Carbone, alternativa al petrolio ma (per ora) è troppo Inquinante di Mario Pirani

Carbone, alternativa al petrolio ma (per ora) è troppo Inquinante VIAGGIO NELLE MINIERE AMERICANE DELLA WEST VIRGINIA Carbone, alternativa al petrolio ma (per ora) è troppo Inquinante Parla Felice Ippolito, del Comitato per l'energia - Quest'anno acquisti in Italia per oltre 8 milioni di tonnellate, saranno 37 nel 1990 - In costruzione nuove centrali in alternativa a quelle ad olio combustibile - Il problema delle piogge acide Il carbone nei decenni Irascorsi sembrava uscito di scena. Soppiantato dal petrolio e, poi. dall'atomo appariva quasi un simbolo dell'archeologia industriale del secolo XIX e del lavoro umano inteso come fatica e pericolo. Ma non era cosi: la crisi petrolifera e le resistenze incontrate nella installazione su larga scala di centrali nucleari hanno riportato in primo piano la sua utilizzazione. L'Italia, per la sua dipendenza energetica dall'estero, e cosi rapidamente diventata il più grosso importatore europeo di carbone con grandezze via via crescenti. Se quest'anno, infatti, gli acquisti hanno superato gli 8 milioni di tonnellate, per il 1990 le previsioni sono addirittura di 20 milioni di tonti, per l'Enel e di altri 17 milioni per usi industriali. La comparsa sul mercato di un acquirente di simili proporzioni lia naturalmente scatenato i produttori e in primo luogo quelli statunitensi che cstraggono un minerale di qualità migliore ma a costi più alti dei concorrenti sudafricani, polacchi, au- slrallani, sovietici, ecc. Ancora più alti sono invece i costi del carbone Cee (Inghilterra. Francia, Germania, Belgio) il che spiega l'abbandono delle miniere e le dure lotte sindacali che ne derivano. La gara per accaparrarsi II mercato Italiano non è, però, subordi-, nata solo al prezzo ma ad altri fattori, in primo luogo quelli ecologici, forse ancor più importanti. La partita e, quindi, complessa e lo si .è visto nel recente incontro avvenuto a Roma tra operatori americani, che vorrebbero mantenere ed anzi ampliare la loro quota di mercato, e gli importatori italiani. Per interessare anche l'opinione pubblica alle scelte carbonifere una delle più grandi società americane del settore, la Wcstmorcland, ha recentemente invitalo una delegazione di giornalisti italiani a visitare l suoi pozzi nella West Virginia, I suol centri di ricerca e l'imponente c nuovissimo terminal a Newport News presso Norfolk dove vengono caricate, con sistemi completamente automatizzali e computerizzati, le navi per il trasporlo del minerale. I punii su cui i manager della -Wcstmorcland si sono più soffermati riguardavano, appunto, il bassissimo tenore di zolfo (meno dell'uno per cento), la sicurezza dell'approvvigionamento, anche grazie ad un nuovo contratto sindacale che assicura 80 mesi senza minacce di sciopero, lo sviluppo tecnologico, che ha permesso l'Introduzione di macchine scavatrici che raddopperanno la produzione, già oggi di 20 tonnellate orarie. Ma, come e evidente, ogni venditore esalta la propria merce e le società minerarie non sono certo da meno. Per avere un giudizio più distaccalo ci siamo, quindi, rivolli ad un tecnico, il prof. Felice Ippolito, geologo, membro del Comitato Italiano per l'energia, parlamentare europeo. «E' vero — conferma Ippolito —, le sole alternative serie al petrolio sono il nucleare e il carbone, he altre fonti possono al massimo fornire acqua calda, non certo elettricità^. Ii«i, però, passa per un filonucleare puro. Come mai si è convertito, almeno parzialmente, al carbone? «Perché siamo restati troppo indietro. E', quindi, necessario- recuperare in parte il tempo perduto e in questo senso.un squilibrio tra le due fonti di energia è opportuno. Le centrali a carbone, infatti, hanno un tempo di costruzione più rapido delle nucleari,,. In confronto alle Indicazioni del plano energetico non slamo