Svendita dei Savoia in miniatura

Svendita dei Savoia in miniatura GINEVRA, DOMANI ALL'ASTA LA COLLEZIONE DI UMBERTO II Svendita dei Savoia in miniatura Aria sabauda nelle aste d' autunno. Si disperdono le spoglie dei re e dei viceré. A Londra il 9 ottobre da Sotheby's un servizio di caffè di Meissen, nella sua scatola di pelle russa, regalato dal re Antonio I di Sassonia a Vittorio Amedeo III, fa 82.500 sterline (circa 191 milioni di lire). E per 44 mila (102 milioni di lire) il libraio antiquario Maggs si aggiudica a Londra, il 15 ottobre, un manoscritto miniato islamico del sedicesimo secolo che probabilmente Vittorio Emanuele III comprò ad Alessandria d'Egitto durante il suo esilio. Il 17, sempre da Sotheby's, due tappeti persiani del diciassettesimo secolo del tipo detto polacco, provenienti anch'essi da Casa Savoia, vengono venduti per 198 mila e 176 mila sterline (459 e 408 milioni di lire). A Napoli dal 20 al 24 ottobre le due maggiori case d'asta italiane, la Finarte e Semenzaio, unitamente mettono all' asta per conto dell'amministrazione straordinaria della flotta Lauro quadri, arnesi, paramenti e fin le più minute masserizie del comandante che del Savoia esiliati si fece paladino nella Repubblica: un quadro di Mattia Preti, Olindo e Sofronia, fa 200 milioni, una rara, bellissima serie di sei arazzi di Beauvais con le conquiste di Luigi XIV, 400. E la gente si contende come reliquie anche i pezzi più insignificanti: lavatrici, cyclettes, portaceneri. Ora altri oggetti sabaudi si annunciano nelle vendite di metà novembre promosse da Sotheby's all'Hotel des Ber- gues di Ginevra. Domani andrà all'asta una parte della collezione di miniature composta da Umberto li, oltre 160 ritratti di appartenenti a Case regnanti europee e soprattutto a Casa Savoia. Una collezione il cui pregio non sta tanto nella qualità dei singoli pezzi, piuttosto modesti, quanto nell'insieme. E nell'aver raccolto questa galleria di antenati portatile si rivela appieno un tratto caratteristico dell'ultimo sovrano d'Italia: una sorta di malinconico amore del passato, una pietas familiare che certamente non è altrettanto forte in chi ha ereditato la collezione. Alla notizia delle vendite londinesi si sono levate in Italia voci di condanna; il rispetto del fatti altrui, la consapevolezza di quanto sia difficile conservare e dividere, il fastidioso sentore di moralismo che emana da tal genere di riprovazioni ce ne tiene in genere ben lontani. E tuttavia non si può fare a meno di notare che l'esiguità del valore venale della raccolta ne avrebbe potuto facilmente evitare la dispersione. Certo quella del Savoia di linea primogenita non è una gioconda compagnia: facce lunghe, occhi glaciali, volti inciprigniti: da quale lontananza ci arriva lo sguardo affilato di Carlo Emanuele III in una delle miniature più belle, e quale regale calvizie fu più mesta di quella di Vittorio Emanuele I? Assai più affabili i Carignano: da un romantico Carlo Alberto adolescente fino — è tutto dire — a un Vittorio Emanuele III bambino vestito alla marinara. A proposito del quale va segnalato un curioso qui prò quo del catalogo che interpreta il «Ventura dipinse» apposto a firma di questa e di altre miniature umbertine come fossero nome e cognome del signor Ventura Dipinse. La miniatura che ha la stima più alta (10 mila-15 mila franchi svizzeri) è il ritratto di un figlio di Carlo Emanuele III, Benedetto Maurizio duca del CHiablese e più tardi marchese d'Ivrea, rappresentato seduto davanti a una scrivania del Bomanigo in una loggia aperta dalla quale si vedono le Alpi e il castello di Agliè. Lo stemma del duca unito a quello della moglie e nipote Maria Anna, figlia di Vittorio Amedeo III, orna un servizio da toilette in vermeil che andrà all'asta con altri oggetti di proveniema sabauda nella vendita di mercoledì dedicata agli argenti antichi. Di particolare importama storica ed eccezionale esempio della qualità raggiunta dalle arti decorative italiane anche nel negletto Ottocento la brocca e il bacile d'argento progetta¬ ti da Ferdinando Albertolli e Luigi Saoatelli, fusi a cera persa da Benedetto Cacciatori e cesellati da Giovanni Bellezza. Concepiti coma' dono di nozze della municipalità di Milano all'arciduchessa Adelaide d'Austria che nel 1842 andò sposa al futuro Vittorio Emanuele II, essi furono completati e consegnati solo cinque anni dopo accompagnati da un carme descrittivo composto dal segretario del consiglio municipale Guglielmo Silva. L'esuberante decorazione raffigura nel bacile, intorno allo stemma della città di Milano, la regina degli Insubri che versa da una cornucopia i doni dell'abbondanza tra figure allegoriche di arti e mestieri, scienze e virtù; mentre nel bordo, tra volute d' acanto e putti, si iscrivono i medaglioni di cinque milanesi illustri: il Patini, Il Beccarla, Pietro Viri. Andrea Appiani e Barnaba Orioni. Nella brocca domatrici e musicanti, la Purezza, il Potere e la Fertilità accompagnano gli sposi coronati da Imeneo. In anni cosi vicini alle cinque giornate non è forse arbitrario vedere in questo dono di nozze per un'arciduchessa austriaca che si maritava al figlio di Carlo Alberto le aspirazioni della città a una più stretta unione col Piemonte. Sarebbe un peccato se un mu,seo o un collezionista milanesi non approfittassero di questa occasione per far tornare a Milano un oggetto tanto importante per la sua storia e la sua arte. Mario Spagnol