LE CONTRADDIZIONI D'UN PROTAGONISTA DEL NOSTRO TEMPO

Nella testa di De Gaulle il ribelle LE CONTRADDIZIONI D'UN PROTAGONISTA DEL NOSTRO TEMPO Nella testa di De Gaulle il ribelle Fu ribelle in primo luogo a Pétain, dal quale si dissociò prima per le diverse concezioni strategiche, poi di fronte al nazismo - Lo racconta la nuova biografia scritta da Lacouture come un romanzo - Il lungo apprendistato del sottotenente che voleva rendere al suo Paese «un grande servizio» - La fotta intima con la quale costruì il suo personaggio - Si riapre il dibattito sul generale e sul gollismo Al generale De Gaulle si attribuisce una battuta secondo cui «ogni francese è stato o sarà gollista». E'vero die, dal 1940 al 1970, pochissimi francesi possono vantarsi sia d'essere stati continuamente gollisti, sia di non esserlo mai stati. Che significa il termine .gollista., inapplicabile fuori dalla Francia, e tuttavia necessario per definire un comportamento politico, un concetto di nazione, piuttosto die un'ideologia? Jean Lacouture racconta come vi sia giunto lo stesso protagonista, il generale De Gaulle. Ha appena pubblicato presso le Editions du Seuil il primo volume (quasi novecento pagine) di: De Gaulle, le renelle, die ripercorre e analizza la biografia del personaggio fra il 1890 e il 1945, cioè i lunghissimi anni d'un apprendistato che durò fino alla cinquantina, e i primi tempi del suo compimento. A differenza degli altri biografi, Jean Lacouture, che non è soltanto memorialista ma anche scrittore, ricorda ai suoi coetanei, i francesi di scssant'anni, le loro rughe, quelle d'una storia del secolo che hanno voluto raccontare e che li ha feriti. L'affare Drcyfus, l'incidente di Fascioda, la guerra del '14 e la vittoria delusa, l'avvento del nazismo, la gloria di Pétain, non sono dati astratti, ma choc formativi. Gli intelligenti e i sensibili ne hanno conservato le cicatrici. De Gaulle inoltre testimonia come, sulla lunga durata, un uomo, plasmato da questa storia del Ventesimo Secolo, si sia addestrato a interromperne la logica apparentemente inoppugnabile, quella che portava a un'Europa completamente hitleriana. Furono in due, infatti, a rifiutare questo sviluppo, nel giugno 1940. Nessuna critica, nessun rancore, nessun odio prevarrà mai su questo fatto: senea-Ji;«nai xdi-.Wms-ion | Churchill alla disfatta; il «no» di i)c •Oanlici <stììvi>bo. j stato molto probabilmente vano. Ma senza quest'ultimo sarebbero stali gli alleati, dopo i tedeschi, a mettere letteralmente le mani su tutta la Francia, impero e madrepatria. Quel «no» di Charles De Gaulle non ha come simmetrica contropartita un «sì» di Pétain. Le cose sono più complesse, e soprattutto piti antiche. Al di là degli avvenimenti, a opporre i due uomini non fu tanto la definizione del destino della Fran- eia quanto i mezzi per compierlo. Entrambi terragni e. accentratori, uomini di fron-1 Itera, carichi di secoli di tradizione d'animosità contro V invasore venuto dalla Afosa. provano l'identico viscerale attaccamento alla Francia, che vedono come persona. Lo hanno detto con gli stessi termini, in epoche diverse, termini ripresi anche recentemente da Mitterrand stesso. Pétain viene da un'ambiente Gaulle ^fccoft.nqtoftW ìfflifàM* M l'uno né l'altro hanno tradizioni militari da tenere alte. Scelgono la carriera di ufficiale in patria, non nelle colonie, perché la Frància è minacciata dall'imperialismo tedesco. E' così semplice! Il Pétain del 1912, colonnello di 56 anni, agli ordini del quale De Gaulle scelse il^suo primo posto di sottotenente, annuncia, con maggiore seduzione e minóre scalpore, il De Gaulle del 1939, colonnello di 50 anni. Sui mezzi di difesa della Francia, sulla dottrina ristrettissimo! tilD,e. | dà una famiglia di . 1 | g9l'altro nel 1939 in contrasto con l'alto comando dell'epoca. Il conflitto che scoppia dimostrerà die avevano ragione entrambi nelle loro profezie: Pétain aveva previsto la guerra di posizione e l' egemonia del «piombo che uccide», De Gaulle la guerra di movimento. Pétain resterà sempre il difensore di un 'quadrato', mentre De Gaulle avrà chiara coscienza della dimensioerra no Raffronterà V ccaduto, V fflm rovesciarlo. Per Pétain l'inevitabile è incombente. Per De Gaulle si colloca in prospettiva e si tratta di studiarne le vie d'uscita. Ne deriva questa riflessione del 1941, dopo l'entrata in guerra degli Slati Uniti: «Il conflitto è finito, ora si tratta di fare 1' Europa con la Germania» (cito dalle Memorie/ Il parallelo e il raffronto sono un classico tema di riflessione. Fino alla fine tra i due uomini ci fu un legame affettivo. A Pétain si deve la carriera di De Gaulle all'inclrca fino al 1930, ed è in primo luogo a lui die De Gaulle fu ribelle. Questa è la trama del racconto di Jean Lacouture, che supera le loro