rimasti indietro anche per quanto riguarda il carbone? «51, ma ora le cose si sono messe in moto. E' in costruzione la centrale di Brindisi di 2400 MWe, mentre per quella di Gioia Tauro vi è una qualche resistenza politica negli enti locali ma sono già state concesse tutte le autorizzazioni. Due unità da 000 MWe si stanno, inoltre, ag¬ giungendo a quelle esistenti a Piombino e Vado Ligure. Re-sta, invece, ancora imprecisata la localizzazione della centrale dell'Alto Adriatico che dovrebbe essere collocata tra Muggia e Trieste. Il l*iano energetico nazionale per ora prevede solo questo, mentre e stata abbandonata l'ipotesi di una centrale a carbone in Val Padana, data l'assurdità di impianti di questo tipo in terraferma. Il che spiega, anche, l'opposizione giustificata degli agricoltori del Lodigiano alla centrale di Tavezzano, già autorizzata per il tclerlsculdamentodi Milano-. Cosa suscita tanta diffidenza? «L'inquinamento che si Iraduce soprattutto nelle piogge àcide*. Ma allora il carbone è più inquinante del nucleare? -Certamente molto di più ed ha anche una radioattività maggiore. Una centrale termoelettrica da 1000 MW alimentata a carbone scarica ogni secondo dalla ciminiera 270 kg di anidride carbonica, i cui effetti nocivi sul clima stanno facendo sorgere sempre più forti preoccupazioni. Un recente studio della National Academy of Science af¬ ferma che l'anidride solforosa provoca ogni anno per ogni centrale circa 25 decessi, 60.000 casi di malattie respiratorie e danni alle cose per 12 milioni di dollari». E' possibile avere un carbone «pulito»? •71 carbone si può usare se lo si brucia dopo una completa desolforizzazionc. Di qui la necessità di acquistare minerale particolarmente puro e che abbia subito la raffinazione necessaria. Naturalmente tutto ciò fa salire il costo del chilot>attore da carbone, quasi al livello del chilovattore da petrolio. La vera alternativa risiede però nel progresso scientifico e tecnologico che permetterà di bruciare e utilizzare il carbone in modo diverso, attraverso la sua gassificazione o liquefazione. Gli americani stanno puntando molto in questa direzione e se riusciranno potranno evitare che l'uso del carbone si traduca in puzza, piogge acide, danni alla salute. E' chiaro il nostro interesse come importatori e utilizzatori». Non potremmo, Invece di spendere dollari, alimentare le centrali col carbone sardo del Sulcls? 'L'uso del carbone — ò meglio della lignite del Sulcls — è oggetto di cocenti polemiche. Gli studi più attendibili dimostrano che per essere in pareggio la miniera, dopo otto anni di lavori preparatori il cui costo graverebbe per 1000 miliardi, dovrebbe produrre non meno di 1.700.000 tonnellate l'anno. Ma un carbone con l'8-9% di zolfo, più inquinante del peggior olio combustibile, con il 19% di ceneri e una radioattwità dicci volte supcriore al normale, non può essere bruciato per legge al di fuori del Sulcis. E poiché l'Enel in loco non potrà assorbire più di un milione di tonnellate, non si saprebbe cosa fare. Del resto persino le popolazioni delle altre centrali della Sardegna 10 rifiutano. 1 propugnatori del progetto di utilizzazione, peraltro, non deflettono e vorrebbero addossare le perdile all'Eiii, una l'era follia economica a parte l'inqulnumcnlo aggiuntivo che colpirebbe mezzo Mediterraneo. Non è servito, evidentemente, neppure il precedente dell' elettrodotto Sardcgna-ElbaToscana, costruito con. una perdita di centinaia di miliarditfempKfCól presupposto di una mega-centrale nel Sulcis, e the non fu mai utilizzato». E II carbone europeo, quello Inglese, ad esempio? *La Thalcher ha ragione da vendere nel voler chiudere miniere dove si estrac carbone a G000 metri di profondità e che viene a costare tre volle 11 prezzo di mercato. Non potremmo certo esser noi a pagarlo». Mario Pirani

Persone citate: Felice Ippolito, Ippolito, Newport, Norfolk, Sulcis