Terra di Chianti ritrovata di Sandro Doglio

Terra di Chianti ritrovata Sorprese e incognite di un viaggio nell'Italia che cambia Terra di Chianti ritrovata Si riattano anche i più sperduti casolari con intelligenza e rispetto della tradizione - Inglesi, svizzeri e americani fra i «nuovi coloni» - C'è chi investe nell'industria del vino, ma la maggior parte cerca quiete e genuina vita fra i campi - Sta nascendo un nuovo modello di sviluppo applicabile anche in altre zone? DAL NOSTRO INVIATO SIENA — C'è stata repoca della fuga dalle campagne verso la citta. Poi quella della quasi frenetica ricerca di una «seconda casa», spesso contrabbandata come un ritorno alle radici: ma 1 campi restavano abbandonati e i paesi anziché ritrovare vita e ritmi propri si trasformavano in incongrue succursali delle periferie cittadine. Adesso — almeno qui in Toscana, e sulle colline del Chianti in particolare — sembra sia in atto una terza fase di questo pendolarismo dell'uomo tra città e campagna: si viene a vivere tra campi e vigne e boschi non soltanto per star lontani dal tumulto della metropoli, ma anche per lavorarvi; sembra anzi in atto un concreto tentativo di integrarsi nell'economia, nello spirito, nella mentalità contadina. Sta forse per nascere — anche se ne riamo soltanto ai primordi e se persistono sintomi di set ' contrario — un differente modo di vivere, di abitare, di lavorare. Qualcuno parla di «nuova civiltà del Chianti»: per il momento sembra una ipotesi ancora viziata da campanilismo. E' certo comunque che i casolari, anche più sperduti e isolati, trovano acquirenti, vengono riattati con intelligenza e rispetto della tradizione, e sono abitati. Nei villaggi riprende vita e attività. Anche i castelli e le grandi ville, fastosi segni di un passato rigoglioso, trovano chi li compra e li abita. Torna, infine, per chi non può abitare tutto l'anno tra il verde, l'ambizione e il gusto delle ferie in campagna: settimane spese in passeggiate, a visitar monumenti, a conoscere vini e cantine, a gustare bistecche e ribollite, a scapito delle vacanze sulle spiagge o dei viaggi in terre lontane. Gli stranieri guidano la riconquista del Chianti. Da sempre questa terra toscana ha esercitato un fascino irresistibile sui nordici e sugli americani, ma oggi l'ondata sembra quasi inarrestabile. L'anno scorso sono stati addirittura inaugurati dall'Inghilterra dei «weekend» nel Chianti: volo Londra-Pisa il venerdì sera, sabato e domenica a spasso fra le colline tra Firenze e Siena, ritorno in patria il lunedi mattina. Da New York sì è mosso addirittura il Concorde, per una ricca comitiva di americani curiosi di venire a conoscere questa regione. Ogni anno per i turisti del dollaro e delie monete forti si aprono nuovi alberghi, ville e castelli trasformati in residence con piscina e abbuffate di ispirazione medicea in programma. Di tanti che vengono, molti ritornano e ci restano: sulle guide telefoniche dei piccoli centri della zona — Castellina, Oaiole, Radda, Greve, e anche nei minuscoli agglomerati di Monteriggioni, San Donato o San Gusmé — stupisce di trovare del Lucncborg, degli Hamilton, dei Crawford, del Becker, e naturalmente anche qualche Smith e alcuni Mueller. Dei 750 soci del Consorzio del Chianti classico «Gallo Nero», dice Girolamo Cavalli, amministratore delegato di questo gruppo di produttori, una sessantina sono stranieri: "Sono danesi, francesi, tedeschi, americani, inglesi che fanno i viticoltori a tempo pieno. Hanno acquistato piccole proprietà; spesso sono pensionati che godono di una certa agiatezza, ma alcuni sono anche giovani che hanno trovato un nuovo modo di esprimersi». Con gli stranieri, sono molti — soprattutto nell'industria del vino — anche gli italiani che hanno scelto come hobby, come investimento, come alternativa al lavoro cittadino, o come definitiva scelta di vita, queste campagne. Ci sono industriali milanesi e produttori cinematografici romani; c'è la principessa Eleonora Ruspoli che dirige personalmente la cantina di Lilliano, controllando la vendemmia, sorvegliando i mosti, occupandosi della parte commerciale dei suoi vini, senza rinunciare alla caccia e alla vita sociale in una splendida villa. Proprietario del castello di Cerreto è il marchese Emilio Pucci, che fa anche il manager e l'addetto all'esportazione (cosi dice il catalogo ufficiale del vini Chianti) nella sua azienda che produce ogni anno 1500 ettolitri di vino classico. Giovanni Malagodi è padrone dell'azienda-fattoria dell'Aiolà. Poi ci sono scrittori e giornalisti, dirigenti industriali, attrici del cinema: hanno ereditato o avuto o comprato tenute e ville, ma a poco a poco ne hanno subito il fascino, e ci vengono sempre più spesso; molti ci vivono, addirittura ci lavorano. Un caso esemplare è quello di Italo Zingarelli. E' il produttore cinematografico il cui nome è soprattutto legato ai nomi di Bud Spencer e Terence Hill: pugni, risse caotiche, un filo di tenerezza, e tante risate all'italiana. Con i guadagni dei suoi film si è comperato un pugno di macerie sulla strada che sale a Castellina in Chianti e le ha riattate con gusto e gran rispetto della tradizione. Pensava di venirci a passare le vacanze, poi ha cominciato ad appassionarsi al vino e alla campagna, e ora abita qui, trasformato in manager di una grande tenuta, appassionato coltivatore di vigne. di campi di lavanda; allevatore di api e ricercatore di perfezione nel vini classici nonché inventore di successo di vini alternativi al Chianti. .Bud Spencer?, risponde — troneggiando fra tini, botti, fiaschi e bottiglie a Rocca delle Macie — a chi gli parla dei suol trionfi cinematografici «sono storte di settanta chili fa.. Sandro Doglio