Il pennello di Hitler di Guido Ceronetti

Il pennello di Hitler A PALAZZO VECCHIO I SUOI ACQUARELLI Il pennello di Hitler FIRENZE - A Palazzo Vecchio c'è una mostra di acquarelli... — Che roba è? — ... acquarelli di Hitler. — Ah! Allora andiamo. Una mostra a Palazzo Vecchio, quasi ottant'anni dopo, è impossibile che l'abbia sfiorata la sua pur cosi robusta immaginazione di megalomane, quando li dipingeva! Ma se il pittore Hitler non avesse fatto quell'altra carriera che sappiamo, non so in quali sfiniti bric-à-brac sarebbero precipitati e spariti quegli acquarelli. Sono arrivati, certo ben protetti c assicurati, a Palazzo Vecchio, da raccolte di Stato,: soltanto in virtù della firmctta a inchiostro di china rosso, in basso, in diligente gotico: A. Hitler. Non c'è data, ma sono tutti databili tra il 1908 e il 1913; Hitler li faceva e vende-, va per vivere, e questo piccolo commercio gli rendeva abbastanza: «non ébe mai a trovarsi', in difficoltà pecuniarie» dice il! suo biografo Werner Maser. Pur frequentando vagabon-! di e figure piuttosto fameliche del sottobosco artistico viennese, Hitler stava meglio di loro. Un certo Hanisch, clochard antisemita, che lo aveva aiutato a trovare un mercante, e col quale visse al Mannerheim (residenza decorosa, per soli uomini) fu da lui subito denunciato e fatto condannare, per una pittura venduta senza dargli la percentuale stabilita. Aveva anche qualcosa delle sostanze paterne da consumare (il padre, Alois, era morto nel 190}, la madre nel 1907). In Mein Kampf, Hitler ha insistito sui suoi an;ii «di miseria e di dolore» a Vienna, necessari a creare il mito dell'uomo del destino, dell'uomo che ha molto sofferto. Né di miseria, né tanto meno di dolore, c'è traccia nei suoi acquarelli. Come documenti psicologici, il loro interesse è molto scarso: Hitler copiava, ingrandendole cinque o sei volte, delle cartoline. Di suo, talvolta, aggiungeva qualche insignificante figura umana, una vecchia ortolana con.la cesta, un carro trainato da un cavallino, per animare, ma i palazzi e le vie restavano disanimatissimi. Siamo fuori del brutto come del bello: nel limbo di quel che non-è. Senza forzare il disegno a rivelare quello che non contiene, si può dire che l'acquarello di Hitler somiglia a Hitler in quanto negazione della vita: senza rappresentare la morte (che può essere rappresentata con tanta vitalità da essere rappresentazione della vita), il pittore Hitler la manifesta mediante 1' arte propria di non far vivere nulla. La cartolina come modello non è per se stessa cosa morta. Si può creare molta nuova vita anche partendo da una cartolina, se si possiede il fiat: Maurice Utrillo, se non sbaglio, ha fatto uso costante di cartoline. E se un De Pisis, un Rosai avessero pigliato da una cartolina l'idea per una tela gli avrebbero impresso la magnificenza e il dolore della vita. Hitler, tutt'al più, avrebbe potuto della vita, tutta quanta, fare la più inerte delle cartoline. I suoi progetti della futura Berlino sono cartoline prive di vita. Batti sempre, con lui, alle porte del limbo, naufraghi su scogliere di marmo. E' un uomo che si è agitato moltissimo, forse per nascondere la sua fondamentale assenza dalla vita. Più che negarla, l'ha ignorata. Come non c'è nessuno davanti a quei palazzi di Vienna o di Monaco, cosi per il Fuhrer non c'era nessuno ai con gressi di Norimberga, nessuno negli stadi e nelle birrerie, nessuno nelle vie trionfali fatte progettare da Speer, nessuno sui fronti di guerra dove era stato giubilante nel 1914 ancora umido di acquarello, e in quelli della guerra da lui scatenata e guidata, per realizzare il massimo di vuoti e di spazi disanimati. Questo tetti bile visionario era più cieco di, una talpa: non vedeva la realtà umana a pochi centimetri dal suo naso, e neppure l'amante che gli respirava vicino, donne trattate da lui come acquarelli, come figure messe nell'acquarello a testimoniate l'assenza umana. Non vedere la molteplicità umana e la verità individuale è sempre stato un sintomo preciso, nella patologia del potere: vedere l'altro è quel che fa ududddld umani. E' raro però un potere dotato di vista nitida dell' umano, che sappia restare potere, agire come tale. L'uomo che ha il potere vede a mala pena le cose, c'è in tutti una| vista da acquarello di Hitler,' una