Da mille e mille anni è aperta la caccia all'unicorno

Leggenda e simboli di uno straordinario animale Leggenda e simboli di uno straordinario animale Da mille e mille anni è aperta la caccia all'unicorno pata culturale di vasta attrattiva; comprende civiltà lontane e autori grandi o oscuri; scende nell'inconscio e sale ai fastigi della poesia e della teologia; sventola le sue pagine come gli stendardi cavallereschi e s'increspa del sorriso che suscitano le varie pseudoscienze prodotte dal povero cervello umano; risolve non pochi indovinelli e s'arresta prudentemente davanti ad altri non meno stuzzicanti. L'unicorno continua a esercitare il fascino della bellezza e del mistero. Dall'ingenuità di Ctesia l'animale passa poco dopo indenne attraverso la zoologia di chi era qualificato più per bocciarlo che per promuoverlo e in grado, con la sua autorità, di cancellarlo sul nascere dalla faccia della terra: quell'Aristotele che invece accetta il racconto del medico di Cnido e lo suffraga con argomentazioni probanti. Poi il liocorno si apparta e per quasi mezzo millennio, quanto passa fra la Storia degli animali di Aristotele e quella Naturale di Plinio o più ancora la Natura di Eliano, non compare più nel mondo classico: anche se 11 grande Cesare racconta di un cervo unicorno che vive nella Selva Ercinia. E' soprattutto con un breve e curioso trattatello di età imprecisata, il rapido e simbolistico Fisiologo (il curatore della recente edizione nella Piccola Biblioteca Adelphi lo colloca fra II e III secolo, ma altri assai più in giù), che il liocorno entra definitivamente nella religione, nella scienza naturale, nella letteratura e nelle arti figurative, acquistando una popolarità affettuosa e mlrabonda. Si sa che nel Medioevo — e in età analoghe — poco importa, per crederci, che una cosa sia vera o no; entrano allora in azione altri meccanismi e mediazioni. Dal Fisiologo l'unicorno fu attcstato e quindi creduto, e gli furono riservate qualità e significati che il Fisiologo stesso gli attribuisce: Cesare Mì|^ rìlanda la «vecchia» grammatica L'un 'Poiché il cacciatore non può awicinarglisi a causa della sua forza straordinaria, gli espongono davanti una vergine immacolata, e l'animale balza nel seno della vergine, ed essa lo allatta, e lo conduce al palazzo del re». Omettiamo cos'è diventato questo particolare, nelle mani di Rabelais. Il Medioevo ne ricavò l'immagine del Salvatore onnipotente incarnato nel grembo della Vergine Maria. Raffigurazioni dell'animale, con gli zoccoli fessi in due gambe e compatti nelle altre due, barba di capra, coda di verro, testa equina, invasero capitelli e paramenti, arazzi sacri e profani. I guerrieri lo posero sul loro scudo come segno di purezza potente, i pittori ne elaborarono la figura araldica, lo cantarono Petrarca e Spencer. I sovrani ne acquistarono a carissimi prezzi i corni, interi o in polvere, per le loro virtù antivenefiche. Dai quaranta centimetri di Ctesia il corno stesso crebbe sino ai tre metri e mezzo di Alberto Magno e al sei e mezzo di quello posseduto da Lorenzo il Magnifico. Intanto gli esploratori continuavano a scoprire il beli' animale un po' dovunque, soprattutto nel regno del Prete Oianni, e gli scienziati a descriverlo e discuterlo, con rare eccezioni di cautela. Ambroise Pare, «il padre della chirurgia francese», a fine Cinquecento dimostrò con l'esperien¬ ho l'invito, posso venire lo stesso?; si preferisce Non ho {Invito, posso venire ugualmente?). Le frecciate di Marchi a proposito del lassismo grammaticale della scuola italiana nel penultimi, se non negli ultimi anni sono certo fondate. Ma i lettori del suo libro appartengono molto probabilmente a generazioni a cui la grammatica veniva ancora insegnata. Oli studenti freschi di studi perché mai dovrebbero comprare una grammatica, quando hanno appena venduto la propria al mercato dei libri usati? Marchi è brillante, ma ci sono zone della sintassi che perfino lui rinuncia ad illuminare con l'umorismo e