L'illusione è dentro la grotta-cattedrale di Emanuele Novazio
L'illusione è dentro la grotta-cattedrale L'illusione è dentro la grotta-cattedrale PARIGI — La gran sala dell'Odèon è buia, il palcoscenico vuoto: gli attori arriveranno a sera, per la prova. Seduto alla decima fila di sinistra, vestito di nero. Giorgio Strehler chiede »il movimento delle luci con le musiche». Un assistente passa voce: servoìio i costituii del quinto atto, un altro segue il farsi e disfarsi della grande grotta, sulla scetia. Mancano cinque oionif alla prima dell' «Illusioni, di Corneille. che inaugurerà la seconda stagione del Théàtre de l'Europe (problemi tecnict hanno imposto un rlrwio di ventlquattr'orc): Strehler controlla, ripete, insiste. Luci, musiche, suoni, effetti devono fondersi, scorrere uno nell'altro -come note di una musica». E' teso, si atea e torna a sedersi, chiede un caffè. Davanti a lui il tai>olo di regia, steso sopra cinque poltrone: con su il testo annotato, una lampada a gomito, nera, un telefono, il microfono per farsi sentire dietro le quinte. Qualcosa non va, sulla scena: «Quella riga bianca, e quella nera, ma cosa sono? Perché? Bisogna scoprire cos'è: è un errore, oppure è lo sporco?». Un assistente si alea, va a controllare, la sua ombra corre dietro il primo telone di sfondo. «Ogni giorno cosi, sempre sempre». Un urlo soffocato, un lamento: «Perché quella polvere 11? Ci sarà una ragione. Ma dove non lo so proprio». Nel corridoio di meno, sema più occhiali tagliati, da presbite, Strehler passeggia. La rabbia è passata, sorride: «Alle ultime battute delle prove sembra sempre di non essere pronti». Ma è i>ero? «Non si è mai pronti. Il teatro è un lavoro che non ha mai fine. Gli mettia¬ mo una fine perché bisogna andare in scena: ma 11 lavoro creativo non è mai finito, il teatro è un continuo svilupparsi». Ma i problemi, ci sono ancora problemi? «Duecentomila, quelli di sempre. Di ordine estetico, anche: bisogna capire, e bisogna realizzare». Lavorare qui, è come lavorare a Milano? «La differenza non è nella qualità ma nell'abitudine. A Milano ho con me la stessa gente da venti, trentanni. Qui no: per creare linguaggi e abitudini comuni ci vuole tempo. Stiamo facendo uno spettacolo, è vero: ma stiamo anche costruendo un teatro, 11 Théàtre de l'Europe». La pausa è finita, il regista torna al suo posto, accanto al direttore delle luci. Davanti ha il copione, ma non gli serve, non lo apre. Cita il quadro, l'episodio, dice dove vanno accesi i riflettori sullo sfondo. Non si accontenta, chiede ancora una volta, fa ripetere tutto. Sulla scena, la grande grotta-cattedrale creata da Ezio iFrìgerio si illumina, si spegne, torna a -brillare. Dietro, una luna evanescente, una città immaginaria. Ma l'«idea di tutto lo spettacolo» sarà la grotta. Una grotta che si muove, si allarga, diventa grandissima, enorme. E che alla fine è risucchiata, sparisce. Fino a clie «resta 1! teatro svuotato, un luogo anonimo». Com'è nata la grotta; Frigerio? «Dalle prime parole del testo che, subito, parla di lei. E da una grotta vera: ne ho trovata una vicino a Roma, ho fatto un calco e l'ho ricostruita qui». Un procedimento insolito. «Inabituale, nuovo, è vero. Ma riproporre In teatro la roccia è sempre un falso. L'uomo che rifa la natura è sempre limitato. Ho voluto l'imitazione, non la citazione della realtà». Tra poco arriveranno gli attori, tutti francesi. Sette, per una Quindicina di ruoli, come nelle troupe del Seicento. Strehler li aspetta; lo sì vede da come, adesso, sfoglia il copione. Al botteghino la coda si allunga, la ragazza scuote la testa: niente più posti, da mereoledì il teatro è esaurito. Emanuele Novazio Giorgio Strehler: «Se non fosse per il debutto, si continuerebbe sempre a provare»
Persone citate: Corneille, Ezio Ifrìgerio, Frigerio, Giorgio Strehler, Luci, Strehler
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