vista da cui l'essere urnaè assente. Hanno in mano il destino umano e ignorano perfino l'esistenza dell'uomo. Qualcosa di simile è quando un ingegnere progetta un ponte, un ingegnere dell'epoca macchinistica: non immaginerà neppure, su quel ponte, degli esseri umani che guardano il fiume. Ma il ponte di Van Gogh è fatto per fare da' sfondo alla musica delle lavandaie, oltre che per il tombarello tirato dal cavallo, e i ponti dei pittori giapponesi sono' transiti di anime viventi da un punto all'altro del mistero della vita, e le arcate di Ponte Vecchio non servono che da supporto ad abitazioni e a respiri umani. L'uomo veramente polente non mi è mai capitato d'incontrarlo; ma anche da quelli occupanti un posto, esercitanti un limitato potere, non ho 1' impressione di essere mai stato visto. C'è sempre, in chi co¬ manda, dirige, dispone, un occhio catarattato che trasforma gli esseri viventi in fantasmi. Anche il medico che, senza vedere il paziente, non cura che la malattia, dipinge acquarelli di Hitler... In antico, il potere vedeva molto di più gli' uomini intorno a sé: Cesare vedeva bene i suoi soldati, e Pericle i suoi ateniesi, che non voleva «prendessero il lutto per causa sua»; e il nobile Geronimo vedeva i suoi indiani, e Cavour i suoi sardo-piemontesi, pur con qualche statistica come aureola. Napoleone è già grande cancellatore d'uomini, e Guglielmo II anticipa l'occhio catarattato di Hitler alle sfilate olimpiche e marziali: una talpa assoluta. ... ** Quando Hitler arriva a Vienna da Linz, Egon Schielc cominciava a essere divorato dal suo prodigioso mondo di, amore e di dolore. Non ho certo intenzione di fare paragoni di valore! Noto soltanto l'assenza di uomo e di dolore nell'acquarellante, e il loro trabocco, nell'artista. Ecco la Iosephplatz in un disegno a pastello di un secessionista (alla Mostra di Palazzo Grassi, a Venezia), Otto Friedrich: tutto è chiaro e tutto è enigmatico, è la vibrazione dell'essere, nell'elitra persa del Tempo, una carrozza sta passando, un. operaio porta dei pali, una signora ha una bambina per mano, un vecchio con la tuba attraversa la piazza per l'ultima volta. Niente è pietrificato, né lo spazio pur trattandosi di una piazza sente il limite e la chiusura; una gemma di verità orfica figurativa. Non c'è loscphplatz firmata Hitler, ma posso immaginarmela guardando la Michclcrplatz o il palazzo Auerspcrg o il Burgtheater, nella sua impronta: subito piglierebbe l'irrcspirabi-. lità del senza sbocco, il colore spento della visione necrofìla. L'innocua cartolina risulterebbe immersa in uno scolo buio. Chi sa se sarebbe stato un buon argomento elettorale, in quelle tristi elezioni del 1933, mostrare gigantografie sulle piazze di questi acquarelli: — Guardate! Ve la sentite di votare per il loro autore? (Ma conosco il cretinismo degli elettori: Hitler poteva guadagnarci ancora più voti!). Il senso dell'arte è profilattico e rischiaratore: poiché mi accende sogno quella Ioscphplatz secessionista, e mi attirano lo strazio umano e l'erotismo di Schielc, ho la certezza di saper diffidare, in qualunque momento, di ogni specie di «acquarello di Hitler» che mi venisse proposto in liste elettorali, candidature al potere, discorsi, pseudopensicri di politicanti, predicatori, cancellatori di realtà umana, distruttori di vita. E sono in numero impressionante, addirittura incalcolabile, gli autori di «acquarelli di Hitler»... Diffidate, diffidate sempre! Rifiutate tutto! Non sono soltanto parole, sono «acquarelli di Hitler». Gli ottimisti di Stato ne dipingono due o tremila ogni giorno. La Lotta per la Pace, altro acquarellone di Hitler... Tutto quel che ignora il privato, che non ha intelligenza del privato, che riduce» statistica, che «traduce in percentuali», che impone l'astratto senza la ragione e il cuore, che progetta città ideali del futuro, che non ha i segni della flagellazione costante della nostra miseria di uomini sul volto, è vergognoso acquarello di Hitler. Chi li compra deve saperlo che compra acquarelli di Hitler. E' bello poter pensare in segreto: — Non riusciranno mai a vendermene uno! Guido Ceronetti Adolf Hitler: «Viennn, Schottcntor», uno degli acquarelli esposti a Firenze, in Palazzo Vecchio, fino al 31 dicembre

Luoghi citati: Berlino, Firenze, Norimberga, Venezia, Vienna