si limita a trattare sbrigativamente. Il divertente è concentrato nelle pagine iniziali e nelle corrosive osservazioni finali sull'abuso di parole straniere, di eufemismi e di frasi fatte, buone per «riempire 11 vuoto di nulla». Il resto è una presentazione, con titoli spassosi e battute sparse qui e là, delle nove parti del discorso, allineate In modo canonico dall' I articolo all'interiezione, con tanto di spec' chietti della coniugazione del verbi ausiliari, regolari, attivi e passivi. Come nelle grammatiche del buon tempo antico le parti del discorso sono precedute da un capitoletto dedicato alla punteggiatura, agli accenti, all'uso dell'apostrofo che le grammatiche moderne trattano separatamente, in quanto poco o nulla hanno in comune se non il fatto che • si scrivono di fianco o sopra le parole e perciò spesso e volentieri si dimenticano. Nella sezione intitolata «II bello stile», oltre alla tradizionale esemplificazione di metafore, allegorie, ossimori ed altre figure retoriche, compare un capitolo in cui si spiega come scrivere una lettera. Nelle recenti grammatiche scolastiche la presentazione dei diversi usi della lingua in differenti tipi di testo spesso sfocia in capitoli dedicati alla lettera, all'articolo di cronaca, al verbale ecc. Non si creda che per una volta Marchi abbia ceduto alla sirena dell'innovazione: egli fornisce invece un «decalogo del mittente bene educato» ed alcuni esempi. Fra questi spiccano le varianti di una lettera di condoglianze: c'è una versione da usare quando sia 11 mittente sia il destinatario sono credenti, una per quando sono entrambi agnostici e altre due per quando uno crede e l'altro no. Carla Marello Cesare Marchi: «Impariamo l'italiano», Rizzoli, 194 pagine, 13.500 lire. IL filosofo Charles Sanders Pei ree, durante un viaggio in mare, fu derubato di un prezioso orologio e di altri effetti personali. Egli radunò l'intero equipaggio, e dopo un breve momento di riflessione fu in grado di indicare V uomo che riteneva colpevole del furto. Pei ree non aveva alcuna ragione obiettiva per ritenerlo colpevole; eppure, più tardi, si scoprì che il ladro era effettivamente quell'uomo. Si tratta, secondo,la terminologia di Pei ree stesso, di un caso di abduzione, o '»retroduzione»: un ragionaménto molto simile al • tirare a indovinare», che consiste nel formulare un' ipotesi servendosi di dati in parte intuitivi in parte derivati dall'osservazione, quindi nei verificarla in base a una successiva osservazione. E' il procedimento tipico delle detective stories: i suoi pia /amosi maestri sono il Dupin di Edgar A. Poe e Sherlock Holmes di Conan Doyle. Le analogie tra la- logica abduttiva di Pei ree e le metodologie di Dupin e di Holmes hanno da alcuni anni attirato l'attenzione di studiosi di diverse parti del mondo e di varie discipline: di qui l'idea, maturata da Umberto Eco e da Thomas A. Sebeck, noto semiotico americano, di raccogliere in un libro (Il ro, le applicazioni del personal computer. «Come la scoperta del motore elettrico — dicono gli autori —ha portato nelle case decine di applicazioni, cosi è abbastanza logico pensare che tra qualche anno anche il personal computer troverà il suo spaziò nell'ambiente familiare, eventualmente proliferando con terminali al suo interno». /I libro mette in evidenza le linee di tendenza di questa evoluzione analizzando i vari settori, dalla didattica alle telecomunicazioni e chiarendo anche, nel modo più semplice, i termini del nuovo linguaggio. Parole come Plotter, Visicale, Multiplan, Word processing o Display che fino a poco tempo fa erano patrimonio di un gergo da inizia ti oggi non possono più essere ignorate, pena una profonda frustrazione ogniqualvolta si è costretti ad affrontare l'argomento con uno del tanti (e sono sempre più numerosi) conquistati al personal computer. f.p. Fabrizio Gonnl e Gianna Rovatti Ricciardi, «Informatica per tutti e personal computer», Etas libri, 115 pagine, 11.000lire. La rivoluzione del «personal» *t