E dopo duecento pagine il «padrone delle ferriere» baciò la marchesa

Torna il famoso feuilleton borghese Torna il famoso feuilleton borghese E dopo duecento pagine il «padrone delle ferriere» baciò la marchesa scambiarono il primo bacio d'amore: E' la battuta finale del romanzo. I protagonisti, per chi non lo sapesse, sono marito e moglie. Non un marito e moglie qualunque, se U sta il senso della storia. Ecco, nel Padrone delle ferriere si racconta, attraverso un episodio esemplare un fenomeno non tanto della lotta di classe quanto della crisi d'una cultura ancora contemplata nei suol vertici: un ceto nobiliare immobile, fuori del tempo, contrapposto alla nuova aristocrazia imprenditoriale (cos' è, civiltà contadina e civiltà industriale? un po' si, ma a dosi risicate) con in mezzo due matrimoni Incrociati a dimostrare un interclassismo ormai inarrestabile, seppure ad alti livelli. Non si scomodi però il capitalismo. E meno ancora il socialismo. Non è di ciò che si contende. La vera grande novità è che il protagonista, l'eroe, sia un ing., un titolo diverso. Il romanzo sta tutto nelle nozze «Impossibili», di convenienza, di compromesso: il maitre, dunque, con la faccia di Carlo Nlnchi sposa la marctiasina Clara con la faccia di Alida Valli ventenne. E l'amore? L'amore arriverà con l'ultima battuta come s'è visto, quale faticosa e paziente conquista. Self-mode anche lui. Dentro, naturalmente, ci stanno altre cose, altri «caratteri». E altri stimoli. Quelli della simpatia e dell' antipatia per esempio. Per quel che mi riguarda tutta la mia simpatia va al pessimo duca di BUgny, gaudente e spregiudicato, il rovescio del «santo» Filippo, e alla sacrosantamente perfida e vendicativa Atenaide, ch'è la mano non so se di Dio o della Storia, di una giustizia che punisce secoli di privilegiata alterigia. Un giudizio? Può anche darsi che, a tempi lunghi, al di là dell'innegabile valore documentarlo, Il padrone delle ferriere risulti un romanzo mediocre e orfano, seppur ricco di parentele. Una faccia e nienf altro. Ma quel capitolo ottavo (altro che Anton Giulio Maiano o Raffaello Matarazzol) è un match straordinario degno solo di un Ali Clay contro Liston, ai suol bei di. Cosa mica da poco, per chi se ne Intende. zione, per ulteriore testimonianza della verità dell'assunto. Vi si legge: «Fu un vero "imitatore di maniera" di quella letteratura sociale che aveva attraversato tutto l'SOO [...] e che aveva dato luogo a quella grande stagione della narrativa francese che ha avuto esponenti come Balzac, Stendhal, Sue, Hugo, Dumas, padre e figlio, Mallarmé, De Musset e, se vogliamo, persino Georges Sand». Non vorrei infierire su questo pot-pourri di svarioni o sciocchezze (anche se su Mallarmé, che non è e non può essere un errore di stampa, 11 dottor Freud ci avrebbe potuto scrivere su un saggio), non voglio infierire ma servirmene si, per indicare la confusione e la complessità di valutazione, dopo cent'anni, del feuilleton in generale e di Ohnet (però anche Malot. li negli immediati dintorni) in particolare. Nonostante Eco, 11 subconscio si domanda ancora: a cosa appartiene, che valore ha, con quali strumenti lo si deve affrontare? Con pudori, reticenze, complessi, da cui scendono le contraddizioni o i punti di vista non sempre tra loro compatibili Ma il punto d' avvio è che si tratta di un romanzo che produce piacere: uno lo legge e, in primis, si diverte. Quella di divertire e procurare piacere è comunque già una qualità non trascurabile, ancorché criticamente trascurata-per compiessi di colpa. D'accordo, il divertimento e 11 piacere del Padrone delle ferriere non sono sofisticati e consistono interamente nell'abilità di sfruttamento e uso di un meccanismo, ridotto, elementarizzato proprio nelle formule struttu¬ rali semplici e semplificate del «romanzesco». Certo, ne faceva uso anche Balzac, ma dovendo scegliere un parente prossimo gli preferirei C'ammarano, Non nego che ci sia qualcosa di nuovo. Intanto Ohnet scrive non solo dopo Sue ma pure dopo la Comune. Ciò vuol dire che nella ricetta c'entra un po' di sociologismo? SI, però non è Zola poiché il suo sociologismo è abbastanza grossolano e partecipa del processo - semplificativo: complessivo, di riduzione a schema, passando attraverso i filtri populistici del patetico, col masochistico godimento della viscerale commozione prolungata sino alla felice soluzione conclusiva Ci vogliono duecento fitte pagine prima di leggere: «Si avvinse disperatamente a Filippo; le loro labbra si unirono, e, in un'estasi inesprimibile, Folco Portinari