Il decreto del Mezzogiorno è quasi certo che decadrà di Alberto Rapisarda

Il decreto del Mezzogiorno è quasi cerio che decadrà Dovrebbe avere il sì del Senato e della Camera entro il 19 novembre Il decreto del Mezzogiorno è quasi cerio che decadrà Il provvedimento, fermo a Palazzo Madama, dovrebbe sostituire la «Cassa» • Contrasti dc-psi su chi dovrà gestire i fondi ROMA — Ha moltissime probabilità di decadere il decreto legge che crea il liquidatore della Cassa del Mezzogiorno e che dovrebbe permettere di gestire gli impegni finanziari in corso. Il provvedimento doveva essere votato ieri al Senato per passare poi alla Camera ed essere approvato entro 11 18 novembre. Ma, di fatto, non c'è stata seduta. In un susseguirsi di convocazioni e sconvocazioni, e in una ridda di riunioni di capigruppo, giunta del regolamento e commissioni, i senatori hanno in pratica preso atto che ormai non faranno in tempo. Il decreto sarà rimesso all'ordine del giorno nella seduta pomeridiana di martedì prossimo, quando mancheranno solo cinque giorni alla decadenza. Causa del trambusto di ieri sono state, formalmente, le obiezioni di costituzionalità di comunisti e missini, contrari all'inserimento nel decreto di emendamenti dalla maggioranza che non erano da considerare urgenti. Di fatto, il decreto si è impantanato a Palazzo Madama per la lotta sotterranea tra democristiani e socialisti, a proposito di chi deve gestire le decine di migliaia di miliardi da destinare al Mezzogiorno. Quello che esaminava ieri il Senato, era in effetti un provvedimento ben diverso dallo scarno progetto originarlo, nato per la sola liquidazione della Cassa, defunta in agosto dopo che il Parlamento ne aveva bocciato la nona proroga. Strada facendo, la maggioranza aveva aggiunto un emendamento che avrebbe dovuto ampliare i poteri del liquidatore Perottl, ex presidente della Cassa, gradito ai socialisti. Contemporaneamente, un altro emendamento avrebbe dovuto istituire un Fondo nazionale per lo sviluppo, stralciandolo dal disegno di legge che avrà, prevedibilmente, un più lento cammino parlamentare. Il Fondo dovrebbe sostituire la Cassa ed avrebbe da gestire in nove anni 120 mila miliardi. Il controllo spetterebbe al ministro per il Mezzogiorno, che è il democristiano De Vito. E' comprensibile, quindi, che questa modifica fosse gradita alla de. Ma i comunisti hanno obbiettato che in questo modo si creano due Casse del Mezzogiorno; una ad uso de e l'altra del socialisti. «£' un trucco meschino, un approdo miserabile delle dispute interne della maggiorami!* diceva in aula 11 capo-gruppo del pei, Chiaromonte. Secondo pei, itisi e. Indipendenti di sinistra, gli emendamenti della maggioranza non potevano essere accettati perché non avevano i necessari requisiti di straordinarietà ed urgenza. Il presidente del Senato Cossiga, udita la giunta per il regolamento, riteneva fondata l'obiezione e invitava la maggioranza a ritirare gli emendamenti o a rlpresentarli modificati. In realtà, dubbi di fondo li aveva avuti anche il liberale Valitutti, il quale invitava a fugare il sospetto che «il Fondo che stiamo per istituire sia una reincarnazione della vecchia Cassa-. I socialisti replicavano furibondi ai comunisti: «Quello che sta avvenendo è davvero mostruoso — diceva il sen. Frasca —. Nel Mezzogiorno i comunisti organizsano la protesta contro il governo perché non affronta decisa¬ mente la questione meridionale e qui approfittano della farraglnosità dei regolamenti per tentare di affossare ogni soluzione legislativa*. Ma il capo dei senatori democristiani, Mancino, si mostrava più misurato, come se la disavventura degli emendamenti non lo preoccupasse poi tanto. Visto che non si può istituire 11 Fondo, spiegava, «é però possibile disciplinare i poteri del commissario, die vanno limitati alla sola liquidazione della vecchia Cassa. Contemporaneamente va prevista una gestione stralcio per consentire la continuità del flusso nel Mezzogiorno-. Gestione che, secondo quanto si è capito, dovrebbe ricadere sotto l'influenza della de. E' una soluzione che non va sicuramente bene ai socialisti. Lo stesso Mancino deve essersene reso conto, tant'è vero che ha suggerito di lasciare decadere 11 provvedimento ormai irrecuperabile. Alberto Rapisarda

Persone citate: Chiaromonte, Cossiga, De Vito, Mancino, Valitutti

Luoghi citati: Fondo, Roma