Thriller nel Sahara (con bella Tuareg) di Stefano Terra
Thriller nel Sahara (con bella Tuareg) Su Ramno «Progetto Atlantide» di Serra, il regista della «Ragazza di via Millelire» Thriller nel Sahara (con bella Tuareg) Il film tratto liberamente dal romanzo di Stefano Terra - Domani la seconda parte - Fantapolitica con Daniel Gélin, vecchio giornalista innamorato Ricompare in tv con Progetto Atlantide (in due ampie puntate stasera e domani sera su Raiuno) il regista Gianni Serra che dopo «La ragazza di via Millelire» — una tempesta di polemiche alla Mostra di Venezia del 1980, un successo nelle sale e in tv — era bruscamente sparito dal teleschermo. Ora ci torna con un giallo per il quale lo sceneggiatore Lucio Mandava si è vagamente ispirato ad un romaneo di Stefano Terra. La trama? Per non guastare le sorprese — e chi l'ha già visto al «Teleconfronto» di Chianclano e al «Mystfest» di Cattolica può assicurare che ce ne sono, sin troppe — accennerò solo alle linee fondamentali. E'in atto un piano per rendere fertile e abitabile il Sahara: ma il progetto è fieramente avversato dal popolo dei Tuareg, i nomadi del deserto, che si vedono condan¬ nati all'emarginazione e alla scomparsa. Un non più giovane giornalista italiano pieno di guai personali — ha la moglie in manicomio e un'amante di cui è stufo — viene inandato in Marocco per scrivere sul progetto. Ma come sbarca in Africa finisce in un arruffato giro diabolico: si Innamora di una splendida e ambigua Tuareg, prende le difese del popolo minacciato, si ringalluzzisce, ritrova il gusto di vivere pur in mezzo a pedinamenti, assassina, sabotaggi e in un ambiente allucinante di spie con truci agenti della da e del Kgb che complicano la già complicata situazione. Si, c'entra la politica, ma plii che politica è fantapolitica e, benché la vicenda sia estremamente drammatica, non bisogna prendere troppo sul serio i suoi intrighi internazionali: quello su cui il film punta è essenzialmente il meccanismo del thriller, la suspense, la paura, l delitti ecc. ecc. Si tratta fra l'altro di una coproduzione italo-francese realizzata con ricchezza di mezzi e girata — con suggestiva autenticità, di sfondi — fra Marrakech, Ouareazat e Roma. Chiaramente è una parentesi anomala per Serra, autore da sempre di storie scelte ai fini di una tesi di impegno («La rete» sui resistenti algerini, «Il nero muove» sui moti di Reggio Calabria, «Che fare?» dal romanzo di Cernysevskl), oltre alla cruda analisi sociale di «La ragazza di via Millelire »J e lo sconfinamento in un terreno non suo è già stato superato da recenti opere che saranno trasmesse prossimamente, sulla droga e sul centri di terapia famigliare. Comunque, al di là della scrupolosa prestazione di mestiere applicata ad una mate¬ ria «estranea», la mano del regista è evidente in alcuni precisi versanti: la tensione è ottenuta non tanto con gli accadimenti tropici, ma, meglio, con una sapiente atmosfera di attesa e di minaccia legata ai silenzi, alle pause e agli spazi e agli scorci di paesaggi misteriosi; e c'è un lavoro attento sul sottili, contorti rapporti psicologici che legano o dividono i personaggi, il che presuppone — fatto abbastanza insolito in un grosso e non sempre convincente imbroglio spionistico — la cura di un certo tipo di recitazione. Difatti. Recitano in modo efficacemente non conformista il veterano Daniel Gélin, Peter Berllng, Francesca De Sapio, Mita Medici e la protagonista, Marpessa Djian, attrice di colore, affascinante, sfuggente ed enigmatica, vero simbolo del film. Ugo Buzzolan Marpessa Djian in «Propello Atlantide» fa innamorare Gòlin
Luoghi citati: Africa, Marocco, Reggio Calabria, Roma, Venezia
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