Carracci degli incantesimi

Carracci degli incantesimi TRE MAESTRI DEL '500 IN MOSTRA A BOLOGNA Carracci degli incantesimi Quattrocento anni fa, Ludovico e i cugini Agostino e Annibale, poco più che ventenni, affrescavano Palazzo Fava con le «Storie di Giasone e Medea» - Una grande esposizione alla Pinacoteca Nazionale ricostruisce quel loro esordio straordinario, confrontandolo con i loro primi dipinti e incisioni -1 «modelli» Veronese e Tintoretto BOLOGNA — Fino al 16 dicembre, Bologna 1584 alla Pinacoteca Nazionale. Esattamente quattrocento anni fa Ludovico Carracci, ventisettenne figlio di Vincemo, macellaio, e i suol cugini Agostino venticinquenne e Annibale ventiduenne, figli di Antonio, sarto, narravano nel fregio alto di una sala del palazzo di nuova costruzione del Conte Filippo Fava 18 Storie di Giasone e Medea, in riquadri inframmezzati da finte statue monocrome di deità, secondo i grandi modelli di Roma, di Fontatnebleau e, a Bologna, di ribaldi e Niccolò dell'Abate: la prima commissione d'impegno per quei giovani emergenti, cui la grande letteratura accademica del '600t avrebbe conferito l'onore e il' ruolo di 'Campioni del naturale' nel confronti della Maniera cinquecentesca. Quest'opera straordinaria di esordio, con le sue forme di grande freschezza ed estro sperimentale, ma anche inquietanti in coerenza con V inquietante narrazione delle Metamorfosi di Ovidio, nei secoli e anclie nei nostri tempi ebbe molto a soffrire per incuria, ridipinture, uso dell' ambiente (un ristorante fino a pochi anni fa), ignifughi spruzzali per un incendio contiguo. Un anno fa, lo Stato, e per esso la Soprintendenza bolognese, ne ha iniziato il reslauro, staccando e recuperando le prime due scene del ciclo, sulla giovinezza di Giasone, e le ultime quattro: la consegna del Vello d'Oro a Fella, gli incantesimi di Medea per ridare la giovinezza al padre di Giasone Bsone e l'atroce inganno e vendetta di Medea sull'usurpatore Pelia, fatto a pezzi dalle figlie. Le finte statue degli del, Minerva, Marte, Giove, Saturno, Vittoria, stanno a simboleggiare l'intreccio ovidiano di sapienza e violenza, arti magiche e crudeltà e trionfo del forsennato amore di Medea per Giasone, secondo l'esegesi di M. L. Paglioni nel catalogo della raffinata e sapiente mostra organizzata dal soprintendente Emiliani. Essa fa centro sul sei riquadri staccali e restaurali dal Nonfarmale e si estende ai connessi temi della prima attività incisoria e pittorica dei Carracci, dell'ambiente pittorico emiliano della loro formazione e del modelli della .svolta-, dal grandi veneziani, Veronese, Tintoretto e Bassano, al Barocci. E approfondisce e ricorda, in uno con il ciclo del 1584, il presumibile esordio di quell'Accademia famigliare «dell! Desiderosi» («per 11 desiderio eh' era in tutti d'imparare», dirà il Bellori) che si trasformerà, partiti Annibale e il «dotto» Agostino per Roma nel 1595 e morto quest'ultimo nel 1602, nella celeberrima degli 'Incamminati' diretta da Ludovico. 1 Medea, i riti Ate/f'esaminare in catalogo ti problema delle Accademie cinquecentesche, G. P. Cammarota acutamente annota che quest'ultima «si trova... ad essere più vicina all'immaginarlo letterario che Infeudava l'Accademia romana di San Luca... che allo sperimentalismo collettivo del Desiderosi quando, nel breve momento di autonomia del naturale, con ciò che' conteneva di tramite razionale alla conoscenza della realta, era parso possibile non mancare l'appuntamento con la fondazione della nuova scienza» (quell'appuntamento che sarà di II a poco agguantato e portato a fondo dal Caravaggio). E in effetti, alzando lo sguardo al riquadri staccati e riportati ad esatta altezza nella sala-fulcro della mostra fina ben .leggibili grazie al geniale passaggio obbligato di un vero e proprio'sop^ palco 'di lavoro;'sui cullati la mente è guidata e sollecitata dall'esposizione di testi