sue specifiche sovrastrutture. Ho parlato troppo del copione e della sua discutibile messinscena, mentre volevo dire al più presto dell'interpretazione di Giorgio Albertazzi, nel ruolo di Theo, che m'è parsa letteralmente folgorante, una delle più «totali» della sua carriera. Non so trovare altro aggettivo: perché davvero lui è totalmente Theo, personaggio e attore coincidono al millimetro, stesso egotismo, superbia, aggressività, antipatia, masochismo, e ad un tempo stessa generosità, tenerezza, solitudine, disperazione. Per questo, forse per la prima volta, Albertazzi sembra non recitare: e invece recita ad ogni battuta due volte, e dev' essere una fatica mostruosa, perché non c'è nulla di più massacrante di «fingere» naturalmente se stessi. Luigi Pistilli è un Clem di appassionata dedizione; la Rasslmov fa con un tocco di mistero la sfuggente Bella; 11 Serato Ironizza con garbo su se stesso. Corretti gli altri. Successo molto caldo, che lascia bene sperare per un'impresa assai coraggiosa. Guido Davlco Bonino Giorgio Albertazzi e iAiigi Pistilli in un momento de «Il genio», all'anteprima del Manzoni

Luoghi citati: Cannes, Milano