esistenze per dare un'interpretazione di tutto l'anteguerra in Francia. L'uomo De Gaulle, figlio di un padre senza spicco e di una madre amorosa, il ragazzo De Gaulle il quale non ha che un sogno: rendere al, suo Paese «un grande servi-, zio»? Jean Lacouture tende à ' mostrare l'assenza di frattu-1 ra 'tra:'W!rà%azzotte l'uomo \ giovane, la sua convinzione d'essere un predestinato. In realtà le tracce di crisi giovanili mancano o sono state del tutto cancellate, ma niente garantisce che quel destino sarà eccezionale. Il giovane ufficiale ha una buona cultura, scrive correttamente, è forte nella sofferenza, impassibile sotto il fuoco. Ma non Ita niente del genio, d'un Mozart della strategia politica. Se lo studio dei caratteri fisiognomlci e la grafologia hanno un fondamento, non annunciano certo in questo personaggio colui che sarà De Gaulle: come possono tanti segni di mollezza mascherare una tale volontà, provata dai fatti? Jean Lacouture spiega, in punta di penna, a qual punto il personaggio sia pieno di contraddizioni e quale sforzo sema tregua abbia fatto per costruirsi, per corazzarsi nella solennità di un nome simbolico. Preoccupato di «fare epoca», come disse, si è accanito e da quel momento lo si vede — e i testi brulicano di riferimenti — nello stesso tempo stroncarsi e accettarsi. Di questa lotta intima De Gaulle non ha detto nientebisogna rintracciarne i segni, le parole fuggevoli, decifran- ' do il suo estremo pudore e la sua preoccupazione di restare Il capo, il cui silenzio ne aumenta il prestigio. Ne danno qualche idea le sue note militari. Sono generalmente eccezionali. Uno dei suoi capi lo definirà «modesto», e Jean Lacouture se ne stupisce. Eppure, c'è un De Gaulle modesto, quello che, davanti all'avvenimento, comincia a prendere le proprie precauzioni per poi agire in maniera adeguata. Orgoglioso ma non spaccone, ironico, tagliente, addirittura crudele, e impassibile, lasciandosi scappare delle bat- ' tute di spirito, detestando ogni stupidaggine, troncando ogni sentimentalismo, e tuttavia capace di attaccamenti e di tenerezza, quando si tratta dei suol familiari, è così che il suo stile lo fa apparire. I suoi maestri sono Chateaubriand o Bossuet, ma la sua penna Ita più tatto che bellezza spontanea. E', come sì dice, .molto studiata.. Che cos'è allora che spinge De Gaulle a un posto del tutto isolato nella classe militare e politica europea a partire dal 1940? Non soltanto una straordinaria capacita' di tradurre in realtà il personaggio che aveva sognato di essere, in un certo senso il suo doppio, ma essenzialmente il talento stesso che vanterà come marchio del .capo.: quello di cogliere le occasioni al volo e di sfruttarle appena si presentano, senza premeditazione; una lucida capacità di capire V opportunità a lungo termine, come la sua analisi strategica. A breve termine, giunge a perdersi per miopia. La sua intelligenza è quella d'un architetto costantemente attento alle origini e alle nemsità della jffittofflBTthifa sua riflessione è un atto sempre visto in una prospettiva storica. Jean Lacouture non è solo uno dei maggiori giornalisti e storiografi contemporanei. E' un gustoso esempio dello stile letterario di quella che giustamente sì chiama «la scuola di Bordeaux, la quale, da Montaigne e Montesquieu a Francois Mauriac e Philippe Sollers, tratta i francesi in modo gustoso: come i loro vini, hanno corpo e varietà, crudeltà, e charme. Per giunta, biografo di Blum. di Malraux, di Mendés-France, analista politico, tanto dotato per i cortometraggi sul rugby, la tauromachia e l'opera, quanto per i lunghi flashback alla Orson Welles, Jean Lacoutu<re sì lascia coinvolgere dai suol eroi. E' un perfetto testimone di questa generazione che, arrivando alla sessantina, non cessa di fare le stesse domande, le vere domande, su un passato mai stereotipato, ma sempre ridiscusso. Ci vuole spudoratezza a ricordare ai portatori d'idee preconcette che né De Gaulle né il gollismo hanno niente a che vedere con i regimi totalitari europei del Ventesimo Secolo. E che De Gaulle non è paragonabile a un poliziotto, foss'anche il migliore, il più impeccabile. Senza dubbio, la .vocazione della Francia., come De Giulie la pensava, è stata spesso travisata o schernita dai suoi alleati europei: è certo die ne hanno sofferto. E' urgente che il libro di Jean Lacouture sia tradotto per far comprendere le origini, gli itinerari e il senso profondo di quest'uomo e della sua nozione di patriottismo, del suo concetto di Stato e di nazione. Ci si sbaglierebbe gravemente limitandosi a definirli anacronistici. Questo De Gaulle è un grande libro, un libro superbo. JacquesNobécourt 1939. Il colonnello De Gaulle, comandante di un reggimento di carristi, col presidente della Repubblica Imbrutì che ispeziona il fronte