illustrati di emblematica, di mitografia, di storie del Vello d'Oro), attrae e turba, nel riti magici di Medea di sacrificio, di purificazione, mentre dissangua il vecchio Esone per ridargli la giovinezza, e nel suo duplicato nudo, il fascinoso intreccio di 'naturalità' plebea e di misteriosi echi nordici e neogotici. E' veramente un mondo nuovo che si affaccia, in questa Bologna che la sottile analisi dt L. Spezzaferro sui rapporti fra l Carracci e i Fava dimostra non così compattamente 'Controriformata' dall'austero Vescovo Paleottt (cui pure corrisponde la stupenda, umanissima severità domestica dell'Annunciazlone di Ludovico, certo vicina agli anni del fregio di Giasone). Nella complessa, multiforme vivacità delio sperimentalismo dei due giovani cugini Ludovico e Annibale, sorretta dalla varia e ricca cultura esemplata dalle incisioni, d'invenzione e riproduttive, di Agostino, risiede il fascino della mostra. Gli esordii di Ludovico, lo Sposalizio mistico di una Santa di collezione privata bolognese, il San Vincenzo martire da poco acquisito dal Credito Romagnolo, sono recuperi degli ultimi anni da parte di due forze vive degli studi bolognesi purtroppo scomparse, Arcangeli e Volpe: rivestono di nuovi fremiti psicologici ed emozionali le preziosità del Parmlglantno, tramite anche le fosforescenze fantastiche di Lello Orsi, presente con due capolavori, la Natività in coliezione bolognese e il Cristo morto dell'Estense di Modena. La densità naturalistica di Annibale esordisce con un ■altro Cristo morto, esercizio persino brutale sulla famosa tela del Mantegna allora a Bologna, concesso dalla Staatsgalerie di Stoccarda, per passare subito dopo all' avanzatissima, compatta, sontuosa Crocifissione datata 1583, quasi preannunclante Rubens. Alla vasta gamma di estri novatori si aggiungono, degli stessi anni, gli esercizi di Annibale di ostentata verità quotidiana, archetipi del 'genere', in parallelo con Vincenzo Campi (il quadro della Galleria Estense di Modena; e meglio avrebbe figuralo la meno nota Polleria dell'Accademia dt Brera a Milano) e con ti Passerotti (la Macelleria di Palazzo Barberini a Roma): presenti solo in fotografia le Macellerie della Christ Church di Oxford e di Forth Worth nel Texas, questo lato di Annibale è ben rappresentato da un pezzo dt bravura illusionistica e compositiva, il Ragazzo che beve di collezione privata, e da una stupenda sanguigna degli Uffizi, Ragazzo che mangia. Capolavoro Una Testa piena di verità sentimentale di Ludovico e un'altra di Annibale, estrosa e 'Caricata' come un Niccolò dell'Abate o un Passerotti (entrambe oggi romane, della Capitolina e della Borghese), preannunciano le più mature espressioni, asciuttamente psicologica nel Francesco Pannolini della Biblioteca Universitaria di Bologna, testé riconosciuto ad Annibale, quietamente quotidiana nell'Autoritratto di famiglia di Annibale, mandato da Brera, e soprattutto nella Famiglia Tacconi di Ludovico (la sorella del pittore, il marito, l figli), «del quali tutti nessun pensi di vedere teste più vive e vere», come dirà, passato poco meno di un secolo, il gran biografo dei Carracci, il Malvasia. Questo capolavoro 'terragno' è entrato da poco più di un decennio nella Pinacoteca Nazionale di Bologna; da qui in poi, a parte i due grandi esempi a confronto della prima maturità del due cugini, i Battesimi di Ludovico da Monaco e dt Annibale da S. Gregorio a Bologna, e il solare, nervoso affresco con la Madonna, San Pellegrino e un committente, staccato nell'Oratorio di S. Pellegrino a Bologna, giustamente passato in attribuzione da Annibale a Ludovico, l' esemplificazione in mostra delle granài pale della prima maturità e il patrimonio del-, la Pinacoteca si identificano. ' Marco Rosei Annibale Carracci: «Autoritratto col padre» (pari.). A destra: «Medea si bagna dando inizio agli incanti)), dagli affreschi del Palazzo Fava